Cosa cambia ora che lo spazio in Google Foto non è più infinito?
Da domani anche le immagini salvate nel cloud entreranno nei 15 GB che Google concede a ogni utente. Superati questi si dovrà pagare. Un cambiamento epocale: i servizi di qualità possono davvero essere gratuiti?
“A partire dal 1° giugno 2021, i contenuti in alta qualità e in qualità Express saranno inclusi nel calcolo dello spazio di archiviazione del tuo Account Google. Una volta raggiunto il limite di spazio di archiviazione, puoi abbonarti a Google One (se disponibile nel tuo paese) o usare lo strumento di gestione dello spazio di archiviazione di Foto per esaminare ed eventualmente eliminare le foto e i video che sono inclusi nel calcolo dello spazio di archiviazione a tua disposizione. Scopri come gestire lo spazio di archiviazione”, informa Google Foto.
Una comunicazione abbastanza asettica per una piccola (grande) rivoluzione per chi usa i servizi di Big-G. I numeri degli utenti coinvolti sono potenzialmente immensi. Nel 2018 Gmail annunciava il superamento di 1,5 miliardi di account attivi in tutto il mondo. Numeri incredibili visto che, ipoteticamente, indicano la presenza di 1 account attivo per ogni 5 persone presenti sul pianeta. A voler essere precisi, tuttavia, ogni utente può possedere più di un account attivo e pertanto i numeri potrebbero ridursi considerevolmente. Non cambia la sostanza. Quando variano le condizioni dei servizi Google, gli effetti riguardano un numero incredibile di utenti in tutto il mondo che ne mostrano, ancora una volta, la posizione di forza tra i servizi di posta elettronica e cloud. Non solo. Per chi ancora non lo sapesse, possedere un account Gmail significa di fatto avere accesso a tutti i servizi Google. In primis, probabilmente Google Foto. Preinstallato sui sistemi operativi Android, scaricatissimo anche su iOS, da anni riscuote grande successo perché permette(va) di poter caricare le proprie foto (e perfino i video) in alta qualità (meno della qualità originale, ma comunque in maniera più che soddisfacente per conservare nitidi ricordi dei propri scatti) sul proprio account Google senza consumare spazio (i famosi 15 GB per utente) e di salvarne altrettanto, se non di più, sul proprio smartphone. Insomma, per chi lo scoprisse solo oggi, Google Foto è (stato) di fatto il servizio di base gratuito più famoso del mondo per l’archiviazione in cloud di tutte le proprie fotografie, in modo da averle sempre a disposizione su qualsiasi dispositivo in nostro possesso. Tutto ciò è (stato) gratuito e con spazio illimitato. Alla scattare della mezzanotte del mese di giugno, però, l’archiviazione andrà a intaccare quella quota di spazio condiviso tra email, documenti su Drive. etc che ogni account Google ha fin dalla sua creazione. Tutto ciò non vale per chi in tasca ha un Google Pixel, anzi per la precisione per chi ha da uno dei (già) datati Pixel 3a fino ai Pixel 5: per loro lo spazio continuerà ad essere gratuito e illimitato per tutte le foto e i video caricati in alta qualità. Per tutti gli altri ci sarà da pagare. Una cosa a cui, probabilmente, l’utente medio di Google non è abituato. Inutile far finta di niente. Gran parte dell’utenza - mentre autorità garanti e istituzioni affrontano i numerosi problemi per tutelare la privacy dei cittadini parallelamente allo sviluppo dell’archiviazione cloud - da tempo ha accettato la mediazione tra la condivisione dei propri dati con le grande aziende e la comodità di poter usufruire di servizi come questo gratuitamente.
A questo punto cosa cambia per l’utente? Ora diventa diventa prioritario tenere sempre monitorato quanti GB abbiamo a disposizione sul nostro account Google. Tutto questo potrebbe cambiare gli equilibri del mercato. I competitor si stanno già muovendo per sfruttare questo spazio che Google Foto lascerà libero: in primis ci sta provando un’altra delle grandi aziende, ovvero Amazon, che sta spendendo da settimane in pubblicità per ricordare come, per chi è già cliente Prime, si abbia diritto a caricare senza limiti, nonché in formato originale, le proprie foto sui propri server con il servizio Amazon Foto. Certo, si paga ma con un unico costo si hanno più servizi. Insomma, Amazon cerca di sfruttare a proprio favore quella tendenza cui anche Google sembra tendere. Ovvero un servizio di qualità che non è più gratuito ma a pagamento. Anche perché alternative a Google Foto ce ne sono diverse ma nessun servizio sembra essere allo stesso livello. Google ha usato le proprie potenzialità e i dati degli utenti per sviluppare un’applicazione cloud che sembra rispondere a ogni esigenza sia in termini di esperienza d’uso multipiattaforma sia per la catalogazione delle stesse foto. Per chi volesse sperimentare altri servizi, oltre alla soluzione già citata, ci sono anche l’alternativa russa Yandex Disk, la svedese Degoo e la cinese TeraBox. Il mercato non mancherà di sviluppare altre potenzialità. Senza dimenticare che esiste anche la “soluzione fai da te”: per chi è tra i pionieri di internet potrà sembrare un ritorno al passato, ma installare e configurare un NAS in casa non solo può aiutare a “tenere a portata di mano” i propri contenuti ma soprattutto potrà aiutarci a riflettere su quante siano veramente le foto che meritano di essere conservate nel flusso della nostra (nuova) memoria digitale. Il cambio di paradigma, con il passaggio dalla pellicola al telefono come strumento fotografico, ha portato all’esplosione di immagini. Sempre e ovunque. Anche a pranzo o cena. Le foto dei propri piatti non esistavano quando lo sviluppo delle immagini aveva un costo. Oggi l’immediatezza nella possibilità di catturare l’immagine, assieme alla possibilità di filtrarla con tecniche creative e pubblicarla sui social network,"ha permesso a questo tipo di fotografia di travalicare il dominio fotografico classico per diventare pura comunicazione-social che alimenta un flusso comunicativo diffuso", ha scritto già nel 2015 un esperto del campo come Francesco Fumelli, Director & digital Jedi - ISIA design. La cosiddetta “mobile photography” ha diversi pregi: è democratica, permette a tutti di esprimersi e sperimentare un processo creativo, è un fenomeno fatto di produzione e lettura delle immagini e di condivisione. Deve però convivere, a sorpresa, con un problema fisico: lo spazio necessario per l’archiviazione di questa mole di dati, anche se cloud e virtuale, è ben reale e necessita di sempre più data center che costano per manutenzione e gestione. Chissà se pagare per archiviare le proprio foto rallenterà un fiume che sembra impetuoso.