A X Factor la gara è pronta a iniziare, ma non promette sorprese
Gli home visit scivolano senza stupire, con un format che sembra sempre la stessa pappa riscaldata
Se a cambiare l’ordine degli addendi il risultato non cambia, figurarsi se non si modifica nemmeno quello. Non è colpa di nessuno, certo. Epperò. Ormai X Factor è sempre la stessa pappa riscaldata al microonde. Nessuna sorpresa per un meccanismo arcinoto che non sorprende più. E, stavolta, nemmeno il montaggio riesce ad acchiappare lo spettatore, che pure conserva un pizzico di curiosità, dalla noia. Ieri, gli home visit (che per i non appassionati significa che i 4 giudici hanno selezionato i 3 concorrenti definitivi da portare ai live).
Giusto le selezioni di Mara Maionchi - un po’ mattatrice, un po’ zia buona- hanno salvato dall’alternarsi soporifero di esibizioni per lo più impeccabili, grazie ad un eloquio naturalmente disinvolto, capace di omaggiare sempre una buona quantità di simpatia.
Ma andiamo con ordine.
Il primo a dover scegliere è stato Fedez che, affiancato da Francesca Michelin (l’alchimia fra i due a dire il vero è parsa inesistente), ha scelto Dubai come location per la sua scelta definitiva da buon “Colombo alla scoperta dell’american express”.
La sua squadra sarà formata da Gabriele - eliminato lo scorso anno da Arisa -, Lorenzo, nonostante una performance non proprio eccellente sulle orme degregoriane di “Sempre e per sempre” e Samuel Storm. Quest’ultimo, per problemi di espatrio, giudicato in “contumacia”: “il programma esige saper fare bene canzoni in italiano”, gli ha spiegato Fedez via tablet: “ma io di quello che impone il programma me ne sbatto le palle e quindi ti prendo per i live”. Se il buongiorno si vede dal mattino, rischia di esserci un bel po’ di sole.
Mara ha valutato con l’aiuto dell’ingegner Stefano Belisari, al secolo Elio delle Storie tese (il gruppo pare definitivamente procinto di sciogliersi, per la cronaca). Location: Venezia. Gondole, archi e un pianoforte a coda ad accompagnare le esibizioni dei suoi “over” che promettono qualità.
Dentro: Lorenzo Licitra da Ragusa, il tenorino che vuole passare al pop (“Ti prendo, ma ora vai a casa e ascoltati tutti i cantanti pop dal 1921 a oggi”). Enrico Nigiotti, il cantautore livornese cosparso di tatuaggi che ai live aveva colpito col suo inedito sull’amore, senza essere banale (“Vai a casa e pensa a chi cazzo sei, ora fuori dalle balle”). E Andrea Radice, il pizzaiolo napoletano che ha vinto con un’interpretazione credibile di Pino Daniele, gigante della cultura cantereccia partenopea (e non solo).
Panico che s’è fatto lacrime, invece, per le giovanissime promesse di Levante -consigliata per l’occasione da Noemi- alle quali sono stati affidati solo brani italiani.
Le ragazze si sono esibite ai piedi del teatro greco di Tindari (Dubai chi?). “Ho tre diamanti”, ha commentato la giudice sicula alla fine delle esibizioni. Per lei: Virginia, alla faccia dello scetticismo paterno. Camille, un po’ classica un po’ rock, certamente buona per il pop. E Rita, la ragazza “fragile come un cristallo” che incanta con la voce e poi con gli occhi.
Infine: Manuel Agnelli che per queste selezioni finali s’è scelto Skin come consigliera, e ha voluto portare i suoi ragazzi a Manchester “da sempre abituata a superare le avversità”.
Il frontman degli Afterhours ha preferito assegnazioni lontane dal suo mondo e anche da quello dei concorrenti “per vedere se siete capaci di avvicinarle a quello che siete”. Con lui ai live: I Ross, “il power trio” come li ha definiti il loro giudice.
I Maneskin, grazie a un’interpretazione per nulla scontata di un pezzo del poppissimo Ed Sheeran e Sem e Stenn, la prima coppia talent dichiaratamente omosessuale.
Quattro giudici, 12 concorrenti e la solita gara, quindi. Che, anche se non promette di sorprendere, comunque sta per cominciare.
Recensire Upas