Frau Milena
Dopo 20 anni passati a sculacciare tutti, l’istitutrice svizzera Gabanelli fa l’insoddisfatta in Rai
Sono un ammiratore della Svizzera, che fu Repubblica solitaria molto tempo prima della Rivoluzione francese, e non ha conosciuto la monarchia pur essendo custode di sentite tradizioni confederali e cantonali, ma sono contento di avere avuto una tata ciociara. Milena Gabanelli ha un’aria inquietante di istitutrice svizzera, e quando si riservò di accettare la candidatura a presidente della Repubblica offertale dai grillozzi ebbi il timore che dicesse di sì e salisse al Quirinale. Stavolta non si capisce bene perché abbia chiesto una aspettativa non pagata alla Rai, rimettendosi in riserva della Repubblica, insoddisfatta della prospettiva di lavorare con Antonio Di Bella, che tra l’altro canta bene e suona la chitarra magnificamente, e di mettere la sua sapienza digitale al servizio dell’azienda in una testata da rilanciare. L’istitutrice severa, la professionista che ha il puritanesimo zwingliano nella testa, la donna dallo sguardo disciplinare intransigente, apre un nuovo ciclo della saga del dissenso Rai invece di accettare una proposta formulata da un altro mezzo grillozzo, Carlo Freccero, il Doctor Confusus del Consiglio di amministrazione, oppure di mettersi sul mercato che la ingoierebbe in un sol boccone.
E questo dispiace. Frau Gabanelli ha fatto un buon lavoro di giornalismo investigativo e di denuncia, e lo ha fatto tutto in Rai passando da una direzione generale all’altra, da un regime all’altro, da un governo all’altro senza troppi problemi, sfruculiando i poteri economici, la politica dei partiti, il cognato di Tremonti, gli inserzionisti della Sipra, il tutto nella massima libertà e con l’aiuto di collaboratori di prim’ordine tra i quali il grandissimo Bernardo Iovene (del successore Sigfrido Ranucci dirò solo che non essendo vaccinato, perché è un no-vax, prese il morbo della complottite in relazione all’11 settembre, e questo non è poco pur essendo patologia giornalistica diffusa). Il punto è che la Gabanelli ha lavorato secondo il modello americano di Sixty Minutes, celebre trasmissione ultradecennale della Cbs, e con molti meno mezzi e uno spettro di interessi meno globale ha applicato un metodo straniante per le abitudini pigre dei banali talk-show, ha decentrato a Bologna il motore della sua impresa, l’ha condotta nella massima riservatezza, e si è data i tempi giusti per ottenere risultati a volte di una notevole importanza (a parte le bufale e le monotone ripetizioni del modello talkativo andante, che non sono mancate). La vedevo poco la sua “Report”, perché per me la cattiveria del mondo non è una notizia, e se devo dirla tutta gli intrighi del potere mi piacciono morbosamente, come le fidanzate di Maurizio Milani piacciono a lui, l’Innamorato fisso. A un certo punto, alla stessa età da me scelta per godermi il tempo emerito dell’ex direttore, Gabanelli ha deciso di mollare, nessuno l’ha cacciata, e la sua reputazione di lavoratrice instancabile e puntigliosa, diciamo pure di rompicoglioni, era al suo massimo. Perfetto.
Ora deve aver perso fiducia in sé stessa. I confratelli del Fatto (in tutti i sensi) dicono che è stata sbattuta fuori dal caro Mario Orfeo, che qui simpaticamente si chiama Moiro, perché alla Rai quelli bravi non sono tollerati. Be’, non si direbbe. Non è la Bbc, non è la Cbs, ma per vent’anni giusti l’istitutrice ha impartito la sua pedagogia e ha sculacciato i sederini del potere senza tregua sui suoi schermi. L’aspettativa non pagata, soluzione capricciosa ma onorevole, può ben essere una scelta di attesa in vista di un terreno professionale e aziendale che Milena giudichi più solido di quello che le è stato offerto. Può anche sembrare un rilancio sul mercato del dissenso e dell’autoemarginazione punitiva verso di sé e indirettamente verso una mamma piuttosto generosa. Che ha fatto Fazio più ricco, Vespa un poco più povero, e Frau Milena una inquietante istitutrice svizzera incazzata.
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