Milano. Avete presente cosa succede quando aprite un sito internet che non avete mai visitato, o non visitate da un po’: in Europa, grazie al Gdpr, il regolamento europeo sulla protezione dei dati personali, la prima cosa che si vede è una finestrella che chiede il vostro permesso per arraffarvi i dati o, meglio, per farvi scaricare i cookie, frammenti di codice che vi seguono da un sito all’altro e registrano il vostro comportamento. La stragrande maggioranza di noi vorrebbe evitare i cookie spioni, ed è per questo che, di solito, i siti internet cercano di rendere queste finestrelle il più complicate e confuse possibile. Il pulsante per negare il consenso è nascosto, scolorato, o sepolto in mezzo a infinite sottofinestrelle. I siti internet vogliono arraffare i vostri dati perché è stato detto loro che soltanto grazie a quelli è possibile targettizzare la pubblicità, cioè adattare l’offerta pubblicitaria a ogni singolo utente. E’ quella cosa per cui se cercate informazioni a proposito di pannolini per bambini su Google, per le settimane successive tutti i siti e tutte le app saranno pieni di pubblicità di pannolini, culle e ciucciotti: siete stati targettizzati come neogenitori.
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