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L'Italia è troppo pigra e troppo analfabeta digitale per darsi davvero alla pirateria informatica

Giovanni Battistuzzi

Il nostro paese è l'ultimo in Europa per ricorso a contenuti e programmi piratati. I motivi di questa ottima notizia non sono però lusinghieri

C’era stato un momento nel quale tutta l’industria culturale mondiale sembrava dover capitolare a causa della pirateria audiovisiva. Poco più di un decennio fa si davano per buoni foschi scenari di imminente apocalisse, si leggevano titoli tipo “La fine imminente del cinema”, “Ecco chi bloccherà la musica”, cose così, mentre il De Profundis suonava quelle che potevano essere le sue ultime note. L’uomo è sempre incline alla tragicità. E va detto che questa tendenza ci ha fatto vedere, leggere, ascoltare cose parecchio belle. All’epoca, sul New York Times si leggeva che l’epicentro della pirateria era l’Italia, “il paese del tarocco e dell’illegalità audiovisiva”, dando per buona la tesi che sarebbe servita una massiccia azione punitiva contro l’illegalità per fermare tutto questo. 

   

Questa azione non c’è stata. Strano notare che nonostante tutto l’industria cinematografica e musicale siano ancora lì dov’erano al tempo, magari leggermente meno ricche, ma tutto sommato in salute. La pirateria è in fase di stallo. È continuata a crescere negli anni, ma è rimasta confinata a una netta minoranza, sempre più affrontabile. Anzi in leggero calo nel 2023. Lo certifica l’Euipo, l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale, nel nuovo report “Online copyright infringement in the European Union – films, music, publications, software and TV (2017-2023)”. 

   

L’ha combattuta il mercato, la tecnologia, non la polizia. Hanno fatto più e meglio Spotify e Netflix che le task force di esperti graduati. In quei settori dove qualcuno si è inventato dei portali capaci di fornire un buon servizio a un prezzo competitivo, come per quanto riguarda i contenuti cinematografici e musicali, l’utilizzo di metodi illegali è diminuito. A crescere, ma solo leggermente, è quella riguardante gli eventi sportivi e i software. 

   

Ancor più strano è sapere che quello che era “il paese dell’illegalità audiovisiva” in realtà è il paese europeo dove si fa meno ricorso a contenuti piratati. In Italia si ricorre poco alla pirateria, pochissimo rispetto ai paesi baltici e del nord Europa. E i motivi però dovrebbero preoccupare ben di più dello streaming illegale. Analfabetismo informatico e pigrizia ci relegano agli ultimi posti. Il secondo ci spinge a preferire pagare invece di cercare metodi alternativi. Il primo invece è un dramma che la politica dovrebbe affrontare e invece continua a ignorare. 

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