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Non basta saper comprare NFT per evitare di essere truffati

Andrea Trapani

Il furto di “non-fungible token” su OpenSea, uno dei più grandi e famosi negozi di opere digitali, ci spiega perché nel web la sicurezza non basta se non c'è consapevolezza

Rubare un qualcosa che fisicamente non esiste. Un cortocircuito difficile da spiegare al pubblico generalista, specie se è esterno alla nicchia (o bolla) degli NFT. La notizia rilanciata stamani dalle agenzie ha acceso i riflettori su un fenomeno che si sta conquistando sempre più spazio in ambito economico.

Un passo indietro. In questi mesi si sono affermati gli NFT che, già dalla sigla, non sono subito facilmente identificabili per quel che rappresentano: NFT, infatti, sta a significare “non-fungible token” (una specie di marchio digitale non replicabile senza avventurarsi in traduzioni che ci porterebbero solo ancora più lontano, visto che il concetto di gettone non è certo quello telefonico…). Ci si riferisce a opere digitali, uniche, non modificabili e semplificando, in quanto registrate su blockchain, dalla proprietà univoca e certificata.

Una volta compreso il contesto bisogna aggiungere una peculiarità importante visto che, rispetto alle criptovalute che sono beni digitali sostituibili, i token non sono in alcun modo intercambiabili tra loro.

 

Se una cosa è digitale, allora può diventare un NFT

Dal disegno, alle gif, ai video, tutto può diventare un NFT, purché sia digitale. Il punto di svolta è la già citata blockchain che ne stabilisce l’unicità e la proprietà di un’opera online, di per sé riproducibile da tutti e all’infinito con un semplice copia e incolla.

Gli NFT evitano questo. C’è chi dice che salveranno l’arte, c’è chi altrettanto convintamente che sono esplosi grazie all’eccesso di liquidità in circolo. Intanto bisogna registrare come il mercato degli NFT è in crescita (nel terzo trimestre del 2021 valeva già 10,7 miliardi di dollari, ndr) e sembra garantire agli artisti guadagni più stabili rispetto al passato. Ma non è immune dalla speculazione e dai rischi di un crollo. Né ai furti, a quanto pare.

  

Il furto a Open Sea

Nelle scorse ore OpenSea, uno dei più grandi e famosi negozi di opere digitali in NFT, ha confermato che decine di suoi utenti sono stati vittime di un furto di opere digitali dai loro account. Sono almeno 17 i compratori della piattaforma a cui sono stati sottratti 253 file, acquistati per 600 Ethereum ovvero per un valore totale di circa 1,6 milioni di dollari. Soldi veri, insomma.

    

Ma come hanno fatto a rubarli? Niente di nuovo. Non c’è nuova tecnologia che tenga quando le vittime vengono ingannate tramite (più o meno) elaborate tecniche di phishing. La più classica delle situazioni è stata sfruttata a proprio favore dai truffatori che, conoscendo che ci sarebbe stato un aggiornamento del protocollo di scambio della piattaforma, hanno “semplicemente” inviato a centinaia di iscritti un'email in cui si invitava a effettuare la procedura di upgrade del proprio profilo, cliccando su un link inserito nel testo. Da qui il lavoro di uno "script" ha permesso di sottrarre le opere digitali ai proprietari. Che ora saranno a loro volta, come le opere d’arte fisiche, in vendita nel mercato nero. Paradossale, ma non troppo.

    

Le email farlocche più vere di quelle originali

Non troppo perché se, da un lato, i tecnoentusiasti (parafrasando Umberto Eco) sono già in ballo, dall’altro i soliti problemi restano ancora in ballo mentre siamo ancora in attesa di sapere se il Web3 arriverà mai o resterà solo una teoria. Intanto il mondo digitale deve fare affidamento ancora su quella consapevolezza che spesso gli manca. Le cronache sono piene di storie con truffe o semplici errori dietro agli strumenti del momento. È finita l’età dell’innocenza digitale.

Oggi sono gli NFT, ieri lo sono state le criptovalute, domani saranno altri. Inutile che le transazioni siano sicure, che la blockchain mantenga integri i dati, se alla fine basta rispondere, in maniera disattenta, a un’email fornendo (utili) informazioni a chi si approfitta della scarsa attenzione di molti che operano in rete. Non c’è tecnologia che tenga. Tutto questo a prescindere dal fatto di sapere se avremo un futuro in cui le tecnologie basate sulla blockchain, come i già citati NFT, continueranno ad aumentare battendo lo scetticismo che le circonda. Anche perché le diseguaglianze sono dietro l’angolo.

Massimo Gaggi in “Homo premium”, Laterza, racconta la dicotomia nascente tra la figura dell’homo premium (chi sta all’interno del mondo hi tech, ne decide le dinamiche e ne gode i vantaggi) “non solo molto ricco, ma potenziato pure sul piano fisico e intellettuale” e i cosiddetti “gruppi sociali svantaggiati”. Insomma, per salvarsi dovremo rafforzare le dimensioni del nostro pensiero critico. Magari evitando di rispondere con i propri dati a qualunque cosa che ci sembri verosimile, perché in tal caso è davvero divertente – almeno per un esterno – vedere qualcuno che prima compra un NFT per le sue caratteristiche uniche e poi non riconosce un testo creato da un bot da un’email originale.

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