Il paninaro di TikTok. Così la “working class” colonizza il social dei balletti
La storia di un salumiere che con i suoi video ha superato il milione di follower, ma che per questo ha dovuto smettere
E’ molto difficile scrivere di qualcosa che sta succedendo su TikTok. Non perché sia un mezzo difficile da comprendere – lo dico senza sminuire i non nativi digitali, ma anzi per spronarli a considerare che se hanno capito il Rosatellum, possono capire anche TikTok. La difficoltà è stare sulla piattaforma per cercare quello di cui si deve scrivere e poi pensare di lasciare il cellulare e mettersi a lavoro. E’ impossibile. Questo articolo dovevo consegnarlo giovedì 28 luglio, invece è domenica 31 e sono ancora qui, terrorizzata all’idea che a breve dovrò riaprire TikTok per poter procedere con la scrittura. Aggiungo che è tempo di campagna elettorale anche su TikTok, e il mio algoritmo sta dando molta visibilità a persone della generazione Z che commentano i programmi elettorali di Fratelli d’Italia con paura e sconcerto, inframezzate da americane che dicono che se ti succede di andare in una stanza e non ricordare perché ci sei andato, allora hai un disturbo da deficit di attenzione e iperattività. E a me questa roba succede continuamente.
In meno di 10 minuti di uso, TikTok riesce a convincermi che dovrei trovarmi uno psichiatra e un paese dove rifugiarmi in caso di ritorno del fascismo. In questi momenti in cui le mie fantasie catastrofiste prendono il sopravvento lasciandomi in balìa della piattaforma, c’è solo una persona su TikTok che dà sollievo alla mia mente fuori controllo: un salumiere napoletano che prepara panini. Centinaia di panini. Lo guardo io insieme a un milione e mezzo di persone. Ma la sera di sabato 23 luglio 2022 abbiamo ricevuto un triste messaggio dalla faccia provata dal caldo del nostro salumiere: non potrà più girare questi salvifici video. Ed ecco cos’era che vi volevo raccontare, mi stavo già scordando perché ero qui a scrivere.
TikTok si è fatto ingiustamente la fama di essere una specie di versione in app di “Non è la Rai” (ragazzine scosciate che ballano e cantano in playback), ma in realtà oltre ai balletti c’è anche molto racconto di vita reale. Nel 2020 diventò un osservatorio sulle condizioni della gioventù italiana: quando venne annunciata la chiusura delle scuole per la neonata pandemia di Covid, centinaia di ragazzi pubblicarono video in cui festeggiavano l’aver schivato interrogazioni e professori cattivi. Una settimana dopo, alienati dalla Dad, attentavano alla vita di fratelli minori per sentirsi ancora vivi. Quando il lockdown si estese anche agli uffici e alle attività commerciali, gli adolescenti capirono che gli adulti che ora stavano con loro 24 ore su 24 erano un’ottima fonte di contenuto.
Con la stessa facilità con cui gli influencer millenial trasformano la loro prole in like, i tiktoker della generazione Z trasformano padri che raccontano barzellette brutte e madri che sbagliano nomi di attori americani in visualizzazioni. Con il grande vantaggio che nessun adolescente di TikTok si deve giustificare per aver dato in pasto ai pervertiti questi ingenui adulti – ma non ho frequentato abbastanza il deep web da escludere uno smercio di video di nonni che traducono insulti dall’italiano al barese per qualche feticista oltreoceano. Il problema di attirare gli adulti su una piattaforma come oggetto di scherno è che poi questi si piazzano lì e non li schiodi. Qualcuno sta lì messo dai figli, altri arrivano per guardare “il decadimento dei costumi giovanili” e dopo qualche giorno di visione ossessiva cominciano a pensare che in fondo non è così male partecipare a un “trend”, “ma sì dai, è una cosa carina”, e invece non lo è.
Il problema di quando arrivano gli adulti è che si finisce sempre per parlare di lavoro. Finora con gli altri social non era stato così semplice: Instagram ha un’estetica patinata e fortemente orientata alla ricchezza, YouTube è un mezzo per videomaker più o meno professionisti, Facebook e Twitter si basano più sul conflitto che sul racconto, mentre su TikTok ci si racconta con l’estetica di una categoria che nel mondo del porno è tra le più apprezzate e ora si gusta anche con contenuti non licenziosi: l’amatoriale italiano. Inquadrature poco curate, nessun filtro, nessuna posa e soggetti del popolo. Ovviamente ci sono le influencer gnocche che fanno migliaia di visualizzazioni per una di quelle coreografie che fanno sembrare la macarena roba di Balanchine, poi però c’è la fruttivendola che si lamenta del signore che le chiede consiglio su quale cocomero comprare e poi non si fida, o il postino che fa le consegne e racconta con un fortissimo accento piemontese delle signore che si sconvolgono quando vedono che è nero, e loro fanno centinaia di migliaia di visualizzazioni.
Si tocca anche il milione per i video di commessi, operai, cassiere o cameriere che raccontano l’impossibilità di campare con gli stipendi che ricevono. Qualche volta con tono lacrimevole, più spesso con bestemmie malamente censurate. Non avendo bisogno di abbellire il messaggio con fronzoli vari, TikTok è diventato il social network dove la working class si racconta, si dà conforto e cerca di dare senso alla ripetitività del proprio lavoro, che prima era alienazione e oggi è contenuto. Se poi l’azione ripetitiva è quella di fare panini spessi come i muri di una galera e ripieni del meglio della gastronomia italiana, in un colpo solo hai dalla tua la working class e gli appassionati di cibo italiano. Donato De Caprio è un quarantenne di Napoli che aveva un canale TikTok normale, con i montaggi di foto dei figli, i video dalle feste, le dediche alla moglie con le canzoni neomelodiche in sottofondo. A febbraio 2022 pubblica un primo video dalla salumeria in cui lavora da 24 anni, “Ai Monti Lattari” di Napoli. “Vi presento il mio mondo, fatto di mille colori e di tanti sapori”, dice in voice over inquadrando una colonna di provoloni e salami. Qualche giorno dopo pubblica un video in cui si vede il suo busto, un’affettatrice e una pagnotta aperta con del prosciutto cotto sopra. Donato aggiunge dei carciofini, chiude, taglia il panino in due e mostra la stratificazione interna verso la telecamera. In sovraimpressione la scritta “Buon appetito”. Nella sezione commenti, alcune persone hanno scritto mesi dopo “Il primo panino di Donato” o “Quanta strada hai fatto”, con lo stesso entusiasmo di un pellegrino arrivato in un luogo sacro.
Da marzo 2022 comincia il suo (inizialmente involontario) format video. Scorrendo molto rapidamente il profilo di Donato si vede che i video sono per lo più identici, cambia solo il contenuto del panino: la mano destra con il guanto monouso si allontana dal telefono dopo aver acceso la registrazione, scoprendo il salumiere, che indossa una maglietta bianca con la scritta “Ai Monti Lattari”, il nome dell’alimentari che gli fa da set. Sul tagliere un enorme pezzo di pane e un enorme coltello seghettato che usa per aprirlo. La prima frase dei video, nella stragrande maggioranza dei casi, è una domanda: “Con la mollica o senza?”. Quando il cliente risponde, inizia la danza degli ingredienti: prosciutto crudo di Parma, mortadella con pistacchio, prosciutto cotto, salame napoli, pancetta coppata per la parte proteica; sul fronte caseario, mozzarella di bufala, burratina, e tanta provola annunciata come “di nostra produzione, piccantina”.
Poche aggiunte, a volte qualche carciofino o pomodoro secco, rarissima l’insalata, altre volte pesto di basilico o pesto di pistacchi. “Per gli amici a cui non piace la carne, tonno e pomodoro”. Gli affettati li stende come lenzuola di seta, i latticini li taglia sugli affettati e li lascia gocciolare su ciabattine che da secche e sbriciolose diventano morbide e unte. Ogni prodotto viene precedentemente pesato sulla sua carta oleata, come colonna sonora c’è un costante pigiare di tasti sulle bilance e strappare di scontrini con i prezzi da presentare in cassa. Gli acquirenti dei panini cambiano con il tempo: all’inizio sono ignoti habitué del negozio, nei mesi diventano persone arrivate apposta da tutte Italia per chiedere un panino a Donato e rispondere alla domanda “con mollica o senza?”. (La risposta giusta alla domanda pare sia “senza”, perché un panino senza mollica viene caricato con più ripieno).
Tra le richieste degli autoctoni e dei pellegrini, in mezzo ci sono gli esercizi di stile richiesti dal pubblico del social: in una fase in cui nei commenti qualcuno accusava Donato che nel negozio i panini costassero troppo, iniziarono le richieste di creare panini entro una certa cifra (alla richiesta di creare un panino sotto i 3 euro, Donato prepara uno sfilatino crudo e provola da 2,50 euro, e io maledico Milano e i suoi panini giusti che per gli stessi ingredienti mi chiedono 10 euro e senza manco mandarmi un bacio via TikTok).
Decine di video sono generiche richieste di dediche, “dedicami un panino, sono del Venezuela”, “dedica un panino a mia cognata che ti segue”, “dedica un panino all’Italia” (panino con parmigiana di melanzane con ragù napoletano, la simbologia che ci ho letto io è che siamo un paese indigesto). Lui sorride a tutti, ringrazia tutti, augura buona giornata e buona domenica a tutti, fa auguri di compleanno e per gli esami all’università, e intanto farcisce. Il 17 luglio, cinque mesi dopo il video del primo panino, ne pubblica uno in cui, dietro una torta e con una bottiglia di prosecco in mano, ringrazia per il raggiungimento di 1 milione di follower. Il giorno dopo ricomincia ad affettare, infarcire, ringraziare. Tutto cambia tranne lui. Solo che tutto è cambiato un po’ troppo.
Il 23 luglio 2022 siamo 1 milione e 400 mila persone a guardare il video in cui Donato annuncia di avere un avviso molto importante: “La ditta Monti Lattari stasera mi ha comunicato che non devo fare più video, più TikTok, per quanto riguarda dentro al negozio”, dice. “Una scelta loro, io sono dipendente loro, devo fare quello che loro mi chiedono e mi dicono. Una cortesia che adesso vi chiedo a voi: non mi cercate più foto, non mi cercate più video per cortesia, perché non ne posso fare più”. Quel sabato sera il pubblico di TikTok si schiera compatto con il compagno sfruttato e poco apprezzato. Contro ogni capo che usa le idee e i talenti dei dipendenti per profitto per poi gettarli via appena qualcosa non va. Migliaia di commenti di insulti al negozio e ai suoi proprietari, alcuni escono anche dai confini di TikTok e vanno a lasciare recensioni negative di GoogleMaps, Facebook e Instagram scrivendo in maiuscolo #FREEDONATO.
E tutti concordi inveiscono contro le scarse conoscenze di marketing della direzione, pronta a buttare al cesso una fonte gratuita di pubblicità. “Senza Donato nun v sapev manc e parient vuost” scrive un follower, e dagli torto. Restava però il grande dubbio: perché gli avevano chiesto di smettere? Il pubblico era diviso in due categorie, che definirei i Fiscalisti e i Gomorristi. I Fiscalisti facevano notare che tutta questa pubblicità aveva portato sicuramente tanti nuovi clienti, ma chi ci assicurava che ad altrettanti clienti corrispondessero altrettanti scontrini? In fondo noi vediamo solo i panini, mica le ricevute. I secondi, trattandosi di Napoli, tirarono in mezzo la Camorra: tutti quei guadagni hanno sicuramente attirato i malavitosi a chiedere più pizzo (non “il” pizzo, ma “più” pizzo, perché figurati se non lo pagavano già), oppure “qualcuno di importante” del quartiere non voleva avere troppe attenzioni addosso con tutto quel via vai di gente.
Io facevo parte dei Fiscalisti, guardando il video ho istintivamente pensato “qui c’è chiaramente lo zampino della Guardia di finanza”, ma forse perché ero sensibile al tema avendo appena pagato le tasse. In una diretta su TikTok Donato placa gli animi dicendo che i clienti di vecchia data di “Ai Monti Lattari” si sono lamentati delle lunghe file di fan arrivate negli ultimi mesi e hanno chiesto di fare qualcosa, quindi TikTok resta fuori dal negozio, legato al guinzaglio e con la museruola (e vai a dare torto a questa povera gente che mo’ deve chiedere appuntamento per una provola). In ogni caso, la risposta del pubblico è unanime: saremo con te qualsiasi cosa succeda. Anzi, Donato, perché non ti apri un negozio tuo? Mentre Donato pubblica il giorno dopo un video per i suoi “smollicati” in cui farcisce una brioche confezionata chiedendo alla moglie se la vuole “con mollica o senza?”, migliaia di persone lo implorano di aprire la sua attività.
“Siamo un milione e seicentomila persone, avrai un successo incredibile” gli scrivono. Il conteggio non è un errore: nella settimana in cui Donato ha annunciato di non poter più pubblicare i video che lo avevano reso celebre, ha guadagnato circa duecentomila follower. Molti arrivano anche a donargli soldi durante le dirette, senza che Donato ne faccia richiesta. Arriva anche un certo Steven Basalari, imprenditore e proprietario della discoteca NumberOne di Bergamo, a offrire di coprire al cento per cento le spese per aprire l’attività di Donato. Nei commenti dei nuovi video di Donato, ormai salutatore seriale di follower, è una costante segnalazione di questi video e di offerte di soldi, sempre più insistenti: “Perché non hai ancora accettato l’offerta di Basalari?”. Eh, Donato? Perché non accetti l’offerta di un perfetto sconosciuto che su TikTok dice di volerti dare soldi senza precisare altro? Intanto continuano i video, uno in particolare mi spezza il cuore: Donato si riprende mentre fa pausa pranzo e mangia un hamburger da Burger King.
Io e tutti gli altri non ce la facciamo a vederlo così, lo vediamo sorridere ma non ci crediamo, scriviamo nei commenti cose come “si vede che hai gli occhi tristi”, ma è la nostra tristezza a fare da filtro. Lui non si sbilancia, o ci confonde, dice “si stanno cominciando, diciamo, a muovere qualcosa” e un attimo dopo “io sono contento di come sto”. Qualche persona orribile scrive: “Ora che stai diventando sempre meno rilevante, che cosa farai?”. E io tremo al pensiero della catena di paninerie nominata “Con mollica o senza?” o “Smollicati”, le scritte a contrasto in colori accesi, la mascotte buffa, l’inaugurazione con gli influencer che fanno il balletto creato per l’occasione e la richiesta di taggare il posto sui social, il panino crudo e provoladinostraproduzione che diventa crudo e avocado. Donato ha già pubblicato un video questa settimana in cui prepara un piatto con l’avocado tra gli ingredienti. Il proletariato tradito per un frutto tropicale.