tecnologia
Perché nello scontro tra telco e Ott serve puntare su tecnologia e mediazione dell'Ue
Come si può garantire una connettività sostenibile? Le ragioni del "conflitto" tra chi si prende cura dell’infrastruttura e tra chi veicola i contenuti creati dagli utenti
La lettera di 20 amministratori delegati delle principali telco europee non è passata inosservata. Il mittente era importante, il destinatario - l’Ue – ancora di più e l’oggetto decisamente scottante. Non è un climax per attirare l’attenzione, quella è già troppo altra e ha messo di fronte le due parti della barricata: gli operatori telefonici e gli Ott, ovvero le società over the top che forniscono, attraverso la rete internet, servizi, contenuti (soprattutto video) e applicazioni di ogni tipo.
Ancora una volta stiamo parlando dell’eterna lotta tra chi si prende cura dell’infrastruttura e tra chi veicola i contenuti creati dagli utenti. A “ComoLake2023”, la kermesse che ha l’ambizione di far incontrare e confrontare i decisori politici e aziendali, ieri pomeriggio è scoppiata la “tempesta perfetta”: nella giornata dedicata a ‘Tlc, reti e servizi’, infatti, erano sul palco due dei grandi protagonisti di questa battaglia politica a ogni livello, Google e Tim.
Ad aprire la discussione il ceo TIM, Pietro Labiola, che - parlando delle capacità delle reti - ha introdotto un tema caldo come la transizione verso trasmissioni video ad altissima risoluzione (4K e 8K) che potrebbero far esplodere ancora di più il traffico internet visto che già adesso “un utente italiano di rete fissa consuma mediamente 270 giga al mese”. Numeri impensabili qualche anno fa, ma di cui tener conto per non far saltare i conti. Il calcolo delle telco è semplice: senza un aumento delle tariffe, i costi di trasporto necessari per l’8K sarebbero pari a un miliardo di euro e andrebbero a colpire la redditività di un settore che è in crisi. Se non si vogliono alzare i prezzi per Labriola la soluzione è solo una: “Bisogna trovare dei meccanismi per incentivare gli Ott a rendersi conto che il trasporto dei dati è una risorsa scarsa che va ottimizzata: oggi non c’è nessun livello di incentivazione perché da una parte il cliente ha una tariffa (di rete fissa, ndr) ‘all you can eat’ e dall’altra parte (gli Ott) buttano quanti più dati possibile in rete”.
Una visione che non è piaciuta a Diego Ciulli, head of public policy di Google Italia, che ha ribadito la posizione della società americana: “L'idea che non abbiamo incentivi a investire sulla rete è semplicemente falsa. Il 99 per cento della strada che un pacchetto di dati percorre per arrivare dal data center all'utente è percorso su nostra infrastruttura - quindi siamo i primi ad avere interesse a alleggerire il traffico. E in effetti lo facciamo: le nostre tecnologie di compressione e l'uso di intelligenza artificiale ci permettono di ridurre il peso di un'ora di video di decine di punti percentuali ogni anno.”
Parole dure anche contro l’idea di un costo a carico degli Ott: “La tassa su internet è un'idea vecchia per risolvere un problema che non è mai esistito. Noi invece crediamo che la soluzione sia la collaborazione per far crescere l'economia digitale.” Scorrono le slide, ma forse i numeri da soli non bastano. I grandi generatori di traffico siamo tutti noi, i 270 giga al mese sono la fotografia dello stato attuale: le foto, i video, tutto quello che viene condiviso banalmente nelle chat con gli amici, consumano grandi quantità di dati. Non ci sono solo lo streaming e i feed dei social, ogni giorno si creano valanghe di informazioni da trasportare giusto verso le nostre nicchie. Averne la consapevolezza migliorerà la situazione? Difficile, quasi impossibile. Per garantire una connettività sostenibile sono necessari due ingredienti: la mediazione politica in capo all’Unione europea e la tecnologia. La vera difficoltà sarà farli amalgamare, e non basteranno certo i convegni.