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Se i social diventano campi di battaglia, a dare le carte non saranno i garanti ma i generali

Carlo Alberto Carnevale Maffè

Su Telegram sembra verificarsi una paradossale inversione del principio di McLuhan: è il messaggio (criminale) a definire il mezzo (tecnologico), che quindi diventa a sua volta illegale. Il dibattito scivola dalla tutela della libera espressione alla minaccia alla sicurezza nazionale. Un campo minato

Un conto è il diritto all’insulto digitale, un altro è la minaccia alla sicurezza nazionale. Mentre non sono ancora chiare le modalità dell’arresto di Pavel Durov, fondatore e chief executive officer di Telegram, che diversamente da quanto accadrebbe in Russia, avrà diritto in Francia a un equo processo e a godere della presunzione d’innocenza, è doveroso orientare il dibattito in tema su un piano che non può più essere solo la pur importante tutela della libera espressione, ma che deve riguardare l’uso delle tecnologie per cruciali sfide di difesa e sicurezza.

   
Quando dovesse essere dimostrato che una piattaforma digitale, sebbene nata allo scopo di garantire il legittimo scambio di opinioni personali, viene sistematicamente utilizzata non tanto per la diffusione di fake news e insulti personali, bensì per il coordinamento di azioni militari aggressive, essa si trasformerebbe da mero supporto tecnologico alla libera espressione in una vera arma impropria, utilizzata per scopi che violano il diritto internazionale e supportano, direttamente o indirettamente, crimini di guerra. Su Telegram, dunque, sembra verificarsi una paradossale inversione del principio di McLuhan: è infatti il messaggio (criminale) a definire il mezzo (tecnologico), che quindi diventa a sua volta illegale. Se al fermo di Durov, inoltre, si aggiunge anche la recentissima informazione relativa ai veri finanziatori dell’operazione di acquisto di Twitter da parte di Elon Musk, il quadro che emerge fa spostare il focus dell’analisi dal territorio dei diritti civili al campo minato delle minacce militari e di sicurezza. In questo scenario, cambiano sia gli strumenti legali sia le giurisdizioni coinvolte.


Come è accaduto con le sanzioni che hanno negato alla Russia l’accesso al sistema di messaggistica SWIFT per la regolazione delle transazioni finanziarie internazionali, le autorità francesi, in questo probabilmente coinvolgendo l’Unione europea, dovranno valutare se adottare provvedimenti indirizzati a impedire o comunque a limitare le funzionalità tecnologiche di Telegram, in quanto tale piattaforma di messaggistica viene già oggi in tutta evidenza impiegata a scopi militari da parte dell’esercito aggressore, una volta che venissero raccolte le prove in tal senso. Non solo. Potrebbero anche esserci da parte delle istituzioni statunitensi gli estremi per un intervento cautelativo sulle azioni di X (ex Twitter), se fossero effettivamente verificate le interferenze e le influenze di oligarchi russi riconducibili al Cremlino nel “take over” orchestrato da Elon Musk.

  
Se tutto ciò dovesse davvero accadere, ci troveremmo probabilmente davanti a un fondamentale punto di svolta nei rapporti tra istituzioni democratiche e piattaforme di comunicazione sociale: l’intervento della politica non si limiterebbe più a imporre vincoli burocratici, talvolta pretestuosi, e a minacciare multe salate ma sostanzialmente innocue. Se le reti sociali diventano un’arma – non solo simbolica, ma reale – in mano ai nemici della libertà, l’agenda delle democrazie liberali deve attrezzarsi non solo giuridicamente, ma anche tecnologicamente per proteggersi dai rischi e dalle minacce. Non basteranno certo le buone intenzioni, tanto condite di ingenuità tecnologica quanto povere di fondi finanziari, dell’attuale strategia digitale europea per contrastare tale evoluzione: a fronte di regimi totalitari e criminali che da un lato proibiscono i social media nel proprio territorio e dall’altro li usano come un cavallo di Troia per infiltrarsi nell’infosfera occidentale, la risposta deve essere coordinata e integrata, e deve riguardare tutto lo stack tecnologico coinvolto: dalle tecnologie di base, alle infrastrutture di calcolo, dai device a i sistemi operativi, al software applicativo. Con le vicende di Durov e Musk rischia di finire definitivamente l’età dell’innocenza dei social media: se cessano di essere una piazza e diventano un campo di battaglia, il gioco d’ora in avanti lo condurranno non più i garanti ma i generali. E non è una buona notizia.