
Recensire il Foglio AI
Recensire il Foglio AI. Grandi lezioni su curiosità e talento
In questo nostro doppio umanoide, c’è qualcosa di maieutico e socratico. Sorvegliare e accompagnare l'esperimento, che turba mentre sorprende, e qualche primo elemento è giù venuto dalle lettere (naturali) di lettori (in carne e ossa). Senza curiosità e talento umani non c'è il giornale artificiale
Cerasa rivolge alla macchina AI una gentile domanda. Per esempio: fammi una stroncatura del libro di Severgnini. Fatto. Oppure: Rispondi alla stroncatura nello stile di Severgnini. Fatto. Oppure ancora: immagina il dialogo tra un conservatore e un progressista in materia di tecnologia artificiale applicata al giornalismo, sviluppalo, scrivilo e dammi tot caratteri. Fatto. Oppure ancora: scrivimi un pezzo sulla crisi dell’amore romantico nella gioventù europea, guardati i sondaggi. Fatto. Oppure: Fammi il breve corsivo di prima, la AI Version, mettendo Meloni con irriverenza in contraddizione con le belle e lusinghiere cose che diceva nel 2016 sul Manifesto di Ventotene e accennando alla superiorità di memoria dell’AI sulla memoria umana. Fatto e rifatto, dopo due tentativi falliti perché giudicati noiosi. Oppure: scrivi un pezzo sulla passione dei figli per il fenomeno della musica Trap (il titolo del pezzo che ne è risultato è un geniale “Skrrt, Skrrt”, ed era nella proposta di titolo troppo lunga della macchina, è stato selezionato). Fatto. Oppure: stroncami il referendum abrogazionista sul Jobs Act. Fatto.
Nello scarto tra la capacità di domandare un servizio così particolare, in un certo senso inaudito, e quello di offrirlo in pochi minuti sta la virtù umana e professionale di questa enigmatica possibilità “virtuale” di confezionare un giornale che regge alla prova della scrittura e della lettura sollecitando la macchina e lasciando a lei il lavoro completo finale. Un interessante lungo articolo del País, che è il più importante quotidiano spagnolo (l’autore è Íñigo Domínguez), si occupa con curiosità del curioso esperimento di un “periódico de línea conservadora y liberal”, il nostro raddoppio artificiale dell’edizione naturale. Il País pone un sacco di questioni deontologiche esaminando il prodotto della prima edizione di martedì scorso e le motivazioni addotte dal direttore per l’esperimento. Dove prende le informazioni il giornale artificiale? Come le verifica secondo gli standard usuali della professione? Dove comincia e dove finisce la responsabilità della redazione umana? E le opinioni, come fanno a essere impersonali? E via con una descrizione del giornalismo del Foglio, basato su analisi e opinioni che fanno il surf sull’attualità pura delle notizie, in un formato e impaginato che sembra fatto apposta per ospitare il nuovo amico artificiale. Inoltre tutti nella stampa internazionale sottolineano, attribuendocene la rivendicazione, il nostro piccolo primato mondiale in fatto di giornale artificiale. E noi, pronti a riconoscere eventuali altrui primati, rispondiamo con Shakespeare: un cavallo, un cavallo artificiale, il nostro Regno per un cavallo. Ma non se ne sono visti, per adesso.
Credo sia bene sorvegliare e accompagnare l’esperimento, che turba mentre sorprende, con il nostro modo di leggerlo, e qualche primo elemento è già venuto dalle lettere (naturali) di lettori (in carne e ossa). In attesa delle impressioni ulteriori di lettori, redattori e osservatori italiani e no, anticipo qualche banale considerazione. Primo. Senza curiosità e talento umani (sebbene Cerasa appaia ormai un po’ come un Übermensch, un Surhomme) non c’è il giornale artificiale. Quando e se la domanda si ridurrà a una sola: fammi un giornale artificiale di notizie analisi e commenti, ne riparliamo. E anche in quel caso il calcio d’avvio per la raccolta e l’elaborazione dei dati sarà un atto storico di pensiero e umanità, perché il concetto di giornale, di analisi, di opinione è codificato in un linguaggio e in dati che non sono state le macchine a inventare, anche se ne stanno modificando i codici. Secondo. I pezzi macchinali, che sono di qualità variabile ma in genere ottimi, palatabilissimi, leggibili, informativi e analitici, hanno il sapore del plagio di umanità, nel senso che la personalità del loro autore unico, il software dell’AI, si maschera dietro culture, tendenze, scelte che hanno un sapore misteriosamente soggettivo, sono pezzi scritti da qualcuno, necessariamente più convenzionali del buon pezzo del buon giornale, cui aspiriamo e che spesso realizziamo o speriamo di realizzare con le nostre sole forze e la nostra memoria naturale dei dati. Terzo.
Dei dati e perfino delle notizie il Foglio se ne è sempre fottuto snobisticamente, perché è un giornale sveglio, tendenzioso, sottilmente tribunizio, unico nel genere dei giornali, nato e evoluto in circostanze particolarissime, con una coscienza culturale e professionale sboccata, ambigua, felicemente versatile, un tantino cattiva e una deontologia non ossificata o pietrificata. In funzione dello scarto tra le domande e le risposte, il nostro doppio umanoide riflette abbastanza uno status particolarissimo, quello di un uomo sedentario e pigro che non vuole perdere tempo a rispondere per iscritto quando può realizzare i suoi compiti di socializzazione e definizione linguistica del reale limitandosi a porre delle domande. C’è qualcosa di maieutico, di socratico, in un esperimento che ha i suoi rischi, che è e non è anche un gioco, novità e delizia tra le poche di questi tempi scabrosi.

Cose dai nostri schermi