Il buon affare del contratto di Fazio spiegato con i numeri e con la testa
L'accordo con il presentatore non è un spreco. E’ un buon affare. Era della Rai, resta della Rai, fa guadagnare alla Rai, farà ascolti, divertirà. Anche se ci sono quelli che storcono il naso
"Alle armi! Muovano le guardie, accerchino il pennuto e lo conducano in ceppi”. Spunti di cronaca sembrano emergere da un romanzo intinto nella caccia alle streghe. Diciamo la verità, solo la verità, nient’altro che la verità. Poi si conservi pure il caratteraccio, la boria, l’ansia di rileggersi, magari anche solo nel corpo di un articolo, di sentirsi citati, di trovarsi eletti a termine di paragone, ma perché farlo sulle bugie? Fabio Fazio non è un spreco. E’ un buon affare. Era della Rai, resta della Rai, fa guadagnare alla Rai, farà ascolti, divertirà, ci saranno quelli che storcono il naso, ma il Consiglio d’amministrazione, la presidente Monica Maggioni e il direttore generale Mario Orfeo fino al dott. Andrea Sassano, alle strutture, agli avvocati, ai preposti, hanno attraversato con una certa difficoltà un terreno reso impervio. Hanno insistentemente chiesto i chiarimenti interpretativi delle consegne determinate dalla legge sul tetto agli stipendi, e prodotto un ottimo risultato che ora qui consegniamo ai lettori. Cercando di essere precisi.
Il contratto di cui abbiamo discusso e di cui condividiamo la responsabilità prevede Fabio Fazio in 32 puntate in prima serata, e 32 puntate in seconda serata. Per la prima serata il costo complessivo è 14,4 milioni. Costo a puntata 450.000 euro. In questo sono compresi i cosiddetti costi sopra la linea e quelli sotto. Ma questo è gergo. In italiano si dice compreso tutto: esclusiva, appalto con la società che produce per 255.000 euro a cui si aggiungono 15.000 di corrispettivo diritti di format. Sotto la linea si individuano i costi interni della Rai (Centro di produzione Rai, Milano). Ora capita che si legga di tutto, si dice di tutto, si ricorre a ogni tipo di autorità giudicante visto che l’epoca che viviamo lo prevede, forse lo richiede, certamente lo dispone. Vi ricordate quando dicevamo, noi garantisti, che un avviso di reato non costituiva nient’altro che uno strumento di allerta per l’indagato che avrebbe potuto trovarsi coinvolto in un procedimento giudiziario ? Ve lo ricordate? Quella condizione ormai non esiste. Uno che riceve un avviso di garanzia, bacia i cari, compra un cappuccio, si tappa le orecchie perché da quel momento è in balia di una cronaca aggressiva, feroce, capace di sciogliere la reputazione nell’acido che terrorizzava Roger Rabbit. Bene siamo molto oltre. Ora basta che un qualsiasi rancore, mosso da un qualsiasi motivo, dal rimpianto alla rivalsa, faccia un esposto al Tar, alla Corte dei Conti, all’Anac, e quella richiesta di accertamento prima ancora che diventi procedura è capace di occupare il diritto di cronaca. Ormai siamo in un altro spazio, contesto, lontani dal merito, immersi nella ridda, nell’espressioni da ripicca. La notorietà, l’insistenza, la preoccupazione e pareri legali corposi, controversi, come generosi, puntuali, specifici, tutto ante. Tutto a prescindere. Tutto tanto per manifestarsi, costringere o intimidire. Dovremmo girare tutti con le mani alzate. E a chi ci chiede il perché rispondere: “Guarda bene, vedrai che c’è una pistola puntata”.
Torniamo al contratto con Fabio Fazio. E’ noto che la trasmissione da dov’era – Raitre – sale alla prima serata di Raiuno. Per offrire da quello spazio la soddisfazione che i cittadini si aspettano. Per quello spazio, per coprire di contenuti di qualità quell’appuntamento, il costo che la Rai impegna è mediamente 22,5 milioni. Fabio Fazio costa, ripetiamo, tutto compreso 14,5 milioni. E qui non ci sono acrobazie polemiche che tengano: è evidente che a regime si risparmiano 8 milioni di euro. E’ già percepito il fatto che la Rai stia vivendo una stagione fortunata. Vero, lo sapete? Non lo dite ma lo sapete. L’audience media è significativamente attestata intorno al 40 per cento. Non significa che non si profili all’orizzonte una concorrenza agguerrita, ma da un po’ di tempo siamo in fuga. Sono gli altri che devono pedalare per restare attaccati ai nostri risultati. Infatti ci provano cercando di approfittare delle incertezze e di qualche debolezza. Allora ecco una domanda: esisteva o no un impellente bisogno di chiudere l’accordo? C’erano o non c’erano evoluti contatti che avrebbero portato i nostri destini ad approdare su spiagge distanti e concorrenti? Non occorre un corso raffinato di pratiche investigative per sapere che quei contatti esistevano, che naturalmente hanno lasciato tracce che non si manifestano al primo sguardo. Il direttore mostrava di sapere e il cda ha accettato il suo invito trovando nel merito dell’accordo la ragione dell’accordo stesso. Non dall’urgenza che c’era. Quello che vale è il contenuto dell’esito della trattativa condotta dalla Rai. Il valore Fabio Fazio era in Rai, resta in Rai. Il contratto è chiuso per quattro anni e prevede che la relazione contrattuale sia sottoposta a verifica ogni anno. Anche su questo cerchiamo di spiegarci. Comparando il costo di cui abbiamo detto con i risultati attesi, ricordando che la prima rete offre un potenziamento della capacità di attrarre risorse pubblicitarie. Stimando in 615.000 euro a puntata il risultato atteso, i costi del programma sopra e sotto la linea saranno coperti dai ricavi pubblicitari senza l’apporto del canone. Ora che il canone lo pagano tutti, ora che Matteo Renzi nel suo libro “Avanti” ci fa sapere di averlo odiato, e poi ridotto, dobbiamo fare il possibile per meritarlo, per farne buon uso. Ripetiamolo, che serve: la differenza tra costi e ricavi del programma, solo in prima serata, determina un margine positivo di oltre 5 milioni a stagione. C’è anche chi dice che l’insistenza della polemica, il fatto che si manifesti un accanimento, possa giocare un brutto scherzo al successo della trasmissione. Staremo a vedere, ma quando una buona squadra costruita con buone ragioni, con pesi e misure appropriate, con estrema trasparenza, investendo sulla convinzione che sia il merito dell’opera ad attrarre il pubblico sugli spalti, che sia l’ampiezza del gioco, la manovra, l’estro, il piacere e quel fondo di gentilezza che occorre sempre, anche questo malaugurio svanirà. Comunque questo cda intende fare quel che deve, effettuare il controllo e l’opera d’indirizzo per cui è stato nominato. Capita spesso che si abbiano opinioni diverse ma non intenzioni ostili all’azienda. Davvero non si capirebbe il perché.
Politicamente corretto e panettone