Limiti tecnologici
Big Tech vs Bruxelles: Apple toglie la sua IA agli utenti europei
Dopo l’intelligenza artificiale di Meta, niente Apple Intelligence per i consumatori Ue. Colpa delle “incertezze regolatorie” che inaspriscono i rapporti con le istituzioni del Vecchio continente col rischio di soffocare l'innovazione a suon di multe, conducendo l'Europa verso un pericoloso stallo tecnologico
La scorsa settimana, a Cupertino, in California, Apple ha presentato il nuovo iPhone 16, potenziato da Apple Intelligence, il servizio di intelligenza artificiale che l’azienda vuole implementare nel corso dei prossimi mesi. Negli stessi giorni, dall’altra parte dell’Atlantico, Apple ha attraversato momenti meno trionfali con la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che ha stabilito che l’azienda dovrà pagare 13 miliardi di dollari di tasse arretrate. Già a marzo Apple era stata multata per 1,3 miliardi di dollari per abuso di posizione dominante nel mercato della distribuzione di app, con il suo App Store, e negli ultimi anni aveva lottato invano per modificare il Digital Markets Act (Dma), la normativa sui mercati digitali dell’Ue. E proprio le conseguenze del Dma cominciano a influenzare le decisioni della società, che ha deciso di non rendere disponibile Apple Intelligence agli utenti e consumatori dell’Ue. Il motivo sono le “incertezze regolatorie”, come le ha definite l’azienda, che preferisce evitare di lanciare il servizio per non incappare in ulteriori multe. In questo, Apple segue l’esempio di Meta, che ha da poco rifiutato di portare le sue IA nel continente per lo stesso motivo.
L’aumento delle tensioni tra Big Tech e Unione europea non sembra preoccupare le istituzioni continentali. Anzi, Margrethe Vestager, Commissario europeo per la concorrenza, ha dichiarato di essere “abbastanza sollevata di non avere un servizio aggiornato con le IA nel mio iPhone”. Lo sarà un po’ meno l’azienda e i milioni di utenti nei paesi dell’Ue ma questo è il nuovo stallo tecnologico europeo, con Big Tech che reagisce ai limiti imposti da Bruxelles limitando i servizi disponibili nell’Unione.
L’attrito è tale che quest’estate, due ceo del settore, Mark Zuckerberg di Meta e Daniel Ek di Spotify, hanno pubblicato una lettera transcontinentale alle istituzioni europee per denunciare la “regolamentazione complessa e incoerente” ed esortarle a sostenere lo sviluppo di IA open source. “Una regolamentazione preventiva dei danni teorici delle tecnologie nascenti come l’intelligenza artificiale open source soffocherà l’innovazione”, hanno scritto i due, aggiungendo che “la regolamentazione complessa e avversa al rischio dell’Europa potrebbe impedirle di capitalizzare le grandi scommesse” del settore.
Oggi Apple sembra aver assunto un approccio meno combattivo, incassando diversi colpi senza lettere aperte: oltre a quelli citati, è stata costretta dall’Ue ad adottare lo standard di connettori USB-C per iPhone 15, nonostante le sue lamentele sull’innovazione soffocata, e a luglio ha raggiunto un accordo con l’Ue con la promessa di aprire il servizio “tap-and-go” di pagamenti via iPhone ad altri servizi non Apple. Questo chip per i pagamenti contactless, chiamato Near-Field Communication, era infatti esclusivo di Apple Pay e aveva suscitato l’ira della Commissione europea, che l’aveva accusata di ostacolare la concorrenza nel settore dei portafogli “mobile”. Il tutto avrebbe potuto concludersi con una multa che poteva ammontare al 10 per cento del fatturato annuo dell’azienda: per evitarla e chiudere un procedimento quadriennale, Apple ha proposto dei cambiamenti e ha aperto l’accesso ad altri servizi. Ma non è stato un successo trionfale nemmeno in questo caso, tanto che Vestager ha subito precisato che non si trattava “un accordo di pace” con l’azienda.
Un altro fronte aperto è quello di App Store e della cosiddetta “Tassa Apple”: l’azienda infatti trattiene il 30 per cento di tutte le transazioni avvenute attraverso lo store o applicazioni scaricate dallo stesso. Una tassa su cui Apple punta sempre di più sul settore dei “servizi” anche per compensare il previsto calo di vendite di iPhone, ma che sta generando grane con l’antitrust sia europea che statunitense. Su questo l’Ue ha comunque già ottenuto una vittoria discreta ma significativa, vista la monolitica presenza di App Store in tutto il resto del mondo. Da quest’anno gli utenti iOS possono infatti usare alcuni app store “alternativi” e non controllati da Apple, aprendo la strada al “sideloading”, la possibilità di scaricare app da fonti non ufficiali. Anche in questo caso Apple ha a lungo resistito nel nome della sicurezza degli utenti ma alla fine ha desistito, anche se l’implementazione di questi store alternativi sta andando a rilento. E per ora non ha rivoluzionato l’ambiente iOS – né è probabile ci riuscirà.