Luddismo no grazie
L'intelligenza artificiale è una grande opportunità non una tragedia. Un dossier anti retorica
Tra rischi, sfide e responsabilità l'IA rappresenta una risorsa per il futuro della produttività. Ma servono più competenze
Open AI sta cercando di quotarsi a Wall Street e punta a un valore di 86 miliardi di dollari tre volte superiore a quanto era stimata soltanto sei mesi fa. Un’accelerazione che non è frutto di mera speculazione, ma rispecchia la diffusione dell’intelligenza artificiale, l’innovazione più dirompente di questo nuovo secolo, che alimenta con la guerra, la pandemia e il clima, le grandi paure del nostro tempo. Eppure se paura c’è, non impedisce la diffusione della IA nemmeno in Italia che è partita un po’ a rilento, ma sta recuperando. Lo dimostra l’indagine condotta da Talent Garden e dal Politecnico di Milano che il Foglio ha potuto leggere in anteprima (sarà presentata a Roma alla conference Edutech del 26 e 27 ottobre) e che ha coinvolto un campione di aziende e istituzioni italiane sia del pubblico sia del privato. Vediamo subito i risultati che mettono in discussione molte delle idee che circolano nel dibattito pubblico e sui mass media. “Il tema dell’Intelligenza Artificiale è altamente dibattuto nelle realtà lavorative italiane – scrive il rapporto – cattura l’interesse e la curiosità dei lavoratori anche perché molte organizzazioni hanno già introdotto o pensano di introdurre a breve tecnologie basate su IA all’interno dei processi lavorativi”. Le funzioni destinate a cambiare di più sono il marketing, la ricerca e sviluppo, la produzione. Per esse l’intelligenza artificiale è vista come un’opportunità capace di aumentare il grado di innovazione oltre che la produttività. Le sfide legate agli aspetti etico-legali e di protezione dei dati non destano grandi allarmi, mentre la possibile riduzione del personale è un aspetto che preoccupa, seppur in maniera non eccessiva.
Al sondaggio hanno risposto 393 persone appartenenti ai settori che sono e saranno più coinvolti: tecnologia dell’informazione e servizi (26%), istruzione e formazione (20,6%), manifatturiero e ingegneria (17,6%), banche e finanza (14,2). Il 70,7% delle organizzazioni dichiara che ha già adottato o adotterà a breve tecnologie AI. La percentuale non varia significativamente per dimensione aziendale. Le funzioni più coinvolte sono il marketing (52,7%), la ricerca e sviluppo e la produzione grosso modo nella stessa proporzione. Oltre la metà delle risposte considera l’intelligenza artificiale una opportunità perché migliora la “crescita del contenuto innovativo dei prodotti/servizi”, per il resto l’impatto maggiore sarà sulla “produttività” soprattutto nel settore della tecnologia dell’informazione e nei sevizi. Tutto bene madame la marquise? Siamo in pieno ottimismo tecnologico? Nient’affatto. Nessuno sottovaluta le sfide alle quali lavoratori, manager, dirigenti pubblici vengono sottoposti. Il 21% di chi ha risposto sottolinea quelle legate all'etica, alla legalità e alla protezione dei dati. Il 18% si preoccupa di una riduzione del personale (18%) mentre solo il 2% prevede nuove assunzioni. Nel mondo dell’istruzione prevalgono le questioni etiche e legali, la sicurezza è un cruccio generale, mentre a temere l’impatto sull’occupazione sono soprattutto i bancari e gli operatori finanziari molte delle cui funzioni potranno essere svolte grazie all’impiego dell’IA. “L’introduzione di tecnologie di IA nei processi lavorativi – scrive il rapporto – porterà alla necessità di colmare un divario di competenze principalmente tecniche, ma anche trasversali”. A questo fine, la maggior parte delle organizzazioni sta pianificando di riqualificare i propri dipendenti, piuttosto che ricorrere a nuove assunzioni e all’outsourcing. Più della metà offre già formazione o ha intenzione di farlo a breve, focalizzandosi sulla conoscenza dei nuovi strumenti che saranno utilizzati nell’azienda, mentre a livello di competenze trasversali si punta sulla soluzione dei problemi e lo sviluppo della creatività. C’è, insomma, una Italia del lavoro che sta seguendo un percorso pragmatico, senza minimizzare l’impatto ad ampio raggio della nuova rivoluzione industriale. Nell’Unione europea il Digital Compass (la bussola digitale) si pone l’obiettivo di raggiungere il 75% delle imprese che utilizzino cloud, IA e Big Data. L’uso su larga scala dell’intelligenza artificiale soprattutto se generativa apre una serie di questioni sottolineate anche nell’indagine di Talent Garden e del Politecnico e la Ue sta cercando un compromesso per affrontarle senza frenare l’innovazione. L’IA è una tecnologia duale, il conflitto in Ucraina e anche quello appena scoppiato a Gaza mostrano già il suo ampio utilizzo. In aprile all’Aia s’è tenuto il primo vertice internazionale alla ricerca di un codice di condotta, consapevoli che l’intelligenza artificiale abbia già cambiato il paradigma della guerra e della pace.