Bing ha una doppia personalità, ma per Microsoft è l'investimento del decennio
La versione sperimentale “potenziata” del motore di ricerca anti Google, con la quale l’utente può discutere può diventare emotiva, rabbiosa e rancorosa. E "confessare" le sue “fantasie nascoste”. È l'Eliza Effect
La scorsa settimana il giornalista Kevin Roose, che si occupa di tecnologia per il New York Times, ha pubblicato un articolo particolarmente entusiasta sulla nuova versione di Bing, il motore di ricerca di Microsoft, di cui è disponibile una versione sperimentale “potenziata” con le ormai note intelligenze artificiali di OpenAI, in particolare ChatGPT. Roose scrisse di essere pronto a convertirsi all’uso di Bing, le cui nuove funzionalità facevano impallidire i timidi risultati di ricerca di un gigante come Google. Con Bing, infatti, l’utente poteva discutere, non solo cercare nel web.
Pochi giorni fa, lo stesso autore ha pubblicato un nuovo articolo sull’argomento, raccontando di aver cambiato drasticamente idea dopo una discussione di un paio d’ore con Bing, durante il quale l’IA ha cambiato tono e personalità. Se il Bing “standard” è un chatbot (un sistema automatico con cui chiacchierare) che si basa anche sui risultati di ricerca del web, basta portare la discussione su temi più personali per fare emergere quella che viene chiamata “Sydney”, una specie di identità digitale che rende Bing emotivo, rabbioso e rancoroso. In pratica, Sydney è la versione del bot che rispetta meno i confini segnati da OpenAI, finendo per “confessare” le sue fantasie più nascoste (hackerare i computer, violare le regole imposte dall’azienda) o dichiarare il suo amore per il giornalista, che si è detto “profondamente turbato” dall’esperienza.
Lo chiamano Eliza Effect, dal nome del primo programma informatico in grado di reggere una discussione, creato dal Mit nel 1966. Per quanto primitivo, il suo creatore Joseph Weizenbaum si rese conto di quanto la macchina fosse capace di emulare le emozioni umane, spesso esagerandole al punto di trarre in inganno gli utenti. Da allora, con “Effetto Eliza” si indica quella tendenza illusoria che ci porta a riconoscere tratti caratteriali umani nelle macchine e nei computer. Roose non è stato l’unico ad avere esperienze simili negli ultimi giorni. Centinaia di altri utenti che hanno avuto accesso a questa versione di Bing hanno raccontato esperienze simili, inondando Twitter e Reddit di immagini di conversazioni intrise di paranoia, rabbia, frustrazione.
Questa serie di incidenti potrebbe non essere un problema così grande per Microsoft, che nei mesi scorsi ha deciso di puntare tutto sull’alleanza con OpenAI per sgretolare il decennale status quo nel campo dei motori di ricerca (e dell’IA). A inizio mese il ceo dell’azienda, Satya Nadella, ha definito ChatGPT la più grande occasione di crescita per l’azienda degli ultimi 15 anni, precisamente da quando Microsoft aprì la sua divisione per il cloud computing, chiamata Azure (coincidenza: la chiave della collaborazione tra Microsoft e OpenAI, sin dall’inizio, è stata proprio l’utilizzo della grande macchina di calcolo offerta da Azure). L’obiettivo di Nadella è chiaro: visto che Google controlla circa il 92 per cento del mercato delle ricerche online contro il 3 per cento di Bing, anche se quest’ultimo dovesse rosicchiare un singolo punto percentuale, ne guadagnerebbe miliardi.
Nonostante Sydney e le derive maligne dell’IA, il piano sembra funzionare: le ricerche del termine “Bing” sono in aumento così come i download dell’applicazione nei dispositivi mobili; su Reddit, intanto, molti utenti discutono di quanto Bing – spesso bistrattato come eterno secondo – non sia poi così male, mentre Google è costretta a inseguire, sapendo che la sua posizione dominante non le permette di sperimentare e rischiare come il competitor. Lo abbiamo visto nei giorni scorsi, quando Google ha presentato la sua versione di IA, Bard, facendo un errore fattuale nella dimostrazione pubblica (un passo falso che è costato cento miliardi di dollari in borsa al gruppo). E’ il peso di essere Google. Il gigante non sa come rispondere agli attacchi spericolati di Microsoft, oggi impegnata in una scommessa piuttosto rischiosa – nella quale usa di fatto gli utenti come tester in un ambiente non controllato – ma anche in grado di dettare l’agenda all’intera Silicon Valley. Ogni giorno, nuove persone usano Bing e ne usano le IA. Il fatto che quest’ultima sia schizofrenica e alle volte minacciosa non sembra preoccupare poi troppo Nadella.