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l'altra economia

Così si muovono le criptovalute in tempo di guerra. E no, gli utenti non sono affatto neutrali

Pietro Minto

Mentre l’occidente lavora per isolare sempre più la Russia, il timore è che il paese cerchi soluzioni alternative attraverso la blockchain. E anche l'Ucraina ha chiesto via Twitter di ricevere donazioni in Bitcoin ed Ethereum. Intanto si registra il primo utilizzo “umanitario” degli Nft.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto agli statunitensi che si offrivano di portarlo in salvo: “Ho bisogno di munizioni, non di un passaggio”. Questa frase è già passata alla storia, e per buone ragioni, ma c’è chi si permette di insistere: sicuro di non avere bisogno di altro? Ad esempio, può servire qualche Nft? I giorni che hanno sconvolto gli equilibri europei, in seguito all’invasione russa dell’Ucraina, hanno toccato anche il settore delle criptovalute, finite al centro di un dibattito politico, militare e soprattutto finanziario, su più fronti. Il primo, più urgente, è quello degli aiuti al popolo ucraino, con il governo di Kyiv che ha chiesto via Twitter di ricevere donazioni in Bitcoin ed Ethereum, allegando diversi wallet su cui versare i soldi. Il tutto mentre Kuna, un portale ucraino per lo scambio di criptovalute, ha avuto una crescita di traffico sin dall’annuncio dell’“operazione militare speciale”, come la definisce il Cremlino, complice anche la sospensione dei prelievi bancari post invasione. E pensare che l’Ucraina aveva legalizzato le criptovalute proprio a metà febbraio, nel pieno dell’escalation militare da parte russa.

 

In una settimana di prime volte, registriamo anche il primo utilizzo “umanitario” degli Nft. Ai wallet ucraini, infatti, non sono solo arrivati preziosi criptogettoni ma anche dei non-fungible token, documenti di proprietà digitali che si riferiscono a opere d’arte spesso discutibili, ma che possono avere un certo valore. Tra gli Nft donati per fare fronte alla macchina bellica russa, troviamo un gattino rosa pixelato e la versione in 3D di un personaggio minore di “Breaking Bad”. A coronare il tutto, come nota il giornalista Jacob Silverman, c’è un Nft appartenente a una serie “ispirata a una mitologia in cui Elon Musk riceve poteri da un alieno che ha inventato i Bitcoin”. Tutto fa brodo, si direbbe.

La tensione geopolitica ha anche spinto Vitalik Buterin, il creatore di Ethereum, la più diffusa criptovaluta dopo i Bitcoin, cittadino russo naturalizzato canadese, a criticare duramente la decisione di Vladimir Putin. Ne è seguito un polverone che Buterin ha cercato di sedare con un tweet: “Promemoria: Ethereum è neutrale, io no”. 

 

I fronti non finiscono qui. Mentre l’occidente lavora per isolare sempre più la Russia, il timore è che il paese cerchi soluzioni alternative. E siccome l’alleato cinese, almeno per ora, si è dimostrato tiepido nei confronti delle mosse di Putin, c’è il rischio che Bitcoin ed Ethereum finiscano per tornare utili anche alla Russia e agli oligarchi, ormai assediati da mezzo occidente. Come ha spiegato il New York Times la scorsa settimana, gli hacker russi potrebbero usare il ransomware per rubare tesoretti in criptovalute, contando anche su “nuovi strumenti che riescono a nascondere l’origine di tali transazioni”. Insomma, la tanto celebrata blockchain che raccoglie e conserva ogni transizione punto per punto? Potrebbe essere aggirata. 

Rapinare wallet altrui per sostenere regimi dittatoriali non è esattamente una novità, come dimostrano Iran e Corea del nord, che da tempo si sovvenzionano anche in questo modo (secondo un recente report dell’Onu, il più recente programma missilistico di Kim Jong-Un sarebbe stato pagato anche grazie ad alcuni “colpi” crypto da circa 44 milioni di euro). 

 

Ma la possibilità che questo avvenga ora potrebbe costringere le piattaforme del settore a una prova di forza: intervenire per bloccare gli spostamenti russi oppure continuare con il laissez-faire tanto caro ai “cryptobros”? Mentre si decide il destino dell’Ucraina, il settore dovrà anche capire come reagire agli usi politici (e militari) di queste tecnologie, anche perché non sono nazioni e regimi a tramare nell’ombra: i social sono pieni di account finti che si fingono ucraini in fuga, chiedendo donazioni, o di opportunisti che pubblicano progetti di Nft a tema Ucraina nella speranza di lucrare con la crisi. Conosciamo tutti il mondo crypto in tempo di pace: caotico, ricchissimo e assurdo; in questi giorni stiamo cominciando a vederlo in tempo di guerra, e non possiamo prevedere che forma prenderà. Come ha ricordato Buterin, la blockchain può anche essere neutrale; i suoi utenti, no.
 

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