Milano. Due giorni fa Facebook ha cancellato oltre cento pagine e account legati a Roger Stone, l’ex consigliere trumpiano e amico personale del presidente, condannato in via definitiva per diversi capi d’accusa in seguito alle indagini del rapporto Mueller sulle interferenze russe nelle elezioni del 2016. Le pagine costituivano un network abbastanza sofisticato, attivo sia su Facebook sia su Instagram, che si occupava di fare da cassa di risonanza ai temi e ai messaggi di Stone (Facebook definisce questa pratica “comportamento inautentico coordinato”). Questi messaggi in alcuni casi erano relativamente innocui, come la promozione del suo ultimo libro, in altri erano ben più gravi. Secondo Ben Nimmo, uno specialista di disinformazione sentito dal Guardian, il network di falsari di Stone è stato attivo soprattutto tra il 2016 e il 2017, quando si occupava di promuovere e rendere virali storie sulle mail del Partito democratico e su Wikileaks. Anne Applebaum, storica e giornalista che oggi lavora all’Atlantic, ha commentato su Twitter: “Disinformazione domestica. A che servono i russi?”. Oltre agli account di Stone, Facebook ha cancellato un altro network riconducibile alla famiglia del presidente populista brasiliano Jair Bolsonaro, che si occupava di diffondere messaggi di divisione sulla politica brasiliana e di sminuire la pericolosità del coronavirus.
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