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Armadi server in un data center a Norimberga (Foto di Daniel Karmann/picture alliance via Getty Images)
Sull'IA servono meno modelli irrealizzabili e più pragmatismo
L’Ue è in ritardo non solo nell’IA, ma anche in settori come il cloud e i servizi digitali avanzati. E l’Italia nel 2023 ha destinato solo 131 milioni di euro al venture capital per l’IA, contro i 2 miliardi investiti di Francia e Germania – cifre comunque lontane dagli standard statunitensi. Le imprese dicono che occorrono soluzioni concrete, non approcci normativi. Appunti
Il 29 gennaio, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha presentato la Bussola per la Competitività (Competitiveness Compass), la prima grande iniziativa della nuova Commissione ispirata al Rapporto Draghi.
Un aspetto cruciale della strategia sarà il rafforzamento degli investimenti, con un impegno condiviso tra gli stati membri e un ruolo centrale per il prossimo bilancio Ue 2028-2034. La Commissione ha fissato un obiettivo ambizioso: aumentare gli investimenti dal 22 al 27 per cento del pil entro il 2030, con un incremento compreso tra i 750 e gli 800 miliardi di euro. Un passo necessario per garantire un rilancio solido e sostenibile del sistema economico europeo.
Uno dei settori chiave individuati per innescare questo cambio di passo è proprio l’innovazione tecnologica. La Bussola, infatti, punta a rafforzare l’ecosistema delle start-up e scale-up, sostenendo lo sviluppo del cosiddetto deep tech e promuovendo iniziative strategiche come Apply AI e le Gigafactory di intelligenza artificiale. A questo si affiancherà un potenziamento di InvestEU e della Banca europea per gli investimenti (Eib), con l’obiettivo di mobilitare maggiori capitali privati e sostegno della competitività del continente.
Obiettivo che passa necessariamente anche dagli investimenti nel campo dell’intelligenza artificiale (IA), diventata oramai una necessità strategica per il futuro delle imprese. Un recente studio di Boston Consulting Group rivela che per l’89 per cento dei dirigenti d’impresa italiani, l’IA rappresenta la massima priorità, uno strumento decisivo per ottimizzare costi, migliorare l’efficienza e rafforzare la competitività. Le aziende che investono di più in IA generativa hanno non solo le migliori possibilità di ottimizzare e ridurre i costi, ma soprattutto di poter contare su un moltiplicatore assoluto di efficienza, capacità predittiva, trasparenza, redditività e resilienza, sia nella manifattura sia nei servizi.
L’improvvisa ascesa della cinese DeepSeek, capace di sfidare i colossi americani dell’intelligenza artificiale con investimenti relativamente contenuti, dimostra quanto il settore sia in costante evoluzione e soggetto a una concorrenza sempre più rapida. L’Europa, invece, sconta un ritardo strutturale non solo nell’IA, ma anche in settori chiave come il cloud e i servizi digitali avanzati, rendendo difficile la creazione di un’alternativa competitiva nel breve periodo. L’Italia, in particolare, resta indietro: nel 2023 (ultimo dato disponibile) ha destinato solo 131 milioni di euro al venture capital per l’IA, contro i 2 miliardi investiti di Francia e Germania – cifre comunque lontane dagli standard statunitensi.
Bruxelles e Roma hanno scelto un’altra strada, replicando l’approccio del Green Deal e di Fit for 55: produrre normative piuttosto che modelli industriali. Ne sono esempi l’AI Act europeo e la legge italiana che disciplina l’adozione dell’intelligenza artificiale. La definizione delle classi di rischio precede gli investimenti, imponendo oneri elevati a tutte le imprese utilizzatrici, non solo alle grandi piattaforme di IA.
Questa visione regolatoria, anteposta alla competitività e alla produzione, rischia di penalizzare fortemente le nostre imprese, a differenza di Stati Uniti e Cina che adottano strategie meno vincolanti.
Durante il mio incarico da presidente di Confindustria e adesso da presidente di Fiera Milano, ho vissuto e vivo in prima persona le difficoltà di un sistema produttivo che richiede risposte rapide ai cambiamenti del mercato globale. Cambiamenti che intercettiamo in anticipo con le nostre fiere, termometri dell’economia reale, dove si misurano le dinamiche di mercato e si colgono i segnali dell’evoluzione dei settori produttivi.
Da questo osservatorio privilegiato emerge una necessità chiara da parte delle imprese: evitare l’illusione di costruire un Modello nazionale di IA generativa e concentrarsi, invece, su soluzioni concrete e immediatamente applicabili, capaci di supportare la trasformazione del nostro sistema industriale.
Piuttosto che inseguire modelli irrealizzabili, l’Italia dovrebbe puntare su un approccio pragmatico, sfruttando le tecnologie già disponibili per rafforzare la competitività delle imprese. Ciò significa adattare e applicare le soluzioni IA alle esigenze specifiche delle filiere produttive: dalla gestione finanziaria alla logistica, dall’assistenza ai clienti alla sicurezza nei trasporti, fino al monitoraggio del turismo internazionale. Fino a una rivoluzione in tutto il settore sanitario e delle Life Sciences, mettendo a disposizione degli operatori italiani l’accesso con bassissimi tempi di latenza a miliardi di dati esperienziali realizzati nel mondo, nell’offerta di servizi per singola patologia o principio attivo.
Le basi per muoversi in questa direzione ci sono già. Al Ces di Las Vegas, una delle più importanti fiere globali dell’innovazione, 46 start up italiane selezionate dall’Ice hanno mostrato il loro valore, sviluppando applicazioni IA in diversi settori industriali e dimostrando il potenziale del nostro ecosistema tecnologico.
Sul fronte della formazione, invece, l’iniziativa Next Generation AI ha segnato un passo fondamentale: per la prima volta in Italia, il tema dell’intelligenza artificiale è stato affrontato in chiave educativa. L’evento, parte del programma “Scuola Futura”, ha riunito nei giorni scorsi oltre 1.500 studenti, docenti e dirigenti scolastici all’Allianz MiCo di Milano, trasformandosi in un vero laboratorio di idee, con l’obiettivo di promuovere le discipline Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) e integrare l’IA nel sistema scolastico, in linea con le misure previste dal Pnrr.
Queste iniziative possono rappresentare un primo passo verso un cambiamento concreto per la costruzione di un ecosistema in cui le imprese possano trasformare l’innovazione in risultati tangibili. Ma per riuscirci servono meno burocrazia, più investimenti e un’azione immediata per integrare l’IA nei processi produttivi. Solo così la sfida si trasformerà in un’opportunità per l’economia nazionale. Diversamente, Italia ed Europa rischiano di restare indietro in un mondo che avanza veloce.
Carlo Bonomi è presidente di Fiera Milano