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Cos'è Docent, il Tinder dell'arte lanciato in Francia

Mauro Zanon

L'iniziativa della collezionista d’arte francese Hélène Nguyen-Ban per rivoluzionare il mondo dell'arte: un'applicazione che fa incontrare la sensibilità artistica delle persone e le opere (poco note) 

Parigi. Docent, dal latino “docens” (insegnante), nella sua traduzione anglosassone fa riferimento al volontario che opera come guida o mediatore in un museo o in una galleria d’arte. Ma Docent è anche l’ultima iniziativa della collezionista d’arte francese Hélène Nguyen-Ban, un’applicazione capace di intercettare le emozioni artistiche delle persone attraverso l’intelligenza artificiale e avvicinarle alle opere d’arte che potrebbero/vorrebbero acquistare e far entrare nei loro spazi privati. 

Già ribattezzata la “Tinder dell’arte”, la start-up di questa francese che ha lavorato per Lvmh lanciando il prêt-à-porter di Marc Jacobs, prima di risollevare l’immagine dell’iconico marchio della haute couture parigina Nina Ricci, ha l’ambizione di rivoluzionare il mondo dell’arte a suon di algoritmi. Per farlo ha chiesto aiuto a Mathieu Rosenbaum, professore di matematica applicata all’École polytechnique di Parigi e star della finanza quantitativa (nel 2020, ha vinto il prix Louis-Bachelier, ricompensa europea che valorizza i più importanti contribuiti alla modellizzazione matematica nella finanza e al controllo dei rischi finanziari), ma anche a un piccolo e agguerrito battaglione di cervelli chiamato a sviluppare tecniche di raccomandazioni algoritmiche applicate all’arte contemporanea, capaci di cogliere i gusti e i colori preferiti degli utenti di Docent e avvicinarli in questo modo alle opere d’arte che desidererebbero collezionare. Per ora sono coinvolte nel progetto settanta gallerie e istituzioni di ventisette paesi, mille artisti e diecimila opere. 

Tra i cinquanta criteri che, secondo Hélène Nguyen-Ban, aiuteranno i fruitori di Docent ad avvicinarsi ai quadri, alle sculture, alle installazioni di loro gradimento, c’è anche “l’emozione procurata”. Ma come intercettarla? “L’algoritmo è capace di analizzare dei testi e identificare delle parole che qualificano la pratica di un artista, l’universo, l’ispirazione, il tema, etc., e di creare in seguito delle ‘deep connections’ che avvicinano gli artisti al di là dei criteri visivi di base”, ha spiegato a Madame Figaro la fondatrice di Docent. Che ha avuto l’idea di questa applicazione davanti a un reportage che illustrava in che modo, per la prima volta, una macchina era riuscita a battere un giocatore di go – gioco da tavolo nato in Cina circa 2.500 anni fa, molto popolare nell’Asia orientale e ancor più complicato degli scacchi – e a diventare persino più intelligente del giocatore. Come riportato da Madame Figaro, i ricercatori di Docent creano delle reti di neuroni che riflettono in maniera diversa da un essere umano, senza essere ‘corrotti’ dalle emozioni, con l’idea di mettere l’intelligenza artificiale al servizio del collezionista.

L’idea dell’app francese, però, non è quella di suggerire opere di artisti mainstream, ma inediti, sconosciuti, invitando i collezionisti ad uscire dalla loro echo-chamber e, perché no, acquistare direttamente dalla piattaforma. 
Hélène Nguyen-Ban, con il suo progetto di “Tinder dell’arte”, ha già sedotto la Banque publique d’investissement francese, che le ha concesso due borse. E presto arriveranno altri fondi. Padre vietnamita e madre alsaziana, Hélène trascorre infanzia e adolescenza in Africa, poi si trasferisce a Montpellier, prima di sbocciare nel mondo del lusso parigino. Oggi vive tra Parigi e Londra. “La mia testa, il mio cervello e la mia cultura sono piuttosto occidentali. La mia spiritualità è in Asia e il mio cuore in Africa”, dice. Nella capitale britannica, dirige Fluxus Art Projects, un fondo franco-britannico per promuovere l’arte contemporanea e sostenere in particolare gli artisti emergenti nei due paesi. Membro del Comitato internazionale della Tate Gallery e del Comitato Asia-Pacifico del Centre Pompidou, Hélène Nguyen-Ban vede l’arte come un modo per riunire la propria “identità frammentata tra l’Asia, l’Africa e l’Europa. Mi ispiro agli artisti di questi posti diversi del mondo. Tutte le loro opere fanno parte della mia famiglia”. 

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