Dipendenze e profitti
Dopo la "congiura", Microsoft vince tutto: prende Altman e spolpa OpenAI
La multinazionale statunitense d'informatica ha fatto scacco matto e ha vinto il fine settimana più confuso della storia recente della Silicon Valley. Ma non senza polemiche
Satya Nadella, il ceo di Microsoft, ha vinto il fine settimana più confuso e decisivo nella storia recente della Silicon Valley. I fatti sono ormai noti ai più: venerdì il consiglio d’amministrazione di OpenAI ha licenziato il co-fondatore e amministratore delegato Sam Altman, grazie anche all’astrusa struttura della società (nata come non profit e finita per contenere una divisione a scopo di lucro); poi ci ha ripensato, e Altman pareva destinato a tornare; infine, domenica, l’addio ufficiale, al quale è seguito l’annuncio di Nadella, che ha dato il benvenuto in Microsoft ad Altman e Greg Brockman, altro co-fondatore di OpenAI. Qui “guideranno un team di ricerca sulle IA avanzate” mentre Microsoft rimarrà “impegnata nella nostra collaborazione con OpenAI”.
Scacco matto, quindi. Anche perché il “golpe” che ha portato alla rimozione di Altman rischiava di ledere particolarmente Microsoft, che ha investito decine di miliardi nella società, e il cui titolo in borsa era infatti sprofondato nelle ultime ore di venerdì. Nel giro di circa 72 ore Nadella ha rovesciato il tavolo, sottratto i due leader di OpenAI pur mantenendo un’alleanza con la società, che a questo punto non può fare a meno del supporto di Microsoft. Sviluppare e mantenere i grandi modelli linguistici che sono alla base del funzionamento di ChatGPT richiede infatti enorme potenza computazionale: server e chip costosissimi ed energivori, che vengono gentilmente offerti da Azure, la divisione di Microsoft per l’infrastruttura web, e su cui si basano i prodotti del gruppo e di OpenAI. A tal proposito, proprio pochi giorni prima della caotica uscita di Altman, Microsoft aveva presentato due nuovi chip, Maia 100 e Cobalt 100, il primo dei quali è pensato espressamente per le intelligenze artificiali e dovrebbe abbassare i costi operativi, oltre che permettere all’azienda di rendersi indipendente da Nvidia, realtà del settore che produce i chip più diffusi per le IA.
Gli incredibili fatti dello scorso fine settimana hanno confermato come la battaglia tecnologica per le IA generative passerà sempre di più per l’infrastruttura web di Microsoft, che non ha intenzione di rimanere indietro nel momento più delicato come le accadde anni fa, agli albori dell’èra mobile, quando fallì il lancio del suo sistema operativo per dispositivi mobili, Windows Phone. Una scelta, quella di ritirarsi dalla competizione contro Apple e Android, che Nadella ha spesso indicato come uno dei suoi più grandi errori e rimpianti: sarà anche per questo che l’azienda punta tutto su questa nuova corsa all’oro, che si giocherà sul potenziamento dell’infrastruttura web e la vendita di servizi cloud sotto forma di chatbot, assistenti virtuali e altri prodotti tipo ChatGPT o Microsoft CoPilot.
Quanto alla nuova vita di Altman, l’ex di OpenAI potrà continuare la sua “missione”, come l’ha definita, senza preoccupazioni legate alle questioni etiche di un board come quello di OpenAI, non profit diventata accidentalmente un gigante. È difficile capire cosa succederà all’azienda che ha co-fondato: ieri 505 dipendenti di OpenAI (su un totale di circa 700) hanno chiesto le dimissioni del Consiglio di amministrazione, mentre su X (l’ex Twitter), decine di dipendenti hanno pubblicato lo stesso messaggio (“OpenAI non è nulla senza le sue persone”). Tweet che sembrano presagire a ulteriori dimissioni e uscite in favore di Microsoft, che è nella condizione di spolpare la realtà più promettente nel campo delle IA generative – il tutto senza una persona nel board o alcun investimento ulteriore.
Lo stesso Ilya Sutskever, tra i principali avversari di Altman, si è detto “profondamente pentito di aver partecipato” alla congiura del fine settimana, e ora spera addirittura di poter riunire in qualche modo l’azienda, che però sembra in trappola. Come ha notato il giornalista di Semafor Reed Albergotti, infatti, OpenAI ha un rapporto esclusivo con Microsoft, la quale è invece libera di lavorare e investire in altre aziende, oltre che essersi portata in casa Altman, Brockman e gli altri nomi grossi dell’alleata (la lista dei quali potrebbe crescere nei giorni successivi). Doveva essere un golpe, è finito per essere un’implosione che rischia di minare il futuro di OpenAI e fare la fortuna di Microsoft. E OpenAI ha fatto tutto da sola.