Perché l'Europa deve puntare sulla sovranità digitale
Cos'è e perché senza questa non c'è innovazione di primo livello e supporto alle industrie
Sovranità digitale e Green deal: due pilastri del futuro dell’Europa di cui sentiremo parlare sempre più nei prossimi anni. Parliamo del primo: la sovranità tecnologica, della quale la sovranità digitale è la parte più strategica oggi, è in fondo un concetto semplice da spiegare. Usiamo un esempio che ha a che fare con la manifattura. Avete presente i primi due mesi di Covid-19? Non si trovavano mascherine. Il motivo? Il maggior produttore mondiale era proprio la Cina, dove è scoppiata l’epidemia. Niente più di questo esempio, vissuto sulla pelle di tutti noi in modo tragico, ha permesso di spiegare cosa voglia dire avere la sovranità di una produzione tecnologica. Le mascherine non sono device digitali, ma non sono neanche un frutto sceso da un albero. Sono il prodotto tecnologico di un processo di protezione del corpo umano da infezioni respiratorie.
Quando si è ristabilita la situazione con minor allarme? Quando la produzione delle mascherine è stata incrementata localmente e questo ha permesso di superare quella emergenza. Questo non vuol dire che le mascherine cinesi non le vendono più qui, anzi. Ma ha voluto dire non dipendere più quasi esclusivamente da una produzione che è a 7.000 chilometri da te e che può andare totalmente fuori controllo in caso di necessità o calamità.
La sovranità digitale è un concetto non molto lontano: se l’Europa vuole giocare un ruolo nel futuro mondo dominato dalle tecnologie dell’informazione, dovrà puntare sulla sua sovranità digitale, sulla capacità cioè di avere in Europa aziende capaci di rispondere allo strapotere delle superpotenze tecnologiche della Silicon Valley e del Far East: questo se non vorrà avere in futuro il ruolo di follower, di attore di secondo piano che “segue” i migliori. Senza sovranità, niente innovazione di primo livello, niente supporto alle altre industrie, che saranno comunque sempre più condizionate dal digitale. E avere campioni europei in grado di supportare queste industrie nell’innovazione sarà determinante. Altrimenti, l’Unione Europea scoprirà di essere solo provincia del mondo: se lo può permettere il primo importatore e primo esportatore del mondo, con i suoi 450 milioni di cittadini/utenti/consumatori, cioè proprio l’UE? No di certo. Ecco quindi che la capacità di creare “campioni digitali” europei, capaci di competere a livello globale ed essere leader in Europa (che ormai significa essere leader nel mondo) diventa strategica per l’Unione. E per tutti gli Stati che la compongono.
Questo vuol dire diventare protezionisti? Se guardiamo alla storia del digitale no. Gli Stati Uniti hanno sempre supportato nella fase di sviluppo i loro campioni, così come i paesi più tecnologici dell’Asia. Ed è giusto così. Perché anche l’Europa, quando si è trattato di settori nevralgici come l’aereonautica e l’osservazione dello spazio, con i progetti Airbus e Galileo ha agito esattamente così. Da Wikipedia: “Per riuscire a raggiungere l'obiettivo di avere un "campione europeo" nel settore l'Europa ha concesso per anni condizioni vantaggiose, sotto forma di incentivi e sgravi fiscali ad Airbus”. E per quanto riguarda Galileo: “Il sistema di posizionamento Galileo è un sistema di posizionamento e navigazione satellitare civile (in inglese GNSS - Global Navigation Satellite System), sviluppato in Europa come alternativa al Global Positioning System (NAVSTAR GPS), controllato invece dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d'America”.
Siamo quindi all’inizio di un’epoca diversa dal passato per l’UE: diventare un mercato in grado di competere con gli altri due grandi blocchi nell’agone tecnologico che si chiama digitale. Lo potrà fare creando le condizioni per far crescere i suoi campioni, che faranno da traino per la crescita dell’intero ecosistema (riuscite a immaginare una Silicon Valley senza la Apple, Microsoft e gli altri suoi Campioni della prima epoca digitale?). Esiste una ricetta possibile?
La raccontiamo nella prossima puntata.
Gianpiero Lotito, CEO di FacilityLive