Perché spaventa il nuovo sistema di controllo di massa di Apple
Lo scopo è nobile. Ma l'effetto collaterale è la legittimazione del principio del controllo assoluto da parte del colosso americano
Mentre soubrette, opinionisti e politici si scandalizzano a reti unificate per il grave attentato alla privacy che sarebbe l’esibizione del green pass al ristorante, nella pressochè totale indifferenza dell'opinione pubblica, dall’altra parte dell’oceano Apple annuncia la realizzazione del più esteso e penetrante sistema di controllo di massa mai realizzato. Lo scopo dichiarato è nobile (come potrebbe essere altrimenti ?): la protezione dei minori e il contrasto alla pedopornografia. L’effetto collaterale è la legittimazione del principio del controllo assoluto da parte di Apple del walled garden dei propri dispositivi, proprio nel momento in cui tale walled garden è sotto i fuochi incrociati delle autorità antitrust di mezzo mondo. Ma è davvero così? Solo una inavvertita educanda potrebbe prendere per buono che, nelle intenzioni di Apple, l’obiettivo dichiarato sia prevalente rispetto all’effetto collaterale. Apple si appresta a introdurre sugli iPhone un sistema di controllo, locale ai dispositivi stessi, che con tecniche di intelligenza artificiale analizzerà i files ivi presenti alla ricerca di contenuti illeciti. Tale sistema di controllo funzionerà, per ora, solo per le immagini che verranno caricate sul cloud di Apple e sui contenuti scambiati via messaggi (se l’utente lo desidera). E’ ovvio che ai criminali basterà non caricare le foto su iCloud e non attivare il controllo dei propri messaggi. Gli altri operatori come fanno? Microsoft, Dropbox, ecc. verificano la liceità delle immagini una volta che sono state caricate sui loro server; una operazione molto più semplice ed efficiente. Quale vantaggio avrebbe Apple a non controllare direttamente sui propri server i contenuti caricati e, invece, a controllare capillarmente tutti i dispositivi ? La risposta è ovvia: perché così potranno essere controllati i contenuti, a prescindere di dove essi saranno caricati e condivisi. Un sogno per gli inquirenti di mezzo mondo e per i leader autoritari che chiederanno ad Apple di espandere questa backdoor per controllare ogni genere di contenuto. Ma perché ciò sia possibile bisogna che il sistema non perda neppure una goccia, ovvero che sui dispositivi non possa essere utilizzata nessuna app che possa far sfuggire i contenuti a tali controlli. Il meccanismo per occultare i contenuti, infatti, è semplice matematica, inventata 5-6 secoli fa ed alla portata di qualunque studente tecnico liceale che sappia realizzare una semplice app. E’ importante quindi che tali banali tecniche di occultamento non siano utilizzabili sugli iPhone rendendosi quindi necessario il controllo strettissimo da parte di Apple di ogni app che possa essere installata sugli iPhone stessi: proprio il comportamento al centro delle numerose iniziative Antitrust di cui in premessa: chi esercita le funzioni di gatekeeper per l’accesso al sistema può estrarne una rendita monopolistica. Il contratto implicito diviene quindi “promessa di futura protezione dei minori” verso “perdurante chiusura monopolistica del sistema”. Ci si deve chiedere se questo sistema potrà mantenere la promessa di efficacia nel contrasto dei criminali – oltre la demo – o se li spingerà a spostarsi in luoghi digitali meno esposti e ad attuare comportamenti più occulti e meno riscontrabili dalle forze dell’ordine. La risposta, banalmente, è che ogni catena è resistente quanto il suo anello più debole: se anche gli iPhone venissero chiusi e blindati, resterebbero gli Android (di centinaia di produttori, tre volte più numerosi degli iPhone) e tutti i personal computer oggi esistenti nel mondo. L’unico modo per arginare le falle sarebbe coalizzare tutti i produttori di tutto il mondo ad un analogo strettissimo controllo, oltre a sostituire tutti i dispositivi “permeabili” utilizzati oggi con nuovi dispositivi blindati. Ciò ci imporrebbe un’altra riflessione: un simile sistema totalmente chiuso, con dispositivi forniti, controllati e blindati da produttori perlopiù asiatici, potrebbe essere considerato compatibile con tutte le altre attività – non criminali – per cui essi vengono usati? Imprese, PA, finanza, sanità, difesa, culto, usi personali, eccetera. Queste considerazioni non sfuggono agli strateghi della mela, ma in definitiva Apple è un’azienda il cui scopo non è risolvere i problemi del mondo: è aumentare il ritorno per gli azionisti, per cui il perdurare del loro potere di gatekeeping val bene una promessa di futura soluzione apparente – per quanto, purtroppo, inefficace.