Così i commedianti dell'uno vale uno hanno preso il telecomando
Il filosofo fa il comico, l’attore fa il giornalista, il giornalista fa il giudice del talent show. Il buon senso se ne sta nascosto e alla fine non c’è niente di strano se la gente comune comincia a spiegare in televisione l’economia dopo il Tg3. Chiacchierata con Aldo Grasso
Scriveva Alessandro Manzoni, mentre descriveva nei Promessi Sposi quell’incrocio sublime d’imbecillità che era la Milano dell’assalto ai forni, che “il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”, che è esattamente quello che oggi succede quando il virologo ha paura di parlare perché la massa abbaia contro i vaccini, o quando il tecnico esperto di pensioni preferisce tacere perché spiegare la sostenibilità del sistema pensionistico a chi ti assale sui social è un’operazione impraticabile; ed è infine quello che sempre capita quando una folla, che per definizione non ragiona, prevale sul singolo che invece esprime criterio, equilibrio, assennatezza. Diceva per l’appunto Vico: “Il senso comune è un giudizio senz’alcuna riflessione, comunemente sentito da tutto un ordine, da tutto un popolo, da tutta una nazione, o da tutto il genere umano”.
E sarà allora interessante questo esperimento televisivo di RaiTre, questa trasmissione che comincerà la settimana prossima e s’intitola, appunto, “Senso comune”, e che sarà, come ci spiega Aldo Grasso, il critico televisivo d’Italia, “la versione italiana di un programma inglese che si chiama ‘Common sense’. E’ un programma scritto da Simona Ercolani, che è molto brava nel raccontare storie, e credo farà quello che promette il titolo: dare spazio alla gente, ai discorsi comuni su temi importanti come l’economia o l’immigrazione, che se vogliamo un po’ è anche la tragedia della nostra epoca”, aggiunge Grasso, “ovvero il grande equivoco antropologico dell’uno vale uno”, per cui il numeroso antivaccinista collettivo può zittire l’immunologo, lo sciroccato di massa dà lezioni al singolo professore. E tutti si esprimono su tutto, con eguale sicurezza, in un curioso fenomeno di rimescolamenti, di subbugli professionali, un’onda che dai social network invade la società, quella vera, dunque anche la televisione, che ne è lo specchio.
“E questo avviene in una commistione di generi”, dice Grasso, “per cui, per esempio, sempre più i giornalisti sentono il bisogno di spettacolizzare, e le stelle spettacolo come Maria De Filippi e Barbara D’Urso, sentono bisogno di nobilitarsi con l’informazione. Non c’è più una sola trasmissione giornalistica che non cerchi lo storytelling, e non c’è più un salotto pomeridiano e frivolo che non voglia provare il brivido di fingersi autorevole e giornalistico”. E allora Flavio Insinna, l’uomo dei pacchi, dalla settimana prossima farà l’inviato della trasmissione informativa di Bianca Berlinguer. “Insinna viene reintrodotto nel meccanismo televisivo attraverso la serietà della Berlinguer”, dice Grasso, “e la rigidità quasi antitelevisiva della Berlinguer viene corrotta dal commediante dei pacchi”. E allora davvero uno vale uno, tutti possono fare tutto? “C’è un caotico effetto da commedia, se ci pensate, altrimenti questi ruoli non sarebbero così fungibili. Selvaggia Lucarelli, Andrea Scanzi, Ivan Zazzaroni… fanno i giornalisti, ma fanno anche lo spettacolo, sono buffoneschi in un canale e improvvisamente degli esperti di qualcosa in un altro”. Un pasticcio di stili, di generi, di codice, di grammatica e persino di competenze, “prendiamo il giovane intellettuale Diego Fusaro”, dice Grasso, “scrive saggi per l’Einaudi e in televisione usa questo strano linguaggio combinatorio, per cui usa parole difficili con risultati grotteschi. E’ un attore di commedia, è questo il suo ruolo televisivo, e credo sia il primo a sapere di essere una macchietta all’interno di un meccanismo spettacolare e non informativo né intellettuale”. E allora il filosofo fa il comico, l’attore fa il giornalista, il giornalista fa il giudice del talent show. Così, alla fine, non c’è niente di strano se anche la gente comune comincia a spiegare in televisione l’economia dopo il Tg3.
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