Berlusconi da Costanzo non è televisione: è cinema
Ospite in tv, il Cav. ricorda il suo mondo fatto di politica, case, televisione e calcio. Raccontato all'americana
Il blazer blu, una manciata di fogli in mano che durante l’intervista non leggerà mai, il sorriso dell’ottimismo, la forza della volontà. Silvio Berlusconi ospite da Costanzo è in gran forma, il palinsesto di Canale 5 si adegua. Giovedì era previsto in prima serata “Taken 3”, thriller fracassone con Liam Neeson ingiustamente accusato da Cia e Fbi in cerca di vendetta e verità. Al suo posto, ecco il Cav. Una nemesi perfetta. Soli, sotto la luce dei riflettori, seduti uno di fianco all’altro, Berlusconi e Costanzo dialogano come due crooner che si incontrano dopo anni al bancone di un bar.
Un repertorio inesauribile, la complicità dei “quarant’anni di amicizia”, l’imperturbabilità di chi ne ha viste troppe per scomporsi o lasciarsi impressionare dagli ultimi arrivati. Incorniciata da Edith Piaf (“Je ne regrette rien”) e Celentano (“Il ragazzo della via Gluck”), la vita di Silvio Berlusconi scorre davanti ai nostri occhi come un vecchio film di Frank Capra. I lunghi flashback in bianco e nero, la guerra, la fame, la povertà, la redenzione, i passaggi in birignao (“volevo costruire i campi giùoco a Milano”). È un flusso inarrestabile, scandito dal ticchettio della macchina da scrivere che compone le citazioni e i titoli dei capitoli, “Avevo un sogno”; “L’opera migliore”; “Rosa”. Come un album di Mogol-Battisti. È il grande romanzo italiano che non abbiamo bisogno di scrivere perché c’è già. Trovate una trama che tenga insieme i salesiani e il “Pantera club” di Milano, lo studente di diritto comparato alla Sorbonne e il cantante che rifà Henri Salvador nei bassifondi di Pigalle, Fedele Confalonieri, le crociere e un padre che lascia al figlio il tfr per costruire Milano 2. Costanzo lo sa e si limita a mugolare tra un aneddoto e l’altro. Sorrentino prende appunti.
Silvio Berlusconi è un’icona pop e anche la regia dell’intervista sconfina dalle parti di Maria De Filippi, con le lettere, il videomessaggio di Piersilvio, le canzoni degli One Direction, i ralenti. Però non c’è l’aria da linea di partito delle “interviste-monstre” di Bianca Berlinguer a D’Alema, non siamo sul tappeto rosso che, nel frattempo, La7 stende a Luigi Di Maio (che ormai sta a “Piazza Pulita” come Mieli a “Otto e Mezzo”). Qui siamo nelle profondità dell’inconscio italiano, nessuno si senta escluso. Si parla di amore, politica, famiglia, donne (anzi, “ragazze”, come le chiama Costanzo), magistratura, Putin, Gheddafi, ma su tutto svetta l’epica delle prime televisioni private, con le finte dirette, i veglioni anticipati, i “vhs” spediti in giro per l’Italia, il Mundialito, mentre in studio risuona la sigla di “Dallas”. “Ho fatto anche quella che ora si chiama Sky, la prima 'Telepiù'.
Case, televisione, calcio. Un sogno smisuratamente italiano dentro un racconto all’americana. Sappiamo già tutto, eppure non ci stanchiamo. Il presente d’altronde è quello che è. “Vinci stavolta?”, chiede Costanzo con un filo di voce, come nella scena di un ultimo episodio della saga di “Rocky”. “Penso di sì”. Nel frattempo, Berlusconi perde contro le “Sirene” di RaiUno ma doppia Formigli, posizionandosi così a metà tra il “fantasy” e il talk-show politico, una formidabile allegoria della sua inclassificabile collocazione nello scenario del Rosatellum. Gli riconosciamo intanto il copyright per la migliore definizione del M5s in circolazione: “L’ottantasei per cento dei grillini non ha mai fatto una dichiarazione dei redditi, cioè non ha mai lavorato, non avendo mai prodotto ricchezza, odiano chi la produce”.
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