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il girotondo
I lavoratori stanno per essere sostituiti dall'intelligenza artificiale? Spoiler: no
Secondo il Censis sono sei milioni le persone che rischiano il posto di lavoro. Ma nei settori più esposti non c'è panico. Per i matematici è impossibile che ciò accada, mentre il mondo bancario si prepara a promuovere investimenti in formazione e il settore finanziario si affida alla necessità della relazione personale con il cliente
Secondo uno studio del Censis realizzato in collaborazione con Confcooperative e presentato qualche giorno fa, l'impatto dell'intelligenza artificiale sul mondo del lavoro coinvolgerà circa 15 milioni di lavoratori, di cui sei a rischio sostituzione. In base ai dati analizzati e alle conclusioni tratte, il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini, invita a correggere subito questo paradigma, poiché “la persona va messa al centro del modello di sviluppo con l’intelligenza artificiale al servizio dei lavoratori e non viceversa”.
Tra le categorie individuate come a maggiore "rischio sostituzione" c'è quella dei matematici. Loro, però, non lo percepiscono. O meglio, sono fiduciosi e ottimisti. In effetti, nessuno conosce un figlio meglio di una madre e la matematica è a tutti gli effetti la base dell'intelligenza artificiale. “Non sono d’accordo con le conclusioni a cui è giunto il rapporto Censis” dice al Foglio il direttore dell’Unione matematica italiana, Marco Andreatta. "La modellistica matematica sta alla base dell’intelligenza artificiale", anche se c'è da distinguere tra intelligenza matematica e intelligenza artificiale: "Quest’ultima rappresenta la capacità di gestire grandi quantità di dati, quella matematica, invece, di dirigere questo fenomeno con la fantasia e l’intelletto umano". Dunque, “l’intelligenza artificiale supporta il lavoro dei matematici, soprattutto nell’analisi e nella catalogazione dei dati, attività che stanno diventando molto pesanti per la ricerca, ma non ritengo sia possibile una sostituzione del nostro lavoro."
La tecnologia ha sconvolto anche altri settori, tra cui quello bancario, ma l’allarme non sembra essere suonato nemmeno qui. Ciò che rimbomba, invece, è la consapevolezza di essere di fronte a grandi cambiamenti e a grandi sfide. “Un utilizzo eticamente corretto e consapevole dell’IA - che mantenga la persona, il suo intelletto e la sua professionalità al centro - sarà cruciale in futuro per semplificare e ottimizzare i compiti dei lavoratori anche del mondo bancario” dice al Foglio il direttore generale dell’Associazione Bancaria Italiana (Abi), Marco Elio Rottigni, che spiega in che modo la categoria si sta muovendo per tenere il passo con la tecnologia: “Le banche sono molto attive su questo fronte, promuovendo investimenti in formazione costante e adattamento delle competenze, fattori fondamentali per il benessere professionale, nonché socio-economico dei dipendenti e per contribuire in prima linea a una governance della “buona innovazione”.
Anche il mondo finanziario, secondo il rapporto Censis, è ad alto rischio, soprattutto per quanto riguarda il lavoro dei tecnici della gestione finanziaria. Un rischio che viene declinato dal direttore generale dell’Associazione consulenti finanziari, Luigi Conte, come una scelta, più che una strada senza via d’uscita. “Non cadiamo nella tentazione di massimizzare il ruolo dell’intelligenza artificiale deumanizzando i processi. Il rischio dipende da quanta consapevolezza e quanto senso di responsabilità vogliamo mettere nel progettare il futuro” dice al Foglio. Poi, sottolinea, “lavori strettamente legati alla riproduzione tecnica, dati, di elaborazione, possono rischiare a un impatto in termini di riduzione notevole, ma nemmeno in questo caso parlerei di estinzione”.
Un ulteriore settore coinvolto è quello legale, che guarda all'intelligenza artificiale "attraverso implicazioni giuridiche, etiche e sociali che dalla stessa conseguono, con maggiore riguardo al loro impatto sulla professione forense e sulla protezione dei dati personali" dice al Foglio il segretario generale dell'Associazione nazionale forense, Giampaolo Di Marco. L'obiettivo è identificare e prevenire i rischi, stabilendo regole e linee guida e, a tal fine, l'associazione ha elaborato Carta Etica Anf, che stabilisce sei principi fondamentali per garantire un uso dell’IA nel comparto giustizia che sia antropocentrico, trasparente e responsabile. Guardando al futuro, l’Anf è favorevole all'adozione dell’IA, ma insiste sulla necessità di normative più agili e di un coinvolgimento attivo dei professionisti nei processi legislativi. Inoltre, propone che "la professione forense possa avere un ruolo attivo nella sperimentazione e nel controllo degli large language models (llm), per affrontare le criticità legate alla trasparenza e affidabilità degli output generati dall’IA".
Anche l'ambito delle risorse umane, secondo il Censis, è particolarmente predisposto a una forte complementarietà con l’intelligenza artificiale. I suoi professionisti non sembrano spaventati, nonostante qualche scetticismo. “Gli strumenti chiave per la gestione positiva del cambiamento tecnologico riferito all’introduzione dell’intelligenza artificiale sono la formazione, lo studio e lo sviluppo di competenze, sia tecniche che trasversali” dice al Foglio la presidente dell’Associazione Italiana per la direzione del personale (Aidp), Matilde Marandola, che riguardo al rischio di essere "dominati" da questa tecnologia riconosce la “necessità di intervenire per potenziare le competenze”.
Più che come una minaccia, i giganti passi avanti della tecnologia sono percepiti come un'opportunità ed è chiara la consapevolezza di dover mantenere l'essere umano al centro dell'innovazione. L'intelligenza artificiale non sembra dunque un'ombra che ottenebra il futuro del lavoro, ma una luce da saper puntare verso nuove strade di sviluppo e progresso.