“spunte blu” a 8 dollari al mese
La proposta horror di Musk di tassare i contenuti su Twitter non è così folle
L’èra dell’internet e dei social tutti gratis ha finito il proprio ciclo e non è più né sostenibile economicamente, né accettabile eticamente. Perché il free nasconde modelli di business talvolta discutibili. Gli ecosistemi si evolvono e per sopravvivere occorre pensare le cose diversamente
Stephen King va capito. La sua è la storia di un insegnante di provincia con la passione per la scrittura, che per anni si è visto respingere romanzi prima di azzeccare quello giusto, Carrie. Da allora è stato giustamente riempito di soldi per ogni riga della sua incredibile produzione letteraria. Non sorprende che uno come King, di fronte all’ipotesi di dover pagare per restare su Twitter con la “spunta blu” (l’account verificato), sia insorto: “Fanculo, sono loro che dovrebbero pagarmi”. Come il re dell’horror, sono in molti da un paio di giorni a reagire con orrore all’ipotesi che Elon Musk introduca forme di pagamento per utilizzare il social media più amato da politici, giornalisti e scrittori.
Dopo aver acquistato Twitter per 44 miliardi di dollari, al termine di una battaglia legale durata mesi, Musk è entrato nel quartier generale della società a San Francisco e ha cominciato a fare Musk, come era scontato. Ha cacciato lo stato maggiore, avviato un piano di tagli del personale, portato in Twitter la sua squadra di consiglieri fidati e impostato i primi passi di una strategia riassumibile in un concetto: come estrarre valore da una piattaforma con un potenziale enorme, usata in tutto il mondo, che non riesce però a fare profitti.
Il Financial Times, che come molti giornali è ossessionato da Musk, ieri ha raccontato in prima pagina con una punta di indignazione che il nuovo capo di Twitter ha costretto i dipendenti nel fine settimana a fare gli straordinari per tirar fuori un piano per la gestione delle “spunte blu”. Come se nel mondo corporate, di cui il Financial Times è la bibbia, questa violazione del weekend dei manager fosse una cosa anomala.
Il progetto di Musk è una sorta di membership per twittare con un profilo premium, ma non più legato a una verifica sull’identità. Le indiscrezioni che parlavano di un abbonamento da 20 dollari hanno fatto indignare King, che ha minacciato di andarsene da Twitter. Musk prima gli ha risposto contrattando sul prezzo: “Che ne pensi di 8 dollari?”. Poi questa sera ha confermato che pensa proprio a un’offerta a questo prezzo, aperta a tutti – non più solo ai presunti Vip – e che permetterà di accedere a una serie di servizi extra.
I metodi di Musk possono non piacere, ma ciò che il caso “spunta blu” segnala è legato a un fenomeno più vasto, che il capo di Tesla e SpaceX sta cercando di interpretare. L’èra dell’internet e dei social tutti gratis ha finito il proprio ciclo e non è più né sostenibile economicamente, né accettabile eticamente. Perché il free nasconde la logica di modelli di business basati sulla compravendita dei dati personali, sulla violazione della privacy, sul dominio degli algoritmi. Il tutto per cercare di tenere in piedi i social alimentandoli solo di pubblicità.
Il trend che sta invece emergendo nel mondo dei contenuti è quello della membership. Da Netflix a Spotify, siamo sempre più disposti a pagare per ciò che prima ricevevamo gratuitamente, o per riceverlo senza pubblicità. La novità che sta introducendo Musk non è quella di pagare per i contenuti, ma di “tassare” chi li produce e li diffonde sulla sua piattaforma. Stephen King va capito perché ragiona con la logica di chi ha fatto fortuna fra gli anni 70 e i 90 del secolo scorso, quando i diritti d’autore erano gestiti in un ecosistema dei media non ancora sconvolto dalla rivoluzione digitale. Ma gli ecosistemi si evolvono e per sopravvivere occorre pensare le cose diversamente. A questo servono i visionari. Quando Musk immaginava razzi che rientravano a terra e auto elettriche che diventavano computer con quattro ruote, in molti lo hanno deriso. Oggi la Nasa sopravvive grazie a SpaceX e tutte le case automobilistiche stanno copiando Tesla. Musk ha mille difetti, pessime amicizie e un carattere terribile. Ma non si può non riconoscergli di essere un visionario.