l'analisi
Cosa non torna nella triangolazione sullo spazio tra Starlink e l'Italia
Un eventuale accordo tra il governo e la società di Elon Musk solleverebbe diversi interrogativi: dall'impegno italiano nell'analogo progetto europeo Iris2 all'opportunità di affidare servizi così delicati a un privato. Qualche spuntoa
E’ di ieri la notizia, peraltro seccamente smentita da una nota di Palazzo Chigi, che la visita del presidente del Consiglio Giorgia Meloni negli Stati Uniti sarebbe stata anche occasione per un’accelerazione sulla chiusura di un contratto con Elon Musk e la sua Starlink per la fornitura di non si sa ancora quali specifici servizi da parte della costellazione di diverse migliaia di piccoli satelliti che gravitano in bassa orbita, ovvero a una altezza di circa 550 chilometri dalla terra.
Le informazioni sulla natura e il perimetro del contratto sono ancora piuttosto scarne. Ma proviamo a fare un po’ di chiarezza su quelle che potrebbero essere le finalità.
Già oggi Starlink offre servizi di connettività sul mercato italiano. Peraltro, a un prezzo sempre più competitivo rispetto all’offerta in fibra: 29 euro al mese (per un servizio portatile) più un costo di poco più di 300 euro per l’installazione del kit di ricezione satellitare. Starlink, in altre parole, va sempre più configurandosi come un potenziale e agguerrito competitor dei nostri operatori telefonici, soprattutto in quelle aree in cui la connettività in fibra fa fatica ad arrivare. La forza di Starlink in questo campo sta nel fatto che è l’unico operatore al mondo a poter offrire questo servizio, essendo stato il primo a mettere in orbita una mega costellazione. Altri operatori come Amazon con la costellazione Kuiper o Eutelsat con la costellazione one web sono ancora indietro.
Il nostro paese, grazie alle risorse del Pnrr, ha investito oltre cinque miliardi di euro per portare la fibra ottica a 1 giga e la connettività 5G nelle aree a mercato che rimangono ancora con una copertura insufficiente.
Appare dunque insensato dare ulteriori contributi pubblici (peraltro senza gara) a un operatore privato per fare quello che già sta facendo in autonomia, perseguendo con crescente successo il proprio interesse di profitto economico. Quindi bene sgombrare dal campo che il contratto con Musk e Starlink serva a sopperire alle lacune e ai ritardi – che certamente non mancano – nel deployment della fibra da parte di operatori come Open fiber, Telecom e Fiber cop.
Il contratto, in realtà, non sembrerebbe funzionale a utilizzare la costellazione dei satelliti di Starlink per incentivare la fornitura di servizi di connettività “general purpose” (servirebbe una gara come avvenuto per la fibra) o per incentivare la domanda di tali servizi satellitari (servirebbe uno specifico regime di aiuto autorizzato dalla Commissione). Il contratto sembrerebbe invece teso a predisporre servizi cosiddetti “govsatcom”, ovvero servizi di connettività strategica e classificata, per uso militare, per comunicazioni governative e istituzionali su dati sensibili che necessitano di essere criptate attraverso l’utilizzo di tecnologie e chiavi crittografiche. Ora, non è dato sapere se il servizio offerto da Starlink comprende anche la predisposizione della crittografia o se tale sviluppo tecnologico rimarrà in mano italiana.
Se questo, come sembra plausibile, è il vero perimetro del possibile accordo con Musk, alcune domande sorgono spontanee. In primis, in considerazione del fatto che da qualche anno è stata lanciata un’iniziativa europea per la messa in orbita di una costellazione denominata Iris2, che intende dare autonomia strategica all’Europa anche in questo campo.
L’Italia ha partecipato al finanziamento di Iris2 sia attraverso il finanziamento ordinario al budget gestito dalla Commissione europea sia con un ulteriore contributo che passa per l’Esa, l’Agenzia Spaziale Europea. Sarebbe dunque necessario capire come inserire e coordinare il contratto da 1,5 miliardi di euro con Musk con la progettualità europea. Si tratta di una semplice soluzione ponte nell’attesa che la costellazione europea sia operativa (non avverrà prima del 2031)? L’industria spaziale italiana avrà un ruolo abbastanza marginale nella costruzione di questa costellazione che è a guida francese. Nonostante ciò, una parte dei cosiddetti servizi hard gov sarà messa a disposizione dell’Italia. Tuttavia Iris2 arriverà a poche centinaia di satelliti orbitanti e solo una parte della sua capacità sarà dedicata a servizi govsatcom, forse questa “riserva” di capacità è considerata insufficiente dal governo italiano? Infine, l’Italia ha recentemente chiuso il finanziamento per un nuovo satellite geostazionario (Sicral 3) specificatamente dedicato alle comunicazioni strategiche in ambito militare. Questo progetto rimarrebbe in piedi nonostante la sua potenziale ridondanza con i servizi che potrebbero essere forniti da Starlink?
Rimane un’ultima e forse decisiva domanda: è ragionevole affidare un sistema di comunicazioni così delicate nelle mani di un personaggio come Elon Musk? Nell’ottobre del 2022 Musk decise unilateralmente di interrompere il servizio di connettività a fini militari fornito al governo ucraino per difendersi dall’aggressore russo. E’ saggio lasciare a lui la mano sull’interruttore? Un po’ di chiarezza su queste questioni sarebbe di aiuto.
Stefano Firpo, direttore generale di Assonime