E alla fine arrivò il coniglio crudo nel MasterChef degli analfabeti
La prima prova ha certificato lo stato penoso dell'Istruzione italiana. Concorrenti che non sanno chi è Giuseppe Verdi e hanno mangiato le palle di Mozart in autogrill. Prove buone, finale horror
Se la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, invece di convocare ogni giorno inutili tavoli di confronto e divulgare teorie moderniste, guardasse MasterChef, si renderebbe conto che i problemi della scuola italiana sono roba serissima, e che promuovere anche i cani perché altrimenti si creano complessi mentali ai ragazzi e cazzate sesquipedali del genere, è una cavolata enorme. Si prenda la prima prova. “Chi è Giuseppe Verdi?”. Silenzio di tomba, neanche avessero chiesto la distanza dei nuovi pianeti scoperti dalla Nasa dalla Terra. L’unica ad aprir bocca, con le sue vocali aperte al punto che servirebbero i sottotitoli, è stata Margherita: “Quello che ha scritto l’Inno d’Italia?”. Roba da vergognarsi. La Carmen Michele l’ha sentita in una pubblicità. Lui è giustificato, dopotutto è stato bocciato non so se tre o quattro volte al liceo artistico (ripeto, al liceo artistico). Valerio, invece, le “palle di Mozart” le ha mangiate in un autogrill. Ignoranti come capre, quasi analfabeti, ma dopotutto l’importante è che a MasterChef sappiano far da mangiare.
E almeno qui, i noiosi concorrenti rimasti, se la cavano abbastanza bene. Troppo, a mio insindacabile giudizio. Suggerirei agli autori di variare il registro: è il sesto anno di fila che ci viene propinato sto filetto alla Rossini e francamente non se ne può più. Seconda prova con gli ingredienti strani. Margherita sceglie per tutti il plancton, che è diverso dal fitoplancton, ma è comunque l'ennesima cagata vegana, che costa cinquemila euro al chilo e che – da quanto si è capito – fa schifo. Se ne metti poco, non si sente. Se ne metti troppo, rovini il piatto. Le due regine dell’antipatia, Gloria e Loredana, sono cadute nel tranello. E a vincere, infatti, è stata Cristina, che ha preparato delle “tagliatelle al plancton”. E vabbè. Va così.
Esterna all’insegna del tutti contro tutti. Palcoscenico, la Triennale di Milano. Ingredienti facili da combinare in modo da far divertire (sì, divertire) due severissimi e giovani giudici. Tensione alle stelle, errori terribili e poi arriva Barbieri con i suoi aiuti: “Mettici una polvere di qualcosa”. Che è come quando alla Maturità la mia prof di Latino, supplicata di un aiuto con la traduzione di Tacito, mi rispose leggendo in latino la frase che non capivo. E davanti al mio sguardo ormai senza speranza rispondeva: “Tutto chiaro, adesso, vero?”. Incubi ricorrenti.
Pressure carino, ma si può fare di più. Tra gavette da ospedale e cestini per il pranzo con crostacei che neanche nelle foto dei menù del Frecciarossa, la spunta Valerio. Duello finale terribile tra Loredana e Gloria, le due che tutti (pure voi che mi leggete) avevate dato per certe fra le prime tre. Gloria dà della "già arrivata" (cioè della vecchia ciabatta) a Loredana, mentre quest'ultima ci tiene a chiarire che lei amica di Gloria non è. Interessante. Detto questo, gara con meccanismo più incomprensibile dell'algoritmo di cui parla Caressa ogni domenica. Sottrazione, passo, scacco, mossa e contromossa "e quel che rimane è la spesa", dice Cracco. Boh. A Gloria si sfalda il rollé in padella, presenta quattro pezzetti di coniglio e spiega che lei usa il rollé per far inumidire i fegatini. Cannavacciuolo non ci casca, ma poi arriva Cracco a dirle che quella cosa è "molto buona". Ma Loredana, colpo di scena, fa quel che non avrebbe dovuto: lascia il coniglio crudo. E se ne va a la maison. Peccato, era brava.
editoriali