Gli strumenti che servono alle democrazie per vincere la guerra dell'informazione
Il professore francese David Colon ci spiega gli stravolgimenti delle Ia, le iniziative di Macron e la protezione dalle incursioni straniere
Parigi. “Dalla fine della Guerra fredda e con l’avvento dei media digitali e di internet, l’informazione è diventata un elemento essenziale della potenza degli stati e lo spazio informativo si è trasformato in un campo di battaglia. Nel dossier israelo-palestinese, Hamas ricorre all’informazione digitale e ai social network per fare leva sull’opinione pubblica internazionale e ostacolare la superiorità militare di Israele. Ciò a cui stiamo assistendo in questo momento è una guerra dell’informazione tra Hamas e Israele, una battaglia a colpi di condivisioni sui social attraverso la strumentalizzazione dei dispositivi pubblicitari delle piattaforme che amplificano le rispettive narrazioni. Entrambi i belligeranti ricorrono a questa tecnica”. David Colon, professore a Sciences Po, dove insegna Storia della propaganda e delle tecniche di comunicazione persuasiva, ha appena pubblicato un saggio su quella che lui definisce “la Terza guerra mondiale”, una guerra non rumorosa e sanguinosa come quella che si consuma sul campo, ma altrettanto insidiosa e decisiva per il futuro dell’occidente, dal titolo: “La guerra de l’information. Les Etats à la conquête de nos esprits” (Tallandier).
“E’ una guerra dove la posta in gioco è l’opinione pubblica, il che conduce le due parti, israeliana e palestinese, a mobilitare il maggior numero possibile di alleati e partner statali e non statali. E’ una guerra totale: non è certamente tragica quanto quella che si svolge a Gaza sul campo, ma è altrettanto decisiva nella misura in cui può produrre effetti molto concreti, effetti diplomatici ma anche presso le popolazioni, attraverso manifestazioni e moltiplicazione di atti antisemiti come accaduto di recente in Francia”, spiega al Foglio David Colon. L’intelligenza artificiale “ha già cambiato l’arte della guerra dell’informazione”, secondo Colon, “da diversi anni i progressi tecnologici di apprendimento hanno permesso una produzione più industriale di contenuti sintetici, false immagini, false registrazioni audio, falsi profili sui social media. Già ora si constata l’uso su grande scala dell’intelligenza artificiale da parte di un certo numero di agenti dello stato, ma questi strumenti sono ormai alla portata della maggior parte delle persone. Ciò ha come conseguenza una propagazione allo stesso tempo più rapida, importante e mirata di contenuti, siano essi veri o falsi, fatto che conferisce una dimensione inedita alla propaganda sulle piattaforme digitali”.
Il 12 novembre 2019, in occasione del Forum di Parigi per la Pace, undici organizzazioni annunciarono la creazione del Forum sull’informazione e la democrazia, organo incaricato di formulare delle raccomandazioni sulle norme dello spazio della comunicazione e dell’informazione. L’iniziativa era stata salutata dal presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, nel discorso inaugurale, che citò “il Partenariato sull’informazione e la democrazia portato avanti da Reporter sans frontières”, e parlò di esempio di “innovazione concreta che permette ad attori diversi tra loro di agire assieme”. “Su impulso della Francia, dal Forum è nato l’Osservatorio internazionale sull’informazione e la democrazia, ossia l’equivalente nel campo dell’informazione del Giec, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico. La Francia ha preso anche altre contromisure per farsi trovare pronta: nel maggio del 2017, è stato creato il Comcyber (Commandement de la cyberdéfense), organismo dipendente dal capo di stato maggiore degli eserciti focalizzato sulla cyberdifesa, e più recentemente la diplomazia si è dotata di una sotto-direzione specializzata nella risposta dinanzi alla manipolazione dell’informazione”, sottolinea David Colon.
Lo scorso settembre, l’inquilino dell’Eliseo ha lanciato i cosiddetti “Stati generali dell’informazione”, con l’obiettivo di “proteggere l’informazione libera dinanzi alle ingerenze straniere”, di rispondere alle sfide dell’intensificazione della guerra dell’informazione condotta dalle autocrazie. “La guerra dell’informazione si svolge su più piani, dal cyberspazio ai servizi segreti, agisce spesso nell’ombra, è difficile da cogliere, da intercettare, ma riguarda tutti senza che noi ne siamo necessariamente coscienti. Ognuno di noi può essere allo stesso tempo vittima o partecipante di questa guerra”, dice Colon, prima di aggiungere: “Il grande pericolo che corrono le nostre democrazie è lasciare che gli stati autoritari raggiungano i loro obiettivi, ossia rendere instabili e fragili dall’interno i sistemi democratici. Le democrazie devono rispondere e lottare per la difesa del loro modello, per la protezione del loro spazio informativo dalle incursioni straniere, difendendosi attraverso l’informazione, non contro l’informazione”. Il primo paese a prendere coscienza dell’offensiva anti occidentale condotta nel campo dell’informazione dalle autocrazie è stata l’America. “Nel 2014, Hillary Clinton dichiarò che l’America e le democrazie occidentali stavano perdendo la guerra dell’informazione. Da allora gli Stati Uniti hanno preso alcune misure per rispondere a questa guerra. Ma bisogna constatare che i paesi autoritari che considerano l’America come il nemico principale, Russia e Cina, hanno già vinto un certo numero di battaglie. Una di queste, tra le più importanti, non si svolge sul suolo americano, ma su scala globale attraverso una riconfigurazione dello spazio informativo. Siamo partiti nel 1990 con una forma di egemonia americana sull’informazione mondiale attraverso la Cnn, le agenzie stampa, i servizi segreti americani, il soft power, ma oggi non si può più parlare di egemonia americana. La Russia, la Cina, la Corea del nord e l’Iran hanno dedicato molti sforzi non solo per contrastare questa egemonia, ma anche per costituire uno spazio informativo ampiamente indipendente e più grande di quello degli Stati Uniti. La guerra dell’informazione è una guerra mondiale che oppone i regimi autoritari alle democrazie”.