La risposta americana
Protezione o competizione? Il dilemma americano di fronte a DeepSeek
Per la prima volta, un'azienda cinese ha sviluppato miglioramenti sostanziali nell’architettura dei modelli di AI, utilizzando meno risorse. La sfida per i policy maker americani sarà trovare un equilibrio fra chi preme per controlli più stringenti e chi mette in guardia dai rischi di troppi interventi governativi
L’annuncio di DeepSeek, l’azienda cinese che avrebbe sviluppato modelli di intelligenza artificiale (AI) competitivi a una frazione dei costi dei leader americani, ha scosso mercati finanziari, mondo tecnologico e governi. Il titolo Nvidia, principale produttore di chip per l’AI, ha perso il 17 per cento in un solo giorno, mentre analisti e media hanno iniziato a parlare di possibile sorpasso tecnologico cinese. Ma quanto sono fondate queste preoccupazioni?
Le innovazioni introdotte da DeepSeek sono significative. L’azienda ha sviluppato miglioramenti sostanziali nell’architettura dei modelli che permettono di ottenere risultati simili a quelli raggiunti dai modelli americani di 7-10 mesi fa utilizzando meno risorse computazionali, in un trend di miglioramento di efficienza che caratterizza il settore da anni. Questi progressi nell’efficienza hanno catturato l’attenzione del mercato, alimentando speculazioni su una possibile riduzione della domanda di chip per l’AI.
Tuttavia, come sottolinea Dario Amodei, ceo di Anthropic, questa conclusione ignora una dinamica fondamentale del settore. Quando un’innovazione permette di ottenere gli stessi risultati con meno risorse, le aziende tendono a reinvestire i risparmi per sviluppare modelli ancora più avanzati. Questo fenomeno rispecchia il cosiddetto “paradosso di Jevons”, identificato dall’economista William Stanley Jevons nel XIX secolo. Studiando l’impatto delle innovazioni nelle macchine a vapore, Jevons notò che i miglioramenti nell’efficienza, invece di ridurre il consumo di carbone, lo aumentavano. Le industrie, invece di mantenere costante la produzione con meno carbone, sfruttavano i risparmi per espandere la produzione, portando a un consumo complessivo maggiore. Lo stesso accade oggi nel campo dell’AI: le innovazioni nell’efficienza non portano a una riduzione della domanda di chip, ma alimentano una corsa sempre più intensa verso modelli più potenti e sofisticati. Il valore marginale di avere sistemi più intelligenti è così elevato che le aziende sono disposte a reinvestire ogni risparmio in capacità computazionale aggiuntiva. Se un’innovazione permette di ottenere le stesse prestazioni con la metà dei chip, le aziende tenderanno a raddoppiare la dimensione dei loro modelli, puntando a risultati ancora migliori.
Le implicazioni di queste dinamiche vanno oltre il mercato dei chip. L’unico elemento davvero innovativo nel caso DeepSeek è che, per la prima volta, è un’azienda cinese a dimostrare i miglioramenti di efficienza. Questo fatto ha riacceso il dibattito sulla competizione tecnologica tra Stati Uniti e Cina, che continua essere al centro dell’agenda strategica di ogni amministrazione americana. In questo caso il dibattito ruota attorno all’efficacia e all’opportunità dei controlli all’esportazione di chip verso la Cina. Su questo tema si confrontano due visioni opposte, entrambe radicate in considerazioni strategiche per il primato tecnologico americano.
La prima posizione, sostenuta da Amodei e altri leader del settore, vede nei progressi di DeepSeek una conferma della necessità di controlli più stringenti. Ci sono due argomenti. Il primo è che se un’azienda cinese è riuscita a ottenere risultati significativi con 50 mila chip, diventa cruciale prevenire l’accesso a quantità molto maggiori di componenti. Il secondo riguarda la natura cumulativa del vantaggio tecnologico nell’AI. Sistemi più avanzati possono accelerare lo sviluppo di sistemi ancora più sofisticati, creando un effetto a catena che potrebbe alterare gli equilibri globali: anche un vantaggio temporaneo potrebbe tradursi in una leadership duratura.
All’opposto, la visione sostenuta da Nvidia e altri attori dell’ecosistema dell’innovazione mette in guardia contro i rischi di controlli troppo restrittivi sull’esportazione di hardware e software per AI. Le posizioni in questo campo sono diverse. C’è chi, come Yann LeCun di Meta, difende l’importanza di costruire tecnologie così rivoluzionarie in maniera “open source”, cioè il cui codice è accessibile e modificabile pubblicamente. Altri, come Nvidia, mettono in guardia su come l’intervento governativo mini le dinamiche competitive e di mercato che sono alla base dei processi innovativi.
La vera sfida per i policy maker americani sarà trovare un equilibrio tra queste esigenze contrapposte. Da un lato, è necessario proteggere il vantaggio tecnologico attraverso controlli mirati all’export che impediscano l’accesso a quantità critiche di componenti. Dall’altro, questi controlli devono essere calibrati per non compromettere la capacità delle aziende americane di generare i ricavi necessari a sostenere l’innovazione. L’evoluzione delle capacità di DeepSeek nei prossimi mesi, così come la risposta delle aziende americane, ci dirà se questo difficile equilibrio è raggiungibile.