Musk fa felice Trump: la sua Truth è l'app più scaricata
Il fondatore di Tesla compra Twitter e il social del tycoon newyorkese torna alla ribalta. Nonostante il rinnovato successo, però, l'app continua ad avere molti problemi. E il profilo dell'ex presidente è ancora vuoto
Quando, il 26 aprile, Elon Musk ha comprato Twitter per 46 miliardi di dollari non si immaginava che avrebbe fatto felice anche Donald Trump: Truth, il social dell'ex presidente americano, ha scalato le classifiche dell’Apple store (non esiste ancora una versione Android) in Stati Uniti e Canada, essendo disponibile solo in questi due stati, diventando l’app più scaricata; scettro che tuttora detiene proprio davanti al social dell'uomo più ricco del mondo. Lo stesso Musk, il 27 aprile, ha twittato indignato per dire che Truth stava battendo sia Twitter sia TikTok e imputando alla censura del social fondato da Jack Dorsey l’esistenza e la popolarità della piattaforma di the Donald. Musk ha tralasciato di dire, però, che lunedì 25 aprile, il giorno precedente all’acquisto, Truth si classificava al 52esimo posto, a testimonianza del fatto che gran parte di questo rinnovato successo è da associare proprio alla mossa dell’istrionico fondatore di Tesla.
L’ex presidente, forte di questa scalata, ha dichiarato a Fox News: "Spero che Elon compri Twitter perché lo migliorerà ed è un brav'uomo, ma io resterò su Truth e non ho nessuna intenzione di riaprire il mio profilo".
L’attuale popolarità, però, non cancella le problematiche che continuano ad affliggere il social di Trump. Se il buongiorno si vede dal mattino, Truth non poteva che essere un flop. Al lancio, il 21 febbraio, milioni di utenti rimasero intrappolati in una waiting list prima di poter creare un account. L’app, già prima di poter essere scaricabile, è stata inondata di accuse perché rea di aver plagiato il software open source di Mastodon, un social decentralizzato, fondato nel 2016, e nato come alternativa alle piattaforme mainstream. Hanno fatto seguito settimane in cui Truth ha continuato a languire nella scarsità di download, tanto da scivolare fuori dalla top 100 delle app più scaricate. Al 12 aprile la piattaforma aveva 513 mila utenti giornalieri attivi, numeri imparagonabili a quelli del suo avversario – almeno nelle idee di Trump – Twitter, che ne conta 217 milioni e il tempo medio che gli utenti passano su Truth, secondo i dati di Similarweb, è di 90 secondi (nemmeno il tempo di fumare una sigaretta, per intenderci).
Il feed si presenta molto simile, se non identico, a quello di Twitter. Il social ha una barra di ricerca, un sistema di messaggistica diretta e un pulsante per comporre un "truth" – l’equivalente di un tweet. L’app consiglia immediatamente un elenco di alcune dozzine di account da seguire (come fa Twitter al primo accesso) tra cui Fox News, The Epoch Times e, ovviamente, lo stesso Trump. L’ex presidente ha 1,88 milioni di follower, un numero irrisorio se confrontato ai 34 milioni di Facebook e gli 89 milioni di Twitter e per giunta ha "truthato" (ironia del destino, il termine è molto simile all’italiano ruttare) solo una volta, a febbraio, quando l’app è stata lanciata. Un’anomalia dato che Trump twittava anche 200 volte al giorno. Il truth recita “Get ready! Your favorite President will see you soon”, il tycoon, però, non è stato di parola: sono passati più di due mesi e sul social di lui non c’è traccia.
Inoltre, la ricerca per keyword non funziona, cercando le parole "vaccino" e "Covid", ad esempio, esce il messaggio "No matching truths "; la maggior parte degli account presenti sono fake e non esistono suggerimenti sulle persone da seguire esclusi quelli propinati all’inizio. L’unica cosa che non doveva funzionare, o meglio non essere presente, funziona eccome: il social censura alcuni post. Truth ha, alla pari delle altre piattaforme , termini di servizio che non consentono attività illegali sull'app: i post con contenuti sessuali, per esempio, sono totalmente proibiti (a differenza di Twitter). Effettivamente, come dice Nathaniel Persily, professoressa di legge alla Stanford, al New York Times, senza un controllo e un minimo di censura una piattaforma è invivibile: “Si cadrebbe nel nazismo e nella pornografia”, quello che è successo al social 8chan, che dall’anno della sua nascita, il 2013 è usato da terroristi e razzisti, è stato collegato a crimini d’ogni tipo ed è il luogo in cui è nato QAnon.
C’è da dire però che, come aveva promesso Trump, l’app non discrimina in base alle ideologie politiche (che poi è anche l’obiettivo di Musk per Twitter): sul feed si possono trovare dei post contro il partito repubblicano o contro la rivolta del 6 gennaio che non sono mai stati segnalati o rimossi.