Il ritardo europeo sull'IA
Le previsioni di Alex Karp e il ruolo di regolatrice che s’è riservata l’Ue
Se pensate che oggi nel settore tecnologico potere e capitali siano concentrati, aspettate qualche anno e le intelligenze artificiali non faranno che acuire la situazione. A sostenerlo è Alex Karp, co-fondatore di Palantir Technologies, azienda di analisi di big data che può vantare diversi contratti con eserciti e forze di polizia di tutto il mondo, che al World Economic Forum di Davos ha offerto la sua previsione sull’impatto che le intelliegenze artificiali avranno nel futuro prossimo. Entro dieci anni, secondo Karp, il 95 per cento delle principali aziende tecnologiche sarà statunitense, proprio grazie all’incredibile vantaggio competitivo che poche aziende (americane) hanno nelle IA. OpenAI (e Microsoft), Google, Amazon, Apple: i soliti nomi, insomma, la cui posizione diventerà ancora più intoccabile.
Un ulteriore accentramento di potere che avrà ripercussioni politiche e belliche, visto il legame tra Big Tech e il settore militare e della sicurezza. Secondo l’analisi di Karp, in questo modo “l’esercito forte diventa più forte, le aziende di software forti diventano ancora più forti, le persone che sono in posizione di difficoltà diventano ancora più deboli”. L’Europa, in tutto questo, non sembra messa bene: il settore tech del continente risulta “anemico”, secondo Mister Palantir: “Qualsiasi nostro prodotto sarebbe la principale start up nazionale in Germania”. E figuriamoci in Italia.
Le parole di Karp sono arrivate quasi in concomitanza con l’incontro tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e Bill Gates, fondatore di Microsoft, il gigante che grazie alle IA ha recentemente superato Apple in valore. Un’ora a porte chiuse, si è parlato di fake news, cybersicurezza e altri temi che, a ben vedere, sono sempre più influenzati dalle aziende statunitensi. E all’Unione europea? Rimane il ruolo di regulator, come dimostrato negli ultimi mesi dalle decisioni contro Big Tech.
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