Gabanelli, il finto giornalismo neutrale e la Rai che è in mano a tutti. Tranne che al Cda
Il consigliere Guelfo Guelfi al Foglio: “Milena voleva lo spazio che fu di Enzo Biagi, che a distanza di anni è un po’ tutti noi ma che allora rappresentava egregiamente l’intenzione per bene di chi governava il nostro Paese”
Al direttore,
un premio Pulitzer smonta la grande fake tesi sul giornalismo obiettivo spiegando così la crisi di pianto di Milena Gabanelli ed un’altra cosa che riveste una certa importanza. Procedo ripetendomi un po’ ma non se ne può fare a meno. Ci ripromettevamo di migrare da un mondo a quell’altro. Dal mondo della subordinazione diretta alle correnti di partito a quello dell’iperspazio di una media company. Processi produttivi che diventavano parte di piani editoriali, distribuzione multipiattaforma, trasversalità nella valorizzazione di prodotti delle reti associate. Prelievo ed elaborazione delle notizie riassemblate poi per rete, per canale, per target. Un grande sistema coeso, pubblico, di servizio. Un'utopia alla vigilia di un confronto elettorale che avrebbe dovuto scegliere un futuro migliore in un contesto peggiore. Basti pensare al fatto che per la prima volta nella storia di questo paese la ripresa economica, ancorché non all’altezza di veri miracoli economici, comunque maggiore e più significativa dei risultati tedeschi o spagnoli, viene trattata come Cenerentola, quando il ciambellano le cercava il piede, relegata in uno scantinato. Si sente solo l’eco di un pianto, la voce insistente dell’eroico Marco Fortis.
In quell’approccio visionario Milena accettò la vicedirezione del progetto digital. Ma le avevano promesso di più – dirà qualcuno – il fatto è che la promessa esplose insieme alla premessa e di quel mondo non resta niente. L’unico in piedi resta il consiglio d’amministrazione della Rai sulla cui testa scorrono veloci gli strali piccosi di Michele Anzaldi e le nubi del vecchio e del nuovo ordinamento. Oggi, girata pagina, la Rai è in mano a Mario Orfeo che ha in chiusura un contratto di servizio e qualche mese di tempo per produrre un nuovo piano per l’informazione. Avremmo potuto credere che si rimanesse ancorati al legno e che la codirezione, 40 giornalisti, fossero sufficienti a trattenere in casa Milena che invece rilancia e chiede qualcosa di più, una quisquiglia. 4 minuti in chiusura del Tg1, e da sottrarre ai Soliti Ignoti. Lo spazio che fu di Enzo Biagi, che non fu mai di Indro Montanelli e tanto meno di Italo Moretti. Fu di Enzo Biagi che a distanza di anni è un po’ tutti noi ma che allora rappresentava egregiamente l’intenzione per bene di chi governava il nostro Paese. Non era prevista la neutralità. Ora anche volendo far finta di non capire è evidente che il Consiglio di Amministrazione della Rai chiamato alla responsabilità di indirizzo e di congruità potrebbe aver qualcosa da obiettare. Ma tutto si svolge sulla carta stampata: se la dicono e poi ridicono e noi aspettando che qualcuno ci rivolga la parola arriveremo alla fine del nostro mandato ma onestamente non sappiamo né come, né quando.
*consigliere di amministrazione Rai