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Bufale e caos. Ecco come sono i social secondo Elon Musk

Pietro Minto

X è tutto quello che era Twitter, ma senza alcuno filtro né vergogna, un sito le cui peggiori derive sono incentivate, e forse rappresentate, dal suo stesso proprietario, che è anche l’utente più seguito della piattaforma – e ha reagito all’attentato twittando il suo appoggio politico  a Trump

 Quando Twitter ha cambiato nome in X per volere del suo nuovo proprietario Elon Musk, molte persone si sono domandate “perché farlo?”. Ma soprattutto: “C’è una differenza  tra il fu Twitter e il nuovo X?”. Per spiegare il motivo del rebranding dovremmo rispolverare la fascinazione di Musk per la lettera X e probabilmente finire a parlare di psicoanalisi, ma la differenza tra i due social è diventata quanto mai evidente questo fine settimana, dopo l’attentato contro Trump.

Le ore successive a un evento simile – inaspettato, carico di tensione politica – sono da sempre uno stress test per le piattaforme social, in particolare per un sito come X, che è al centro del dibattito sull’attualità e particolarmente adatto al commento delle notizie in tempo reale (nelle stesse ore, Threads di Instagram era invece una lagna algoritmica). Insieme ai commenti, alle foto e agli inevitabili meme, però, su X si sono riversate anche moltissime bufale e teorie del complotto di ogni orientamento politico e tipo, che hanno potuto diffondersi indisturbate, grazie all’assenza di moderazione dei contenuti, pratica che Musk ritiene essere pura censura. Il risultato si è visto. I tagli voluti da Musk hanno fatto in modo che nessuno controllasse nemmeno i Trending Topics, che hanno promosso gli hashtag cospiratori (#falseflag e #staged), sostenuti da chi ritiene che il tutto sia stato una messa in scena o un complotto. 

Poi c’è stato il caso di Marco Violi, giornalista sportivo italiano finito per essere ritenuto da mezzo mondo il responsabile dell’attacco. Non è la prima volta che un incidente simile si verifica: il “vecchio” Twitter non era immune alle fake news (c’è un motivo se lo chiamavano “hell site”, sito infernale). Ma quanto successo questo fine settimana è una versione accentuata, sregolata e aumentata di quello che era stato Twitter. Ed eccola, insomma, la differenza tra Twitter e X: X è tutto quello che era Twitter, ma senza alcuno filtro né vergogna, un sito le cui peggiori derive sono incentivate, e forse rappresentate, dal suo stesso proprietario, che è anche l’utente più seguito della piattaforma – e ha reagito all’attentato twittando il suo appoggio politico  a Trump.

A un occhio ingenuo tutto questo potrebbe sembra un fallimento e, anzi, un segnale preoccupante in vista di un’elezione che si preannuncia delicata e infuocata. Non per X, però, che sembra aver apprezzato la vivacità del sito in questi giorni, tanto che il profilo ufficiale del social network ha concluso il weekend con un messaggio di sole tre parole: “global town square”. O, per dirla con il motto di Linda Yaccarino, ceo dell’azienda: “Succede tutto su X”. Proprio di tutto.