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Intrattenimento del futuro

IA regista e tv immersiva. Ma siamo sicuri di volerci vedere sullo schermo?

Mariarosa Mancuso

Inclusività e accessibilità sono le parole magiche delle produzioni del futuro, in cui si prevede un successo mainstream per prodotti audiovisivi fatti interamente dall’intelligenza artificiale. Tutto sarà più redditizio e con meno barriere d'entrata per i talenti, ma un brivido di terrore scorre giù per la schiena

Il 2024 è stato l’anno della rincorsa. Nel 2025 vedremo il risultato. Un film fatto interamente dall’intelligenza artificiale. Coronato dal successo, un successo mainstream: non saranno cinque minuti di immagini confuse, senza personaggi e senza una storia. Lo annuncia Cristóbal Valenzuela, ceo di Runway. Si spinge a prevedere che avrà successo. Insiste: un successo mainstream. Non da cineclub, o da scienziati che applaudono la loro creatura dal punto di vista tecnico e nulla più.

Nel 2025 si passerà dalla sperimentazione all’esecuzione. Ecco a cosa sono serviti i 55,3 miliardi di dollari investiti nell’IA da gennaio a settembre del 2024, superando il traguardo previsto per la fine dell’anno. La concreta dimostrazione dell’impegno profuso da Hollywood nell’innovazione: in materia di storytelling, produzione, coinvolgimento degli spettatori.

Aspettate, prima di esultare. Ricordate che siamo già oppressi dalla posta elettronica, che qualcuno “rinuncia a satana” (inteso come Whatsapp o addirittura a internet), che ancora qualcuno ricorda i mal di testa dovuti agli occhiali per vedere i film in tre dimensioni (per non parlare della prospettiva forzata, senza il piano americano “inventato” dal cinema western e poi adottato da altri generi: il 3D ha solo il primo piano e il campo lungo, e un po’ fa impressione).

Edward Saatchi, ceo di Fable Studio, prevede la tv immersiva, gli spettatori potranno partecipare attivamente ai loro show preferiti. Verso la fine dell’anno – il 2025, dopodomani – potranno richiedere episodi costruiti su misura con loro stessi  e i loro cari integrati nella narrazione. I produttori tv avranno più soldi per nuove produzioni, una nuova vita per programmi con stagioni passate, daranno inizio a una nuova èra di spettacoli personalizzati. Ma davvero li vogliamo? Il cinema non serviva a vedere storie congegnate da professionisti, in luoghi diversi dal solito divano in salotto? (a meno che non sia quello dei “Simpson” o di “Friends”, ovviamente: ma che ci facciamo lì dentro, senza neppure una battuta da dire?).

Inclusività e accessibilità sono le parole magiche, per muoversi senza che alle novità facciano subito lo sgambetto. L’IA promette di abbassare le barriere d’entrata per i talenti, consentendo a voci diverse di farsi sentire, aiutando a coltivare stili diversi di racconti. La produzione, va da sé, sarà velocizzata e facilitata, tenendo conto delle sensibilità culturali e regionali.

Più degli applausi, viene un brivido di terrore giù per la schiena. Tutto sarà più facile e quindi redditizio, a cominciare dai flussi di lavoro. Quel che succede con le catene di montaggio. Ma l’originalità conterà ancora qualcosa? E l’ironia? Non le battutacce: quei momenti in cui uniamo una scena di cinque minuti prima con un particolare che vediamo dopo – sono le battute meglio riuscite, di solito.

Il futuro detto “dinamico” non pone solo problemi di noia – tipico della catena di montaggio (ma noi le automobili le vediamo finite). Ci sono anche problemi etici. Asteria film e Moonvalley stanno per lanciare Marey, un’intelligenza artificiale generativa eticamente addestrata. Quando compie le sue scelte, mette in primo piano la legalità e la trasparenza creativa – vuol dire che usa soltanto dati originali oppure autorizzati. Il modello è battezzato con il nome dello scienziato Étienne-Jules Marey, cronofotografo: pioniere nell’invenzione cinematografica e nello studio del movimento. Messo a punto in sei mesi di lavoro, non fa ricorso a tutti dati trovati in giro. Controlla che non siano protetti da copyright, e se lo sono paga il dovuto ai possessori della licenza. Forse in bitcoin.