Foto ANSA

Decreto omnibus

Ecco perchè la stretta “anti-pezzotto” può rivelarsi controproducente

Riccardo Carlino

Con le nuove regole contro lo streaming illegale, le piattaforme dovrebbero inondare le autorità di segnalazioni, pena il carcere: solo per Google si tratta di oltre 10 miliardi. "Il rischio è ingolfare l'autorità giudiziaria e togliere risorse alla lotta alla pirateria", nota il capo delle relazioni istituzionali di Palo Alto

Nel suo ampio e variegato insieme di misure, il decreto omnibus si occupa anche di pirateria online. In base a un emendamento di FI e FdI, qualora i gestori di motori di ricerca, prestatori di servizi di accesso alla rete o piattaforma digitale sospettino “che siano in corso o che siano state compiute o tentate condotte penalmente rilevanti”, dovranno segnalarli immediatamente all'autorità giudiziaria o alla Guardia di finanza. Tradotto: le piattaforme sono obbligate a segnalare prontamente tutte le violazioni di diritto d’autore di cui vengano a conoscenza. Pena: fino a un anno di reclusione

Il coinvolgimento degli operatori della rete sembrerebbe utile e necessario, se non fosse che i casi di pirateria online presenti solo su Google, il più importante motore di ricerca al mondo, siano al momento 9.756.931.770. “Insomma, il Senato ci chiede di inondare l'autorità giudiziaria di quasi 10 miliardi di URL, e prevede il carcere se manchiamo una sola notifica” commenta su LinkedIn Diego Ciulli, head of Government affairs del colosso californiano: “Se la norma non viene corretta, il rischio è di fare il contrario dello spirito della legge: ingolfare l'autorità giudiziaria, e togliere risorse alla lotta alla pirateria”.

La lotta alla pirateria online è sostenuta a gran voce dalla Lega Serie A. Il motivo è che il 39 per cento degli italiani (dati Ipsos 2023) fruisce illegalmente di film, programmi o eventi sportivi live. Solo questi ultimi si sono tradotti in circa 285 milioni di euro persi per le piattaforme di streaming legali. Eppure, una stretta ulteriore potrebbe rivelarsi controproducente. 

Quali sono gli strumenti attuali contro il pezzotto

Il primo febbraio 2024 è stata lanciata Piracy Shield, una piattaforma sviluppata dalla startup Sp Tech, legata allo studio legale Previti, e donata dalla stessa Lega Calcio all’Autorità garante delle comunicazioni (Agcom). 

Attraverso Piracy Shield, grandi o piccoli operatori che detengono i diritti d’autore su prodotti di vario genere, una volta autorizzati dall'autority, possono segnalare gli indirizzi Ip e Fqdn (nomi di domini pienamente qualificati) legati a siti che stanno trasmettendo in maniera illegale un loro contenuto. In quello stesso momento, la piattaforma trasmette l’indirizzo incriminato a un pool di operatori, che provvedono ad aprire un apposito ticket e a oscurarlo nel giro di 30 minuti.

Dal 2 febbraio al 22 settembre 2024 sono stati eseguiti oltre 5 mila blocchi, con picchi di 410 indirizzi ip oscurati in un solo giorno. Intervenuto in un evento live di metà settembre dedicato alla lotta alla pirateria, Massimiliano Capitanio, commissario di Agcom, ha stimato che solo nelle prime due giornate di Serie A, siano stati oscurati ben 1.000 Fdqn e 500 indirizzi IP associati allo streaming illegale. Nello stesso contesto è stato annunciato un nuovo protocollo d’intesa con la Guardia di finanza che prevede l’emissione in maniera automatica delle multe (fino a 5mila euro) agli utilizzatori del “pezzotto”, (il decoder che consente l’accesso abusivo ai contenuti dei canali televisivi italiani ed esteri a pagamento), senza passare per una autorizzazione giudiziaria.

Ora il decreto omnibus sposta la questione sul piano legale. Ma l'introduzione di conseguenze penali così stringenti complica la strada per una battaglia alla pirateria sempre più veloce ed efficace.

“Fino a dove mi spingo io a controllare?” Si chiede Massimo Dal Checco, presidente di Anitec-Assinform (associazione delle tecnologie dell'informazione legata a Confindustria) intervistato a Radio24, secondo cui “l’amministratore delegato , appena ha il minimo dubbio potrebbe segnalare un po’ di più, per essere sicuro di non incappare in rischi” e scongiurare il rischio di finire un anno in carcere .Di conseguenza, le piattaforme arriverebbero a segnalare alle autorità ogni tipo di sito anche solo vagamente sospetto, riempiendo le procure con tonnellate di indirizzi web, in aggiunta ai miliardi di siti già adocchiati dai gestori dei motori di ricerca. Una montagna di dati che la giustizia italiana non sarebbe certamente in grado di smaltire con facilità, con l’effetto di distogliere risorse, tempo ed energie a misure più efficaci contro la pirateria online. L’intenzione dell’associazione, secondo Dal Checco, è semmai quella di lavorare ancora meglio sulla piattaforma Piracy Shield, in modo da renderla ancora più efficiente. Senza alcun potenziamento per le misure già esistenti e funzionanti, si rischia solo di spingere una battaglia giusta verso l’ennesima nebbia di burocrazia.

Di più su questi argomenti: