(foto EPA)

la decisione

La giusta vittoria di Meta contro la Siae

Carlo Stagnaro

Il Consiglio di stato nella diatriba sui diritti delle canzoni sulle piattaforme dà ragione alla società americana, rigettando me misure cautelari imposte dall'Agcm

Il Consiglio di Stato dà ragione a Meta: la tesi dell’Antitrust, secondo cui la piattaforma starebbe approfittandosi di Siae, non è fondata. Per la precisione, il Cds rigetta le misure cautelari imposte dall’Agcm nelle more della conclusione del procedimento principale. Ma i giudici amministrativi si spingono oltre e sono espliciti nel mettere in discussione la solidità dell’intero impianto accusatorio. La storia è abbastanza surreale. Per mettere a disposizione degli utenti attraverso la propria libreria digitale le canzoni degli artisti italiani, Meta deve disporre di una licenza Siae. Alla scadenza del precedente accordo, le due parti avevano avviato una trattativa: Meta era disposta a un incremento del tariffario di circa il 40 per cento, mentre la Siae pretendeva di moltiplicarlo per tre. Nell’impossibilità di trovare un compromesso, Meta decise di rimuovere tutti i brani Siae dalle proprie piattaforme. A quel punto entra in campo l’Antitrust: forte di una norma appena approvata e contenuta ironicamente nella legge annuale per la concorrenza del 2021, il Garante impone a Meta di riavviare le trattative e avvia un procedimento (che dovrebbe chiudersi entro il 31 dicembre) per abuso di dipendenza economica.

Infatti, la nuova disciplina introduce una presunzione di dipendenza economica quando di mezzo ci sono le Big Tech: ma pensare che sia questo il caso è semplicemente surreale. Infatti il Cds non solo boccia le misure cautelari imposte dall’Agcm, ma si spinge a demolire la sostanza dell’intero procedimento. Infatti, da un lato, Meta rappresenta solo una modesta fonte dei ricavi di Siae (meno dell’1 per cento); dall’altro, gli utenti possono comunque accedere al repertorio Siae su altre piattaforme; dall’altro ancora, la distanza delle posizioni negoziali non rappresenta in alcun modo la prova di un abuso. Il CdS molto opportunamente fa emergere ciò che il Foglio scrisse da subito: che regalare all’Antitrust un lasciapassare per i suoi teoremi, abbassandone lo standard della prova, ne avrebbe solo all’apparenza rafforzato la capacità di intervento. Più probabilmente, ne avrebbe semplicemente indebolito l’efficacia dell’azione.

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