Il ceo di Tesla e i bot

Musk si dice pronto a riformare Twitter: via i profili fake. Ma il suo ne è pieno

Pietro Minto

L'uomo più ricco del mondo vorrebbe rivoluzionare il social partendo dall'eliminazione dei bot. Ma quasi la metà dei suoi follower sono finti

Quando Donald Trump era ancora su Twitter, prima che  venisse bandito a vita per aver istigato l’attacco al Campidoglio del gennaio 2021, bastava aprire uno dei suoi tweet per ritrovarsi tra svariati bot che rispondevano con fake news, ma anche sostenitori che lo incensavano e membri della “resistenza” che ne denunciavano le malefatte. L’assenza di The Donald da Twitter potrebbe non durare così a lungo, visto che Elon Musk, che si prepara ad acquistare il social network, ha dichiarato di trovarla ingiusta. I due sembrano legati da più di un filo, a ben guardare: Musk sembra aver preso il posto di Trump nel ruolo di “utente Twitter che detta le agende dei siti di news”. Ma soprattutto, anche i suoi tweet offrono quella stessa fauna di bot, sostenitori e hater, spesso irriconoscibili gli uni dagli altri.
 

La questione dei bot – profili Twitter automatizzati, programmati per rispondere o pubblicare determinati messaggi – è centrale al progetto che Musk ha per Twitter, social network che ritiene disfunzionale, gestito male e pieno di profili truffaldini. Tutte cose vere,  ma l’accanimento muskiano nei confronti di questi nemici (“Sconfiggeremo i bot o moriremo provandoci!”, recita un suo recente tweet) è quanto meno sospetto, come saprà chi ha interagito con l’account dell’imprenditore. Questi bot, infatti, sono nella stragrande maggioranza dei casi dalla sua parte.
A confermarlo è una ricerca citata dal Washington Post in cui si dimostrerebbe come questi bot siano stati usati per “molestare i critici di Musk, sostenere la sospetta acquisizione approvata dal consiglio di amministrazione di Twitter e addirittura presentare Musk come modello di virilità e come opposto dell’antagonista della propaganda, George Soros, un magnate liberal soggetto di teorie cospirazioniste antisemite”. Insomma, un distillato delle frange più estreme e disagiate dei social media, che ha trovato in Musk non tanto un rappresentante politico o culturale quanto un totem: una bandiera.
 

Secondo questi ricercatori, Musk rappresenta un perfetto catalizzatore di “hype automatizzato”. Ammirato, seguito, invidiato, detestato, l’uomo più ricco del mondo  è capo di Tesla – il cui valore in borsa, almeno al momento, è superiore a quello delle nove principali produttrici d’automobili, messe assieme – ma parla di criptovalute, concedendosi qualche tweet su buffonate come Dogecoin, una parodia del Bitcoin finita per essere presa sul serio. Le ultime settimane, poi, lo hanno visto trasformarsi in un agente politico, con la sua crociata a favore della “libertà di parola” e i suoi tweet con personaggi dell’estrema destra più folle, come Mike Cernovich.
 

Secondo April Glaser, ricercatrice della Harvard Kennedy School, “quando si vedono figure divisive a cui le persone sentono il bisogno di fare il tifo, vediamo anche una maggiore attività da parte dei bot”. E’ per questo che le dinamiche attorno all’account di Musk ricordano quelle che si sviluppavano sotto ai tweet di Trump.
 

Questi “fake” non si limitano a rispondere o ritwittare il loro beniamino, ovviamente.  Secondo il Time, che ha usato il servizio SparkToro per analizzare il profilo di Musk, quasi la metà dei suoi follower sarebbero finti: “dei suoi 87,9 milioni di follower, circa il 48 per cento sono non raggiungibili, bot, account di spam, propaganda o non più attivi su Twitter”. Percentuali che però si ritrovano anche in altri account molto seguiti, come quello di Barack Obama, a conferma di un problema generale della piattaforma.

 

Nonostante tutto, però, questi bot hanno fatto bene agli affari di Musk. Quando nel 2013 si registrarono molti casi di Model S (un modello di auto della Tesla) che sembravano prendere fuoco spontaneamente, in poco meno di un’ora arrivarono anche otto nuovi account che subito si misero a raccontare le meraviglie azionarie della società. Tra i principali indiziati per questa opera di disinformazione ci sarebbero “azionisti individuali o persone pro Tesla”, spinti da qualche interesse economico, politico o culturale. Insomma, manipolatori del mercato ma anche super fan (o stan) di Elon. Lo stesso che, ora, vorrebbe porre fine a tutto questo? Che ingrato. 

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