Gianni Boncompagni (foto LaPresse)

Non riesco a scrivere di te, Gianni. Parlerò di Alcide, lui sì che è morto

Giovanni Benincasa

Dialogo tra Boncompagni e il suo autore. Per un articolo su di lui

E’ morto De Gasperi!

 

Con questa frase Gianni Boncompagni si metteva a tavola. La diceva spesso, quasi per avvertire i commensali che tutto ciò che avrebbe detto durante quella cena sarebbe stato assurdo, cinico e beffardo. Gianni, che c’è? Non va bene l’inizio? “Commensali” è orribile? Boncompagni si metteva a tavola e con il consueto sarcasmo buttava lì una prima frase. Quasi sempre diceva: “E’ morto De Gasperi”. Lo so, “consueto” è peggio di “commensali”.

 

Ho conosciuto Gianni Boncompagni una sera di ottobre di molti anni fa.

 

Che schifo.

 

Gianni, contemplo la tua scomparsa da qualche tempo, come una stella. E’ un dolore dolce, morbido, preparato da settimane di viaggi nella tua preannunciata assenza. Mi manchi.

 

Ma no, no, no.

 

Quando ti chiedono un pezzo su Boncompagni ti senti sempre in difficoltà, da vivo e da morto.

 

E’ vero: sei morto solo una volta.

 

Boncompagni è stato un creativo puro, prestato alla radio e alla tv. Soprattutto, è stato un grandissimo scenografo. Di tutti i suoi programmi infatti ricordiamo sempre la “scena”, come se l’idea fosse solo un accessorio.

 

Troppo “tecnico” dici?

Gianni è stato un amico divertentissimo. Una volta lo accompagnai a una cena e, dopo aver annunciato la morte di De Gasperi, prese una forchetta e…

 

Ok, troppo personale.

Due anni fa proposi di realizzare una docu riportando Boncompagni in Svezia, dove Gianni era “emigrato” dal 1950 al 1960, per rivivere insieme quel periodo di stenti, privazioni e molti divertimenti a Stoccolma. Lo volevo chiamare “STOCK 84”, perché ormai era vicino a quell’età, ma il progetto non andò in porto. Sapete per colpa di chi?

 

Stocazzo.

Mio caro Gianni, mi hanno chiesto qualcosa per ricordarti ma sono troppo coinvolto emotivamente e questo pezzo commemorativo e celebrativo oggi non riesco a farlo, non ci riesco proprio. Potrei solo ricordare Alcide De Gasperi in apertura.

 

Non male, almeno restringi il campo e chiudi rapido.

Potrei dire che la vita di Boncompagni è una summa di aneddoti tra vecchio e nuovo testamento, con varianti e colori che cambiano in continuazione, ma non sarò io, qui, oggi, a ricordarli.

 

Bravo, non farlo.

Ora che Boncompagni ci ha lasciati, speriamo nessuno dica: adesso Gianni potrà insegnare agli angeli il Tuca Tuca. Fiorello fa un pezzo divertentissimo proprio su questi incontri tra i morti e gli angeli: Bud Spencer che insegna a tirare cazzotti e Pavarotti a cantare, per esempio. Ma proprio l’altro giorno, con le figlie Barbara, Paola e Claudia…

Ecco l’incipit, Gianni, eccolo.

Non riesco a immaginare la struggente commozione di Adidas, Ikea e di tutti i centri commerciali dove Boncompagni trascinava i suoi zoccoli da negozio a negozio, allargando braccia e buttando battute, sdrammatizzando amarezze e dolori come solo lui sapeva fare.

E’ morto Gianni Boncompagni. E De Gasperi per sempre.

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