Tra omicidi e minacce, la nuova serie di Narcos si fa davvero pericolosa
Pochi giorni fa, un assistente di produzione è stato ucciso in Messico. E oggi il fratello di Escobar minaccia Netflix: "Se non riceviamo il nostro milione di dollari, chiuderemo il loro spettacolino"
Roma. La macchina è stata ritrovata tre giorni fa, in una stradina senza nome, in mezzo ai cactus. All’interno – crivellato di colpi – il corpo di Carlos Muñoz Portal. Il 37enne era un assistente di produzione Netflix e come fotografo freelance stava cercando le location per girare la quarta stagione di Narcos, la serie tv che racconta l’ ascesa e la caduta del più famoso signore della droga colombiano, Pablo Escobar. Sembra che non si trovino testimoni dell’omicidio. La polizia pensa a un “inseguimento” intorno a San Bartolomé Actopan, nel nord est dello stato del Messico, vicino alla frontiera con Hidalgo. Una zona che è tra le più violente del paese: solo a luglio ci sono stati 182 delitti legati al crimine organizzato.
Oggi un'autorità improbabile è emersa per dire la sua sulla morte del “location-scout”: il fratello di Escobar, Roberto De Jesus Escobar Gaviria. Settantuno anni, dieci passati dietro le sbarre (dal 1983 al 1993) per essere stato il contabile dell’impero del fratello ma soprattutto conosciuto come il ‘capo dei killer’, Escobar senior ha rilasciato una strana intervista all’Hollywood Reporter e ha dato alcuni consigli per la “sicurezza” al gigante californiano dei film on demand. “Occorre eliminare ogni minaccia”, ha spiegato Escobar. “Una volta stavo camminando nella giungla con una borsa con due milioni di dollari. A quel tempo l’esercito cercava me e Pablo. All’improvviso qualcuno inizia a spararci addosso e io e Pablo con un piccolo gruppo di uomini siamo fuggiti correndo attraverso un ruscello. Quando hai l’intelletto non hai bisogno di armi. Nel caso di Netflix, invece, sarebbe meglio assumere dei sicari per garantire protezione al proprio staff”.
Non è la prima volta che Roberto Escobar Gaviria si scontra con la società di streaming. Nel 2014 ha fondato l’azienda Escobar Inc., e due anni dopo ha chiesto un miliardo di dollari a Netflix per aver utilizzato l’immagine del fratello senza chiedere il permesso alla famiglia. “A Netflix sono spaventati – ha spiegato l'ex narcos, riferendosi alla causa in corso – Ci hanno mandato una lunga lettera per minacciarci. Se non riceviamo il nostro milione di dollari, chiuderemo il loro spettacolino”. Un’affermazione che suona alquanto minacciosa dopo l’assassinio di Muñoz in Messico, in seguito al quale non è chiaro se la produzione continuerà a girare nel paese o se tornerà in Colombia, dove tutto è iniziato. “Non voglio che Netflix o qualsiasi altra casa di produzione vengano a Medellin o in Colombia per registrare film che raccontino di me o di mio fratello senza il permesso della Escobar Inc. È molto pericoloso. Specialmente senza la nostra benedizione. Questo è il mio paese”, ha aggiunto l’ex vertice del cartello colombiano.
La quarta stagione della serie Netflix dovrebbe esplorare le origini del cartello di Juarez e del Signore dei Cieli, Amado Carrillo Fuentes, uno tra i più famosi narcotrafficanti, mentre la terza, in onda dal primo settembre, racconta le vicende del cartello di Cali e di come il traffico di droga si sia spostato verso il Messico. “Le loro madri avrebbero dovuto lasciarli nel ventre materno – ha aggiunto Escobar, riguardo ai produttori di Netflix. “Questo è ciò che raccontiamo a persone come queste se arrivano in Colombia”.
Politicamente corretto e panettone