Foto Ilaria Costanzo  

Internet in Italia è sorta a Pisa, ora a Pisa cerca di capire le sue imperfezioni

Andrea Trapani

È dal 2011 che l'Internet Festival si svolge nella città del primo collegamento nazionale alla rete. Ora prova a capire cosa non va

Tra la Torre Pendente, la Repubblica Marinara e le mille storie che i turisti devono conoscere i turisti che arrivando nel nostro Belpaese, ben pochi sanno che Pisa sia la città madre dell’internet italiano.

Eppure proprio in riva all’Arno, il 30 aprile del 1986, nella sede dell'ex Istituto Cnuce del Cnr fu attivato il primo collegamento nazionale della rete internet. In tre decenni quel che era una novità per una piccola nicchia è cresciuta globalmente e la successiva nascita del web l’ha fatta diventare il fulcro della nostra comunicazione contemporanea.

   

L’imperfezione a Pisa, la madre italiana di internet

Non a caso, proprio a Pisa, dal 2011, si svolge Internet Festival, una manifestazione che anima i palazzi e le vie della città fornendo occasioni per conoscere come sta cambiando la rete. Intanto basta camminare per strada per capire come sia cambiata la nostra vita. I turisti sono presi più dai loro smartphone che dalle meraviglie di Piazza dei Miracoli, la bellezza scorre davanti ai loro occhi come se avessero visto già tutto. Hanno ragione loro, da tempo è così tra Instagram, Tik Tok e i motori di ricerca che indicano se quel ristorante è buono o se quella chiesa merita la fila.

Anche l’Internet Festival vive la stessa dimensione. Dall’entusiasmo, forse esagerato, dei partecipanti delle prime edizioni siamo arrivati a un programma che vuole analizzare i problemi e le difficoltà della rete. Per farlo bisogna passare da ogni esperienza. Anche dall’imperfezione, parola chiave di questa edizione.

   

Foto Ilaria Costanzo
     

La rete tra l’entusiasmo delle origini e la mercificazione attuale

L’imperfezione è ovunque, pensiamo a chi sfrutta le continue mode che coinvolgono questo mondo. Ancora non è passata l’ubriacatura da blockchain, valida incredibilmente per ogni applicazione, che il metaverso sembra averla soppiantata come nuova parola magica di questi mesi. Probabilmente nessuno ha ben chiaro cosa sarà, non lo sapevamo nemmeno di internet, ma molti sembrano essere sicuri che il metaverso sarà la soluzione per la loro nicchia di interesse. Con soluzioni a volte paradossali come quelle nate per condividere la gestione di un alveare: forse per un “futuro vegano”, questo l’obiettivo, servirebbe più coscienza della realtà che un’ipotetica iterazione di internet come mondo virtuale universale e immersivo.

C’è chi lo sa bene. Qui si parla di “tecnomagia”, un termine che può far sorridere e portarci fuori strada ma che in realtà integra in sé il tema delle nuove dipendenze create dalla rete, tra visioni futuristiche e remoti arcaismi. Come quelli che si vivono a Pisa.

 

La fine burocratica di una rete anarchica

L’internet contemporanea significa anche diritto, anzi è soprattutto legislazione, una fine burocratica piuttosto bislacca per un’architettura nata come espressione anarchica. Chi l’avrebbe mai detto negli anni Novanta che saremmo arrivati a domandarci se siano realmente effettivi i diritti del Data Governance Act? Eppure questo è il tema. Ci sono ospiti importanti per parlarne, a partire da Dianora Poletti, giudice della Corte di Cassazione, Fernanda Faini del Centro interdipartimentale “Diritto e Tecnologie di Frontiera” (DETECT) e la giornalista Federica Meta.

Un dibattito in cui, alla fine, arriviamo a porci un’altra domanda: vista la dimensione “patologica” della tutela dei diritti digitali, siamo sicuri che la strada giurisdizionale sia quella vera e concreta?

 

Lo spettacolo per esorcizzare la paura delle distopie

Parlarne serve a trovare risposte? Forse no. La crisi del mondo fisico sembra aver impattato anche le realtà immateriali. Non c’è più il traino delle discussioni sull’ultimo social network, anzi, il timore della loro interferenza ha sospeso tutto in attesa di quel che accadrà.

Gli spettacoli del festival sembrano rispondere a questa volontà di “normalizzare” un sistema troppo complesso, la gamification è protagonista nelle piazze e abbiamo perfino Monica Guerritore che parla di tematiche come gli NTT, specificandone le differenze dagli NFT, e dello “spettatore attivo” che, tramite l’acquisto dei token, diventa volano dei suoi progetti ma non basta.

Uscendo fuori dalle rappresentazioni più allegre, emerge costantemente la paura che - tramite la rete - si possano realizzare alcune delle più spaventose distopie scritte nei romanzi di fantascienza.

I droni, i percorsi interattivi e le smart city non sono più temi attuali ma ormai rappresentano un retaggio di un passato sì recente ma già lontano nella corsa della rete. Ieri erano una cosa, domani saranno strumento per rappresentarne un’altra. A Pisa però ci sono gli strumenti per capire, il Festival si chiude domenica e per chi vuole passare un weekend diverso dal solito può scoprire che sotto la Torre è nata e vive l’internet italiana. Chi l’avrebbe mai detto?

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