da Pisa

All'Internet Festival di Pisa emergono i paradossi dell'Italia sul digitale

Andrea Trapani

Dal 5g alla tecnologia “intelligente” ed empatica, l'appuntamento toscano ci rivela molte delle storture del nostro paese in tema di tecnologia e progresso

Dedicare quattro giorni a internet è anacronistico, ma Pisa non lo sa. Non stiamo scherzando, la forza di questa manifestazione che fa da collante tra la storia e il presente della rete è il dover trovare ancora una propria ragione di esistenza. Bisogna saperlo trovare, tra contraddizioni ed eventi in contrasto l’uno con l’altro.

 

Internet Festival, un’utopia tutta toscana

 

    

Siamo in Toscana, terra di campanilismi, orgogli locali e opinioni contrapposte che corrono parallele. Basti pensare la schizofrenia sul 5G con la giunta regionale che, alla fine, non ha mai preso le distanze da un nuovo (superfluo) studio pagato con i soldi dei contribuenti mentre (quasi) tutti gli scienziati e la stessa Agcom ne prendevano le distanze. Ecco, a Pisa, proprio all’Internet festival, la stessa Regione nel suo panel di eventi ha esplorato le modalità con cui la tecnologia 5G stia cambiando il panorama regionale, dalle opportunità per le imprese, fino alle sfide legate alla regolamentazione e alla privacy. Non è uno scherzo, anzi.

   

     

È stata una discussione seria introdotta da Albenzio Cirillo della Fondazione Ugo Bordoni che ha collaborato con la stessa Regione Toscana per la redazione della nuova Legge Regionale Disciplina in materia di impianti di radiocomunicazione, in funzione dell’introduzione della tecnologia 5G. Un cortocircuito che prende vita negli edifici del centro storico dove usare uno smartphone è spesso difficile perché la precedente legge nazionale sulle emissioni – sostenuta fantasticamente dalla vicina Empoli - non ha mai permesso di ottimizzare lo spettro delle frequenze con le necessità di operatori e cittadini. Forse è il caso di fermarsi, altrimenti diventa davvero necessario “festeggiare” la rete negli anni venti di questo secolo.

   

La rete è una cosa seria

   

    

Portare un concetto immateriale come internet tra le persone ha un senso quando si vuole andare oltre le paure irrazionali verso ciò che non si comprende. Il problema esiste e coinvolge anche la politica, inutile nasconderlo. Per questo è ancora utile ricordare come, in questa edizione, sia emersa una nuova generazione di tecnologia “intelligente”, empatica e amica dell’uomo, progettata per migliorare la vita delle persone, aiutarle nelle aree della salute, dell’assistenza e della didattica inclusiva. Solo belle parole? No. Se alcune esposizioni esistono giusto per stupire (non ce ne voglia il buon Abel, il robot umanoide iperrealistico), gli strumenti di oggi sono ben ancorati a quel magnifico percorso chiamato progresso. Il progetto “Pionieri dell’informatica” ha provato a raccontare che questa cosa chiamata internet non è mai stata immateriale, anche se probabilmente serve una buona prova di astrazione per capire quanto sia stato lungo arrivare fin qui: sono serviti ingegneri, fisici, matematici e tecnici per progettare e costruire alcuni dei primi computer italiani nati tra la metà degli anni cinquanta e gli anni sessanta. Parliamo della Calcolatrice Elettronica Pisana, dei computer della serie Olivetti Elea, e del Ferranti Mark, acquistato dall’Istituton nazionale per le applicazioni del calcolo di Roma. Storie sconosciute ai più, ma sono gli avi degli oggetti che diamo per scontati.

Internet Festival è solo una mostra di quel che abbiamo fatto? Sarebbe interessante saperlo dai turisti che invadono le strade intorno alla torre pendente, ma sono tutti così impegnati a inondare i social network con foto in posa che mai useranno la rete per scoprire che accanto a loro, fino a ieri, si festeggiava proprio internet. Peccato.

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