Così Netflix rende felici noi trentenni con i "Cavalieri dello Zodiaco"
Arriva il reboot dei cavalieri di Atena: dodici nuove puntate che andranno in onda, probabilmente, nel 2018
Roma. L’industria della nostalgia ha in internet un valido alleato. Come può diventare datato qualcosa che costantemente vive online? La riproducibilità tecnica è stata ampiamente superata dal presentismo, da ciò che vive nel ritorno dell’eterno retrò. Lo sanno benissimo a Netflix, la nuova patria dei trentenni nati negli anni Ottanta, cresciuti con i “Cavalieri dello Zodiaco”. Qualche giorno fa, il servizio di streaming ha annunciato il reboot dei cavalieri di Atena: dodici nuove puntate che andranno in onda, probabilmente, nel 2018. Per Netflix non è la prima volta alle prese con la produzione di anime, visto che l’anno scorso ha già pubblicato “Cyborg 009 - Call of justice”.
Come per ogni ritorno (o sequel o prequel) il primo pensiero va al tradimento, al timore di rovinare capolavori per fare qualche spicciolo sulla pelle e i ricordi dei nostalgici. Vale per “Star Wars” e pure per “Blade Runner”, con Rick Deckard che sta per tornare sullo schermo (a ottobre, regia di Denis Villeneuve). Vale, naturalmente, per Pegasus, le cui scorribande sono state un felice accompagnamento nei pomeriggi dell’infanzia e dell’adolescenza (e della tardo adolescenza e dell’età adulta…). Sono stati il primo incontro con la mitologia, prima degli anni del liceo, e con la letteratura, grazie anche, va detto, alla generosità del doppiaggio italiano, con Pegasus che cita Dante (“vuolsi così colà dove si puote”) con la voce di Ivo de Palma. Senza dimenticare naturalmente la fonte originaria da cui sono stati tratti, il manga di Masami Kurumada, e il lavoro di Shingo Araki come character designer, al quale dobbiamo anche Devilman, Ufo Robot, Goldrake e Lady Oscar.
Odi epici e amicizie altrettanto epiche, etica del sacrificio. Come poteva non stregare un anime così? E come può non stregare tutt’ora? Se è vero come diceva Calvino che un classico è un libro che ha sempre qualcosa da dire, allora i “Cavalieri dello Zodiaco” sono un capolavoro da leggere, rileggere, vedere e rivedere; il tentativo di provare a spiegare come possa la speranza riuscire a battere il male. Per un ragazzino, può essere un’esperienza complessa. L’italiano dei Cavalieri era dotto, ricco, variegato, racconta una storia che potrebbe essere insegnata a scuola (e pure anche in qualche scuola di partito). Certo, lo spirito da fact-checker che ormai s’è incistato ovunque rischierebbe di rovinare l’amore per quello che è un romanzo di formazione, in cui ragazzini devoti alla dea Atena sono costretti a confrontarsi con lotte fratricide (quella fra Phoenix e Andromeda), il passato che è un fardello (la morte della madre per Cristal il Cigno), i limiti da superare (Sirio il Dragone che riesce a combattere nonostante la cecità) e la violenza pronta a stritolarti ogni giorno, anzi casa dopo casa, come nel percorso lungo le Dodici Case, nel quale Pegagus e compagni devono sfidare gli avversari, molto più potenti di loro sulla carta, i Cavalieri d’Oro. Davide contro Golia. Non ci sono molte soluzioni se non sopravvivere e spostare la notte un po’ più in là. Il percorso delle Dodici Case è, appunto, un percorso di formazione, un omaggio, in contemporanea, alla forza del singolo e a quella del gruppo. La salvezza, personale e dell’umanità, non prescinde da nessuna delle due componenti: per vincere il destino segnato dalla morte certa serviranno le energie individuali di ogni cavaliere, ma sono l’amicizia e il credo in Atena a permettere di superarsi costantemente, non prima di aver toccato il fondo, non prima di aver raggiunto l’ultimo stadio di un combattimento. Come se dopo ogni vittoria, si dovesse ricominciare daccapo, perché niente è definitivo nella lotta contro il male. Un apologo sulla speranza, appunto. Non guardavamo i Cavalieri dello Zodiaco solo perché da adolescenti fantasiosi eravamo attratti dai poteri di quei ragazzini, nostri coetanei, o perché volevamo essere difensori di Lady Isabel, ma perché ne amavamo l’etica del sacrificio, il regalo più potente che Saint Seiya ha fatto ai suoi lettori e telespettatori che consumavano Odeon. Prima che Mediaset prendesse le puntate, le tagliasse e le censurasse, per evitare “scene violente”; che poi puntualmente, anni dopo, trionferanno su dvd e YouTube.