Cose dai nostri schermi
Siamo vittime dell'ipnocrazia del duo Trump-Musk
Siamo nell’epoca del potere gassoso, in cui il presidente degli Stati Uniti e il ceo di X sono i veri profeti. Tanto che ogni giorno i nostri schermi ripropongono qualsiasi loro gesto o dichiarazione. Le loro narrazioni puntano solo allo stupore, e non alla verità, ma un libro di Janwei Xun ci spiega come affrontarle
Da ormai anni il settore tecnologico è dominato da Elon Musk, per molti motivi, sia per la varietà delle sue aziende che per la sua presenza ossessiva su X, dove detta l’agenda, commenta, critica e polemizza. In questo senso Musk è sembrato seguire il percorso del primo Donald Trump politico, quando a partire dal 2016, twittava a ore improbabili e costringeva politica e media a inseguirlo.
L’incontro tra le due figure, favorito dalle elezioni dello scorso novembre, ha portato la loro capacità di attirare, rubare e gestire l’attenzione altrui a livelli inediti. Ogni giorno, tutti i giorni, i nostri schermi ci restituiscono le ultime novità (promesse, polemiche, offese, saluti romani) del duo Trump-Musk – e anche chi non li vuole seguire è costretto a farlo.
Da un certo punto di vista, si direbbe che un bel pezzo di Occidente sia stato ipnotizzato, domato da un pendolo in movimento continuo, e caduto in uno stato di trance collettiva dal quale sembra impossibile svegliarsi. Ed è proprio questa la tesi di Ipnocrazia Trump, Musk e la nuova architettura della realtà, un saggio dello studioso dei media Janwei Xun da poco uscito per Tlon, che presenta l’Ipnocrazia come “il primo regime che opera direttamente sulla coscienza” e “indice uno stato alterato di coscienza permanente”.
È da ormai dieci anni che si discute di filter bubble, post-fact society e lo sgretolamento della realtà condivisa, ma l’analisi di Xun tratta gli schermi e i social media come strumenti psicologici (magici?) delicati, che con i loro bip e input, sospendono il senso di realtà e creano una dimensione parallela condivisa. Nella quale, e qui veniamo a Trump e Musk, i fatti non hanno un ruolo così decisivo, poiché “la realtà si è rotta in mille realtà” e “non esiste più un centro, nessuna narrazione unificante attraverso cui dare senso al mondo”.
Nell’Ipnocrazia, quindi, le persone credono alle bufale e alla propaganda non tanto perché gabbate dall’algoritmo malevolo (per quanto questo sia un tema, certo) ma perché “stanno abitando sistemi di realtà completamente diversi”. E ciascuna realtà ha i suoi “fatti”, i suoi personaggi, che non vengono scheggiati dalle smontature provenienti dall’esterno.
Non è un caso che la struttura del potere per come lo conoscevamo, con le sue istituzioni e prassi, si sia sfaldata: siamo nell’epoca del potere gassoso, di cui Trump e Musk sono i veri profeti. “Non mirano a convincere ma a incantare”, dice Xun, “le loro narrazioni non cercano la verità, ma lo stupore”. Anche per questo, quindi, il debunking delle bufale e il fact-checking non danno i risultati sperati, perché mettono al centro del loro bersaglio i fatti mentre il nuovo potere ipnocratico si basa su narrazioni, personaggi, colpi di scena, scandali e, appunto, stupore.
Una grammatica nuova, anti-politica, in cui il sistema di un tempo è costretto a manovre ridotte, ad esempio analizzando l’inclinazione del braccio teso di Musk, esposto nel giorno dell’inaugurazione della nuova presidenza Trump, per capire dove collocarlo nello spettro Nazista-Abbraccio. Non che sia inutile parlarne, ovviamente, ma non è efficace nel convincere un eventuale supporter di Trump (o di Musk, le due cose ormai coincidono) a cambiare idea. Significherebbe risvegliarli da uno stato di trance, serve altro.
Uno dei punti più interessanti del libro riguarda le intelligenze artificiali generative, definiti “generatori di realtà”, perché non si limitano a produrre testi o immagini ma “intere visioni del mondo, complete di logica interna, prove e argomentazioni”. Ogni risposta fornita da ChatGPT, Claude o altri servizi simili è un sistema a sé stante, generato su richiesta: il chatbot non deve essere per forza giusto, “deve solo essere coerente all’interno del proprio quadro generato”. Altro che filter bubble, quindi: secondo Xun, siamo alle “reality bubble”, ben più resistenti delle loro antenate.
Che fare quindi? Siamo come nel film Matrix, intrappolati in una realtà illusoria? Non proprio, perché il margine d’azione c’è, solo che prevede movimenti diversi e forse ancora poco chiari. L’Ipnocrazia, secondo Xun, non si combatte: si osserva. Resisterle è possibile e prevede il “rimanere in tensione tra realtà simultanee”, poiché l’ipnocrazia impone la decisione continua, una presa di posizione pubblica o personale, magari da affidare ai social. Decidere di non farlo e di resistere alla presa di posizione può essere la chiave: l’ambiguità come “spazio di libertà”, in cui cambiare senza cristalizzarsi in una posizione. Forse è così che l’ipnosi svanisce.
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