L'editoriale dell'elefantino

Cosa rende il Foglio AI un'opera d'arte

Giuliano Ferrara

Un mistero tecnologico avvolto in un enigma di cultura e pensiero. Un incidente straordinario che imita, altera e sublima la nostra vita. Distrugge e costruisce

Il Foglio di carta e inchiostro, scritto e titolato dalle macchine dell’intelligenza artificiale, non è uno scoop, è una bomba. Chi ha avuto e avrà la curiosità di leggerlo, pensando che dietro ogni articolo c’è una domanda di intelligenza naturale, fatta dall’orchestratore-direttore in carne e ossa, una domanda umana sull’attualità giornalistica e sulle idee e sullo stile per presentarle, e una rapidissima risposta superumana, algoritmica, che si legge più o meno (più più che meno) come un articolo scritto da me, da te, da loro, da chiunque batta una tastiera in redazione o da casa, chi farà questo sforzino di attenzione capirà che il Foglio AI è un vero giornale artificiale e un vero giornale tradizionale, una contraddizione in termini, una novità esplosiva, una potenzialità che distrugge e costruisce al tempo stesso, un mistero tecnologico avvolto in un enigma di cultura e pensiero.

 

                  

Non sono esperto in psicometria delle macchine, e dell’intelligenza artificiale conosco meno del minimo necessario, tantomeno mi raccapezzo nelle infinite questioni metodologiche e scientifiche implicate dalle macchine che giocano a scacchi oltre la perfezione, azzeccano le mammografie nell’infallibilità, entrano sovrane nei domini della fisica, della chimica, della linguistica, e trovano impensabili applicazioni universali nell’elaborazione dei dati in ogni campo. Conosco da vecchio del mestiere, umanisticamente, che cosa è un giornale, perché stabilisce una gerarchia del reale, offre ritmo al racconto dei fatti, consente passione e equilibrio, di volta in volta, nella condivisione delle idee. Non so dire, e mi pare di essere in buona compagnia, se le macchine algoritmiche pensino, se appartenga loro una logica, uno spirito razionale perfino potenzialmente superiore a quello dell’uomo dotato di linguaggio e di storia e di autonomia personale vivente, ma quella cosa di carta che avevo in mano martedì mattina, quelle quattro pagine, mi è sembrata un’opera d’arte nel senso in cui un Tiziano o un Giovanni Bellini o un Klee riproduce e imita, rappresentandola, la vita. O per lo meno il mestiere di raccontare la vita.

Se esagero “mi corrigerete” o mi perdonerete. Ma il mio sentimento era quello di un lettore autenticamente turbato. Il pezzo di cronaca politica interna o internazionale vabbè, si fa per dire. Il corsivo o Version di tanto ancora inferiore al Marcenaro sarcastico, ma su una propria strada ironica, vabbè. La stroncatura composta e convenzionale del libro di Severgnini sulla vecchiaia, vabbè, si può fare di meglio con più tempo a disposizione e con l’estro umano di un lettore. Ma le lettere, la discussione Led Zeppelin sui furti dell’IA alla creatività, e soprattutto l’incredibile scambio di idee tra un conservatore e un progressista sulla fattibilità e pregnanza del giornalismo delle macchine (terza pagina), non è più vabbè, è una roba forte, che scotta, che sfida la mia incredulità. Addestrata, sollecitata, oggi da persone umane, domani da altre macchine, la macchina dell’IA può produrre testi, romanzi, saggi, e fare molte altre cose su una scala sideralmente più vasta e più alta, trasformando la vita umana, condizionandola, esaltandola o avvilendola nel suo preteso primato sapiens, chissà. Ma che banalmente possa riprodurre un giornale quotidiano, introducendosi in quattro e quattr’otto, con un calcio d’avvio in forma di domanda, nel mestiere moderno che più di tutti è minacciato di obsolescenza, e in questo caso esaltandolo, è un incidente straordinario che imita, altera e sublima la nostra vita.
 

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.