L'algoritmo di Twitter servirà per favorire Tesla e Space X?
Il social network ha bisogno di soldi per continuare a offrire i propri servizi e, polemiche a parte, questa acquisizione ha dato fiato alla piattaforma per i prossimi anni. Ma dove la porterà l'imprenditore?
Le schermaglie legali che hanno preceduto l’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk rischiano di diventare solo il prologo di una lunga storia. Non c’è il solo governo statunitense a preoccuparsi dell’enorme influenza che Elon Musk sta accumulando in vari fronti. Un (altro) gigante dei social media sotto il controllo di un singolo miliardario, infatti, sta allarmando anche ricercatori e attivisti per i diritti umani preoccupati per la quantità di dati che l'acquisto di Twitter porterà in dote al fondatore di Tesla. Un paradosso considerando che uno dei leitmotiv di Musk è stata, per mesi, l’assoluta libertà per chi twitta.
Il confine tra libertà di parole e affari
Oltre a voler implementare la sua visione affinché Twitter diventi una piattaforma di libertà di parola, qualunque cosa possa significare, Musk potrebbe anche decidere che Twitter possa diventare un formidabile aiuto commerciale per le sue altre società. Non sarebbe la prima volta che succede.
Non ci sono uscite ufficiali in tal senso ma gli utenti dei social media, ricordano molti attivisti, sono alla mercé degli algoritmi che estraggono i loro dati e utilizzano tutte le informazioni necessarie per mantenerli connessi il più a lungo possibile, facendo guadagnare alle società più soldi possibile attraverso la pubblicità. Obiettivo legittimo, per carità. Il caso Twitter però è delicato. "Musk sta entrando in un mercato che ha un grande potere proprio grazie a quegli algoritmi che si potrebbero utilizzare per influenzare il mercato a favore delle sue società, come Tesla e SpaceX", ha affermato a Euronews Next Petros Iosifidis, professore di media e comunicazione politica della City University di Londra.
Una lunga serie di paradossi da risolvere
Non c’è solo un potenziale conflitto d’interesse da affrontare. "Dovremmo avere accesso agli algoritmi utilizzati dalle piattaforme per poter capire come funzionano", rilancia Diego Naranjo, Head of policy dell’associazione European digital rights. Se da un lato sembra impossibile trovare una mediazione su questo tema con le grandi piattaforme digitali, dall’altro bisogna ricordare che la legislazione sulla protezione dei dati di gran parte del mondo non permette di utilizzare i dati per altri scopi anche se le società sono dello stesso proprietario.
Qui emerge uno dei tanti paradossi di questa situazione. A maggio, nel pieno delle polemiche, proprio Elon Musk aveva ribadito la necessità di soluzioni open source come unica strada da seguire per risolvere il problema della fiducia su Twitter. In una lunga serie di commenti, il patron di Tesla aveva messo in guardia gli utenti del social network dalla possibilità di essere "manipolati dall'algoritmo" attuale. Ora il problema sembra essersi rovesciato. Parafrasando proprio una delle sue massime prima dell’acquisizione, non stiamo suggerendo che ci sia malizia ma che Twitter “nel tentare di immaginare cosa volete leggere manipoli o amplifichi inavvertitamente il vostro punto di vista senza che voi lo realizziate”. Musk deve evitare di smentire se stesso, ma non è facile.
Twitter ha bisogno di soldi per continuare a offrire i propri servizi e, polemiche a parte, questa acquisizione ha dato fiato alla piattaforma per i prossimi anni. Detto questo restano forti le preoccupazioni per la concentrazione di potere e capitali finanziari in un’unica società anche se, realisticamente, appare quasi impossibile trovare proprietà per simili realtà senza che non siano già gigantesche in altri settori. Insomma, una sorta di cooperativa per gestire un social network appare un’utopia più irraggiungibile di un’ideale libertà di parola online.
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