Elon Musk (LaPresse)

l'aria è cambiata

Le relazioni economiche di Musk con i sauditi e la frecciatina di Biden

Pietro Minto

"Penso che la cooperazione e le relazioni tecniche di Elon Musk con altri paesi siano da indagare", ha detto il presidente degli Stati Uniti. Il ceo di Tesla, Spacex e ora  di Twitter è troppo vicino ai regimi?

Sarà stata l’euforia dovuta ai risultati relativamente buoni delle elezioni di metà mandato, o forse la grottesca serie di eventi che ha interessato Twitter nell’ultima settimana, ma mercoledì scorso Joe Biden ha deciso di esporsi nei confronti di Elon Musk. Lo ha fatto rispondendo a una domanda durante una conferenza stampa: “Signor presidente, crede che Elon Musk rappresenti una minaccia alla sicurezza nazionale?”. Silenzio in sala. Biden ha taciuto per qualche secondo, poi ha risposto: “Penso che la cooperazione e le relazioni tecniche di Elon Musk con altri paesi siano da indagare. Indipendentemente dal fatto che stia facendo o meno qualcosa di inappropriato, dico che vale la pena di controllare”.

Una dichiarazione pubblica che ha messo fine a mesi di sospetti, dubbi e silenziose accuse, dopo che il capo di Tesla, nell’ultimo anno, ha quanto mai espanso la sua influenza anche politica, dal fronte ucraino a Twitter. Ma a cosa si riferisce Biden quando accenna ai legami di Musk con altri paesi? Da tempo l’eccentrico imprenditore tesse una rete di relazioni economiche con nazioni e regimi non sempre alleate e amiche degli Stati Uniti e dell’occidente. 

Nel luglio del 2018 annunciò su Twitter di voler ritirare Tesla dalla borsa e di avere “assicurato i fondi” necessari per farlo, a 420 dollari per azione. L’idea svanì poco dopo ma bastò a convincere la Securities and Exchange Commission (Sec), l’ente che monitora la borsa valori, ad aprire un’indagine per frode finanziaria. Nel corso del processo sono stati rivelati i messaggi che l’imprenditore si scambiò con Yasir al Rumayyan, il direttore del fondo sovrano dell’Arabia Saudita, che pare dovesse finanziare l’impresa. Ma al Rumayyan si tirò indietro rispondendo tiepidamente al tweet, dicendo alla stampa di essere solo in contatto con Tesla. Seguì la replica piccata di Musk: “E’ una dichiarazione debole che non rispecchia la nostra conversazione. Avevi detto di essere veramente interessato a ritirare Tesla dalla borsa sin dal 2016”. La risposta di al Rumayyan fu molto netta: “Sta a te, Elon. (...) Noi non abbiamo ancora ricevuto nulla”.

 

Le cose devono essere cambiate da allora perché il recente affare da 44 miliardi di dollari con cui Musk si è comprato Twitter è stato finanziato, oltre che con la vendita di azioni Tesla (cosa poco gradita dagli azionisti), proprio dagli stessi sauditi e dal regno del Qatar. A inizio novembre il senatore democratico Chris Murphy aveva denunciato l’accordo per l’acquisto del social network richiedendo un’indagine da parte del Committee on foreign investment in the United States (Cfius), l’ente che si occupa di controllare gli investimenti stranieri negli Stati Uniti. “Mettendo da parte i vasti archivi di dati personali che Twitter ha raccolto sui cittadini americani – ha detto il senatore –, qualsiasi rischio che la proprietà straniera di Twitter risulti in un aumento della censura, disinformazione e violenza politica è un grave problema di sicurezza nazionale”.

La decisione di Murphy è stata sicuramente informata anche dalla questione ucraina, dove Starlink (sistema di comunicazione satellitare sviluppato da SpaceX, sempre di proprietà di Musk) è diventato fondamentale per l’esercito di Kyiv. Se questo ha dato all’imprenditore un peso geopolitico notevole, ha anche attirato le attenzioni di Washington, specie dallo scorso ottobre, quando, all’improvviso, Musk ha ritirato il suo appoggio logistico all’Ucraina chiedendo che qualcuno pagasse per l’attrezzatura

Negli stessi giorni, il capo di Tesla ha anche pubblicato alcuni tweet che sembravano cercare una exit strategy dalla guerra, delineando uno scenario di tregua molto favorevole a Mosca. Una vicinanza improvvisa nei confronti della Russia che, secondo Ian Bremmer, politologo e presidente della società di consulenza Eurasia Group, era dovuta a uno scambio telefonico tra Putin e Musk. Quest’ultimo ha smentito precisando di aver sentito il presidente russo soltanto diciotto mesi prima, ma per parlare di questioni spaziali. 

Finora Musk è sembrato intoccabile ma l’aria sembra essere cambiata. E forse, in tutto questo, c’entra anche la bislacca decisione di comprare Twitter.
 

Di più su questi argomenti: