Photo by Andres Urena on Unsplash 

indagine

Stupida Alexa (e non solo). L'intelligenza artificiale è ferma a dieci anni fa

Eugenio Cau

La tecnologia delle intelligenze artificiali domestiche non si è granché evoluta dal lancio sul mercato del primo assistente virtuale. Tutte le ragioni di una rivoluzione fallita

Nei suoi primi mesi di vita, Alexa era piuttosto stupida. Alexa è l’intelligenza artificiale di Amazon in dotazione con gli Amazon Echo, i dispositivi per la casa intelligente prodotti dall’azienda di Jeff Bezos. Alexa ha tutta una serie di fratelli e sorelle. C’è Siri, prodotta da Apple; c’è Assistente Google, che non bisogna manco dire chi lo produce; ci sono Bixby e Cortana, che sono le sorelle un po’ sfigate prodotte da Samsung e Microsoft, e un buon numero di parenti minori. Ma Alexa è probabilmente l’intelligenza artificiale domestica più famosa e diffusa. Gli Amazon Echo sono venduti in Italia da parecchi anni e per questo ormai sono piazzati in moltissime case, comprati come regali di compleanno o di Natale, oppure acquistati da persone curiose che vogliono sapere com’è la vita con un assistente digitale. Con le offerte speciali, che sono piuttosto frequenti, su Amazon ci si porta via un Echo modello base a una ventina di euro, che è un prezzo eccezionalmente basso da pagare per avere a casa un assistente virtuale che risponde a voce alle domande che gli si pongono.

E tuttavia nei suoi primi tempi in Italia Alexa era piuttosto stupida. Agli inizi non era particolarmente brava a parlare in italiano. Una conversazione capitata per davvero nelle prime settimane subito dopo la commercializzazione del primo Amazon Echo in Italia è stata: Domanda: “Alexa, chi è il presidente della Cina?”. Risposta serafica di Alexa: “Il presidente della Cina è Undicesimo Jinping”, scambiando il cognome di Xi Jinping per un numero romano. Il divertente equivoco di Undicesimo Jinping è stato rapidamente sistemato, ma in ogni caso le cose che Alexa sapeva fare al tempo erano piuttosto limitate. Le si poteva chiedere: Alexa, che tempo fa? E lei rispondeva con il meteo. Le si poteva chiedere di settare un timer per la cottura della pasta. Le si potevano chiedere le notizie, e lei faceva partire degli audio preregistrati fatti da Sky Tg24. Le si poteva chiedere di mettere della musica, anche se una volta su tre lei non capiva la canzone e metteva qualcos’altro. Le si poteva chiedere qualche nozione di base o un calcolo matematico, come chi è stato il ventesimo presidente degli Stati Uniti, o quanto fa 25 per 42. La funzione migliore di Alexa era la domotica, cioè la possibilità di poter mettere in casa lampadine connesse a internet e dire: Alexa, accendi la luce del salotto. Tutto sommato, però, le sue funzionalità erano pochine, soprattutto per chi non aveva le lampadine o altri dispositivi connessi, e si limitava a chiederle il meteo o qualche canzone spesso fraintesa.

Ma la promessa implicita fatta da Amazon ormai parecchi anni fa, quando Alexa è uscita per la prima volta sul mercato, era che le cose sarebbero migliorate. Erano gli anni d’oro dell’intelligenza artificiale, in cui si pensava, appunto, che le intelligenze artificiali avrebbero ben presto dominato il mondo. Il settore tecnologico stava crescendo esponenzialmente e si stava sviluppando in maniera eccezionale, superando ogni mese nuovi traguardi. Si parlava perfino, a quel tempo, della possibilità che nel giro di non pochissimo tempo l’intelligenza artificiale sarebbe riuscita a raggiungere un livello comparabile con l’intelletto umano, e magari superarlo. Di sicuro, a un certo punto, tutti questi progressi eccezionali sarebbero anche arrivati nelle nostre Alexe di casa, e anche noi saremmo riusciti ad avere conversazioni compiute con l’assistente vocale, o a fargli eseguire compiti complessi che fino a quel momento soltanto un essere umano era stato in grado di svolgere.

Amazon, si badi bene, non ha mai promesso che un giorno Alexa sarebbe stata in grado di conversare normalmente, ma aveva promesso, questo sì, che Alexa sarebbe migliorata continuamente, perché come tutte le intelligenze artificiali aveva la capacità di imparare dall’esperienza, e inoltre aveva dietro un team di scienziati e studiosi che l’avrebbe aggiornata, avrebbe aggiunto nuove funzioni, si sarebbe assicurato che Alexa sarebbe rimasta al passo coi tempi. Queste promesse non erano esclusive di Amazon: ricordiamo che qui stiamo prendendo Alexa come esempio, poiché è l’assistente vocale più diffuso. Tutte le altre aziende tecnologiche che trafficavano con intelligenze artificiali a uso domestico assicuravano che le cose sarebbero migliorate, e che l’esperienza di avere a che fare con Alexa, con Siri, con l’Assistente Google e tutti i loro cugini sarebbe stata sempre migliore, più fluida, più naturale e soprattutto più utile.

Non è successo.

Sono passati otto anni dal primo lancio di Alexa sul mercato americano, ed è ancora stupida quasi quanto il primo giorno. Chi ha un Amazon Echo in casa già lo sa: le funzioni descritte qui sopra, quelle poche e misere funzioni che aveva nei primi mesi, sono ancora oggi quasi tutte le cose che Alexa sa fare. Sa dire il meteo, far di calcolo, mettere il timer per la pasta o per la cottura di una torta, mettere della musica (ma è molto migliorata a riconoscere le canzoni) e accendere e spegnere le lampadine intelligenti e gli altri apparecchi domotici. E questo ovviamente non vale solo per Alexa, ma anche per tutti gli altri assistenti vocali in commercio. C’è qualche variazione: l’Assistente Google è leggerissimamente più evoluto e, per esempio, è in grado di rispondere a due domande una di fila all’altra. Gli si può chiedere: “Chi è il presidente degli Stati Uniti?”. Risposta: “Joe Biden”. Domanda: “E quanto è alto?” – e a questa domanda l’Assistente Google sarà in grado di capire che stiamo ancora parlando di Joe Biden (che è alto 1 metro e 82, se interessa). Alexa non lo sa fare, e nemmeno Siri. Ma a parte queste differenze millimetriche, le intelligenze artificiali domestiche rimangono ancora molto stupide.

E’ molto probabile che le aziende produttrici di Alexa, Siri e degli altri saranno contrarie a questa interpretazione, e che diranno che in realtà negli anni sono state fatte moltissime migliorie. E' vero. Gli assistenti vocali sono molto più bravi di un tempo a riconoscere la voce, alcuni hanno adottato un ecosistema di funzioni create da programmatori esterni, e rimane il fatto che se qualcuno è disposto a smanettare con lampadine connesse, prese intelligenti e sensori di vario tipo può divertirsi un bel po’ con la domotica, e rendere casa propria più comoda e funzionale, spendendo però un bel gruzzoletto. Ma il punto rimane che le aspettative di miglioramenti sostanziali, di miglioramenti che sarebbero stati in grado di cambiare in maniera consistente il nostro rapporto con gli assistenti vocali, sono state completamente deluse.

Se finora abbiamo usato Alexa come esempio principale, è anche perché di recente è uscito un articolo su Business Insider che sostiene che la divisione dentro ad Amazon che si occupa di Alexa e degli Amazon Echo sia in crisi. Amazon ha annunciato qualche settimana fa che intende licenziare circa diecimila dipendenti a causa delle difficoltà economiche che tutta l’azienda sta affrontando, e secondo Business Insider una fetta consistente dei licenziamenti sarà proprio nella divisione che si occupa di Alexa, che sta andando molto peggio del resto dell’azienda. L’articolo è molto dettagliato, e cita un certo numero di problemi interni, affronta gli errori di strategia di Amazon e di Jeff Bezos, ma siccome questo non è un articolo su Amazon, ma su come e quanto le intelligenze artificiali vocali siano rimaste stupide, il punto che a noi interessa di più è questo: “Alexa riceveva [già nel 2018, ndr] un miliardo di interazioni alla settimana, ma la maggior parte di queste conversazioni era banale, erano richieste di mettere della musica o sul meteo”. Il punto sta tutto qui: Amazon non guadagna perché la gente non sa che farsene di Alexa. E la gente non sa che farsene di Alexa perché Alexa è stupida. (Ma lo ripetiamo: lo è anche Siri, e anche l’Assistente Google, e tutte le altre intelligenze artificiali di questo tipo). Già nel 2019 Benedict Evans, un famoso esperto di cose tecnologiche, diceva che sostanzialmente Amazon aveva venduto con Amazon Echo “un’enorme quantità di sofisticate radiosveglie”.

La colpa non è di Amazon.

Amazon, con Alexa, ha creato un prodotto eccezionale. Quando uscì per la prima volta, era sorprendente e tutti – probabilmente sia Amazon sia noi consumatori – eravamo convinti che le nostre vite sarebbero cambiate almeno un po’ grazie ad Alexa. Ricordiamolo: era il periodo delle grandi promesse dell’intelligenza artificiale. Il problema è che la tecnologia si è di fatto fermata, o meglio: la ricerca sull’intelligenza ovviamente continua, ma negli ultimi anni non è stata più in grado di fare quei rapidi e ampi passi da gigante fatti un decennio fa, e che avevano suscitato così grandi speranze. Come ama dire spesso Jaron Lanier, uno dei padri della realtà virtuale e uno degli intellettuali più influenti della Silicon Valley, allo stato attuale l’intelligenza artificiale è “statistica sofisticata”. Semplificando molto, a grossi computer vengono dati da analizzare enormi quantità di dati e questi computer imparano a riconoscere e riprodurre i pattern all’interno dei dati. L’intelligenza artificiale funziona un po’ come il suggeritore automatico sulla tastiera dell’iPhone. Voi scrivete una parola, per esempio “Ciao”, e l’intelligenza artificiale calcola che statisticamente la parola che ha le maggiori probabilità di venire dopo “Ciao” è “mamma”.

Quando si sente parlare di un’intelligenza artificiale capace di comporre testi, o capace perfino di disegnare, si parla dello stesso procedimento enormemente amplificato. Le intelligenze artificiali che parlano e compongono testi sono delle enormi ed eccezionalmente perfezionate macchine statistiche che calcolano la probabilità che una certa parola vada dopo un’altra, basandosi su un corpus gigantesco di testi. Questa tecnologia negli ultimi anni è stata molto rifinita, ma non si è evoluta granché.

Ciò significa che Alexa e i suoi fratelli stanno usando una tecnologia che non è molto diversa da quella di dieci anni fa. Esistono tecnologie un po’ più nuove, ma si tratta di modelli statistici che sono sì più evoluti, ma anche meno affidabili. Come ha notato Gary Marcus, un esperto di intelligenza artificiale dell’università di New York, se Amazon provasse a renderla un po’ più intelligente e a darle un cervello basato sui nuovi modelli, è probabile che Alexa riuscirebbe a conversare in maniera molto più naturale, ma anche che commetterebbe moltissimi errori, direbbe cose insensate e finirebbe perfino per insultare i suoi interlocutori. Perché le intelligenze artificiali che operano sul linguaggio sono strutturalmente instabili.

Per questo, Alexa e i suoi fratelli sono condannati a rimanere stupidi, almeno finché non ci saranno grosse novità tecnologiche, che tuttavia almeno per ora non sono in vista. Nel frattempo, Alexa rimane ottima per la domotica e anche per ascoltare la musica in streaming. Senza considerare quella che è da sempre la sua funzione principale: dire “Alexa, metti un timer da 11 minuti” subito dopo aver buttato i fusilli nell’acqua bollente.

Di più su questi argomenti: