IL FOGLIO DEL WEEKEND
Abitano il social network: guida pratica ai tipi umani presenti su Facebook
Il social di Zuckerberg non ci ha resi per niente migliori, ma resta un ambiente virtuale meno irrealistico rispetto ai suoi competitor. Dove è possibile trovare sondaggisti, tramontisti, indignatissimi e un'umanità molto varia. Un manuale per orientarsi
Nell’attesa di Metaverso, che promette magnifiche esperienze virtuali al nostro avatar, Facebook resta tra i social il più consunto ma accogliente, come il salotto di una zia che fra accidia e petulanza conviene o fa piacere frequentare ancora. Se Twitter è il campo di raffronti e affronti con il resto del mondo, e Instagram un’algida vetrina, Facebook è diventato sempre più un posto di famiglia. Come il Caffè che raccontò Camilo José Cela nel romanzo “La Colmena”, gli avventori si riconoscono un po’ tutti perlomeno di sfuggita anche quando non si conoscono. Simpatizzano o litigano, “bloccano” qualcuno o s’ignorano, riducendo le interazioni alla decima parte dei propri contatti. Perché chiunque nella Colmena frequenta i suoi tavolini come si fa su Facebook coi Gruppi, e gli “amici” virtuali esistono anche nella realtà. Ci si può andare a passeggio, in vacanza o al lavoro fuori del gran Caffè.
Chi resiste su Facebook conosce vizi e vezzi propri e altrui, accresce o attenua il senso di solitudine o di compagnia, appare come vorrebbe ma persino com’è. Facebook ha fatto ritrovare tanta gente ma è stata anche un innesco del tutti contro tutti che ha polarizzato come lame le opinioni di ciascuno. “Tutti contro tutti” s’intitola lo spettacolo del comico Maurizio Battista che sta per esordire a Roma: “L’atteggiamento è partito proprio dalla rete, perché prima la società era più buona e solidale almeno col dirimpettaio. Ora c’è la necessità di contrapporsi anche sulle stupidaggini. Io uso Facebook perché è un social più paesano rispetto agli altri, che sono anche peggio, e m’accorgo che appena uno pubblica, mettiamo, un post sulla penna Bic, interviene subito un altro che gli dice: ‘E’ meglio la Pelikan’”, commenta Battista. “Ciascuno si sente in diritto di dire la sua su ogni cosa: Gigi l’elettrauto boccia un ristorante e pretende che il suo parere abbia lo stesso peso di un gastronomo della Guida Michelin, perché uno vale uno. Non è così. Umanamente siamo tutti importanti, ma io che faccio il comico so di valere meno del neurochirurgo che opera un cervello”, aggiunge. “E poi sui social s’innestano i programmi della televisione, che nemmeno aiutano: il pizzico a una giornalista ha diviso l’Italia in due fazioni per diversi giorni, senza parlare di quel che è successo con la pandemia. Combattiamo una serie di personali microguerre quotidiane che mi fanno dire: si stava meglio prima. Eravamo felici e non lo sapevamo”.
Non dev’essere però tutta colpa di Facebook o della televisione se Jerome K. Jerome considerava, più di un secolo fa con magistrale umorismo, che “se c’è un essere che disprezzo più d’ogni altro è quello che non la pensa esattamente come me su ogni cosa”. E lo preconizzò G.K. Chesterton il dilemma delle fake news sulle piattaforme sociali, quando descriveva un uomo “nella cui testaccia si urtavano, ora, due idee: l’idea derivata dalle vecchie storie di fate, nelle quali tutto si può credere, e l’altra derivata dal moderno scetticismo per il quale nulla si può credere, nemmeno quello che si vede coi propri occhi”.
Non si può prevedere se la realtà aumentata di Metaverso, su cui Zuckerberg elucubra i suoi investimenti, sarà un enorme progresso o un incubo nuovo. Per l’ipotesi ottimistica, premonendola avanti la nascita di Facebook, optava con entusiasmo Elémire Zolla nei suoi ultimi scritti degli anni Novanta, fissando l’avvento di quest’era “attorno al 2030” (e avrebbe azzeccato). Con più modesto umorismo, frattanto, si può riepilogare tra la A e la Z come stanno funzionando le cose nel Gran Caffè Facebook addì fine 2021, quando siamo messi più o meno così. Con i seguenti maniaci e manie.
Anatemisti
Autori di post contro ignoti che condensano in tre o quattro righe la maledizione dei Faraoni, le formule esecratorie dei Grimori rinascimentali e una profezia ispirata al Popol Vuh, il libro sacro dei Maya. Il destinatario è generalmente un (ex) affetto stabile o congiunto – nella vaga accezione dei contiani dpcm – ma la cripticità dei post induce chiunque a un allarmato esame di coscienza dettato dall’istinto di conservazione o da qualche senso di colpa (mica ce l’avrà con me? Gli ho fatto qualcosa? Ma se appena lo conosco!). Generalmente l’unico a non rilevare il post è il destinatario del messaggio, sicché l’anatema resta inevaso.
Bufera
Spiacevole fenomeno atmosferico e per estensione mediatico cui talvolta si tenta di contribuire, nel proprio piccolo, sulle piattaforme web affinché i siti online dei giornali possano scrivere, circa un fatto o una dichiarazione, che “è bufera sui social”. Anche se nella vita reale non è successo niente.
Calendaristi
Un alert personalizzato o un almanacco misterioso li avvertono giorno per giorno di anniversari fausti e infausti (più i secondi), incisi nella Storia o nella cronaca nera, che essi ricordano con immancabili post. Quella dei calendaristi è una categoria semiprofessionale di ostinata specializzazione: chi censisce i termini biografici delle star della musica, chi dei divi di Hollywood, chi la venuta e dipartita dal mondo degli scrittori o delle vittime della criminalità (in questo caso è fruibile solo la data di morte). Nei rari giorni in cui non sia censito nessun nato né morto, i calendaristi confezionano post interlocutori dedicati per esempio, a seconda dei settori di competenza, al primo brevetto della Fender Stratocaster (rockstar), al restauro di una certa pellicola alla Cineteca di Bologna (hollywoodologi), all’Olivetti Lettera 32 (giornalisti e scrittori), all’emissione di una maxi-sentenza (criminalisti).
Dubbiosi
Che dite, cosa metto stasera? Android o iPhone? Quale libro mi consigliate? Rispetto a queste mini-Doxa per scegliere tra De Giovanni e Carofiglio pensi a quant’era bello l’analogico Piepoli. Non lo ascoltavi ma pareva una persona sensata.
Ecumenici
Stanno dalla parte della ragione perché ci trovano sempre un post(o) libero. Negare il consenso ai loro auspici sacrosanti e a certe emozionate proteste ti fa sentire con te stesso un farabutto che se la gode per il peggioramento climatico o l’estinzione della foca monaca, per le stragi in Afghanistan o l’annegamento dei migranti. Colpa del like che non hai messo.
Felicità
Ha scritto Roger McNamee, uomo d’affari della Silicon Valley, nel bestseller antifacebookiano “Zucked”: “E’ dimostrato che le piattaforme internet producono felicità i primi dieci minuti circa di utilizzo ma, superata questa soglia, provocano un’insoddisfazione sempre maggiore. Le tecnologie persuasive integrate nelle piattaforme tengono gli utenti inchiodati. Non riusciamo a fare a meno di scorrere sempre un po’ più giù, nella speranza di trovare qualcosa di veramente fantastico”.
Gattisti e canisti (Gruppi di)
Consessi virtuali cui ci s’iscrive per narcisismo da proprietari (detti comunemente “genitori”) di “amici a quattrozampe”, che fotografiamo più dei bambini non solo per mancanza di tutela dell’immagine. Gli scopi sottaciuti dell’iscrizione a un Gruppo comprendono prima di tutto lo scrocco di consigli veterinari (“Chi ha idea di cosa sia questa vescica comparsa sulla zampa?”, “Quando perde pelo così – vedi foto – cosa può essere?”); il secondo fine è il bisogno di litigare. Su tutto: pro o contro l’uso del kennel; guinzaglio vs pettorina; cibo umido rispetto al cibo secco. I Gruppi espletano talvolta una funzione consolatoria. Post emblematico: “Sono andata col mio cane al ristorante. Mentre vagava felice tra i tavoli giocando con un gatto, che si divertiva come un matto a sfuggirgli, una coppia di trucidi signori mi ha intimato curiosamente di tenere ‘l’animale al guinzaglio’. Sono capitate anche a voi persone così cafone?” Tra i commenti c’è chi suggerisce di non mettere più piede in quel ristorante, chi avrebbe accoppato la coppia e chi esorta a portare pazienza in questo mondo così incivile.
Indignarci
Non smetteremo mai di indignarci per… (completare la frase a piacere a seconda delle opportunità. Funziona senza sforzi aggiuntivi).
Link
Commentabili senza indugio. E’ facoltativo aprirli e leggerne il contenuto. Il più delle volte però basta il titolo anche per criticare un’omissione (“è voluta?”) che invece non c’è, poiché si parla della circostanza, con ampiezza, nel corpo dell’articolo non guardato.
Maestri
Categoria diffusa tra gli ex studenti di liceo classico, che si acquattano nel web, davanti alla tv o sulle pagine dei giornali finché non scovano un’incertezza grammaticale, un refuso, il lapsus di un conduttore o di un cronista per squadernarlo in un post-gogna nel quale lamentano che la scuola, e l’università, non sono più come una volta e che il loro professore, redivivo, sarebbe rimorto a fronte dello strafalcione. Ricordano come si declina rosa-ae ma cascano sulle equazioni di primo grado. Archetipo di riferimento: il mitico maestro Manzi della vecchia Rai.
Nature
Prestigiosa rivista che consente di postare, a mesi alterni, lo studio di una importante università australiana in cui si afferma che il caffè rende più intelligenti e quello di una importante università canadese in cui si afferma che il caffè rende più stupidi.
Orwell
Superfluo leggerlo, necessario citarlo per deplorare l’uso che Facebook farebbe dei nostri dati ricordando il caso Cambridge Analytica. Autore d’obbligo dopo la pandemia, ma è meno venduto della Littizzetto.
Premesso che…
…non sono sessista; non sono razzista; non sono comunista; non sono fascista; non sono interista; non sono milanista… etc. Seguito da: “però stavolta etc…”.
Qualcunisti
Usano lo stesso preludio per ogni domanda di medio-alta difficoltà e di ardua risposta, però buttata lì con disinvoltura. Es.: “Qualcuno sa dove posso acquistare, senza spendere troppo, un cucciolo di yak tibetano già vaccinato in zona Roma Talenti? O in alternativa uno gnu?”.
Rimembristi (Gruppi di)
Consessi virtuosi dove si scambiano immagini e filmati d’epoca di una certa città, dei suoi estinti negozi e dei mestieri scomparsi. Purtroppo l’amore per la storia locale a volte trascende perché ciascuno riconosce nella stessa strada un luogo assolutamente diverso e ognuno ha per fonte certa l’ipse dixit di un nonno (estinto).
Salutiamo
C’è il “Buongiorno!” urbi et orbi con foto, generalmente, di un cappuccino con disegno complicato in polvere di cacao sulla schiuma, cui talora s’aggiunge un fiore fuori stagione posato accanto alla tazza. L’intento inconscio è peggiorare l’avvio di giornata a chi apre Facebook nervoso da prima. Per consolarsi si sappia che chi ha postato la tazza, quando incrocia i condomini, finge di non vederli. E il cappuccino non è il suo ma lo ha preso da internet.
Tramontisti
Vasta categoria di fotografi amatoriali specializzati in una tipica veduta piuttosto che in altre, come certi pittori en plein air di una volta dalla tavolozza corta. Reputando troppo figurativi i tramonti montani o marini, preferiscono i rossi degradanti del sole postmoderno sugli scenari urbani, possibilmente squallidi casermoni o relitti industriali che fanno effetto poesia ermetica. Ben più rara è la categoria degli Albisti per ragioni tecniche, fra cui le impostazioni di luce dello smartphone e la scomodità dell’orario, che presume uscite frettolose o la fine di una nottata che sarebbe meglio dimenticare.
Una volta
Post da tenere preparato nel cassetto, come si fa coi “coccodrilli” giornalistici, per la mesta occorrenza di un illustre decesso. Possibilmente corredato da un’immagine che ci ritraeva assieme all’estinto, scattata quando l’incontrammo, per l’appunto, una volta.
Viaggi&vacanze
Un evergreen con picchi estivi e natalizi. Sostituito, durante la pandemia, dalle foto di archivio di precedenti viaggi&vacanze che fino agli anni Novanta si mostravano sotto forma di diapositive a un selezionato gruppo di vittime consenzienti per garbo. Intrappolate subito dopo cena.
Zerocalcare
Fumettista talentuoso ma divisivo con truppe talebane pro o contro. Le più recenti polemiche riguardano il suo uso dell’accento troppo romano, da cui in effetti non traspaiono gli anni di francese nell’esclusivo Lycée Chateaubriand. Quindi glissons. Anzi, lassamo perde.