Tra le Iene e la D'Urso
La stessa storia della Miss e del regista porco raccontata in quattro versioni. La forma fa il contenuto (e lo manipola)
Ecco un fatto di cronaca, a metà tra scandalo e commedia, trivio e denuncia, narrativa e retorica, che forse sarebbe piaciuto al Raymond Queneau degli “Esercizi di Stile”, una vicenda che certo offre spunti di riflessione, se non sulla linguistica, almeno, più modestamente, sull’intreccio sublime e a tratti inquietante tra informazione e spettacolo, giornalismo e sensazione, forma e contenuto. Una ex Miss Italia, Clarissa Marchese, racconta alle Iene, su Italia Uno, e poi a Barbara D’Urso, su Canale 5, il medesimo fatto, che in estrema sintesi è questo: il regista Fausto Brizzi le chiede di spogliarsi nel corso di un provino cinematografico, lei rifiuta, trova la richiesta inappropriata, va via, e non ottiene la parte.
Ma proprio come nel libro di Queneau, in cui viene raccontato per novantatré volte lo stesso fatto ma in novantatré incredibili e stordenti modi diversi – verso mezzogiorno, su un autobus affollato, un uomo si lamenta con chi lo spinge… – anche la storia della Miss Italia e del regista che la vuole vedere nuda, pur essendo la stessa, diventa una grave denuncia di violenza sessuale alle Iene, un fatto di molesta libidine dalla D’Urso, e ieri, su Libero, si è aggiunta un’ulteriore, tendenziosa variazione: solo un’avance cafonesca. E insomma, compresa quella che state leggendo qui adesso, ci risulta che lo stesso identico fatto sia per ora stato raccontato in almeno quattro differenti versioni. E alle Iene ci sono le domande incalzanti, le musichette assassine, il tono da denuncia criminale, i racconti che persino visivamente ricalcano quelli delle confessioni da testimone di giustizia, rimandano all’Fbi e alle fiction di mafia, mentre dalla D’Urso, al contrario, è tutto un belletto e una moina, un faretto sparato, un ammiccamento e uno svenimento, tutto un “amore” e un “tesoro”.
E infatti quello che su Italia Uno è “un trauma”, su Canale 5 diventa “un fastidio”. Così, tra lo spettacolo travestito da giornalismo e il circo travestito da salotto, forse scopriamo che ciò che conta, alla fine, quel che resta, non è il fatto, ma il racconto del fatto, in pratica l’esercizio di stile. E d’altra parte non solo Queneau, ma anche Bach, aveva dimostrato quanto la manipolazione dell’espressione possa produrre riverberi nel contenuto. Su una stessa aria, Bach ha prodotto trenta variazioni, le “Variazioni Goldberg”, appunto, vertice supremo nel toccare con gli stessi tasti ogni diversa possibilità espressiva del medesimo clavicembalo. Ma la cosa, tornando a noi, e la modestia della nostra cronaca, si fa ulteriormente complicata perché quelli che abbiamo fin qui ascoltato, sono quattro suoni diversi della stessa campana. Pensate un po’ quante altre melodie si potrebbero produrre se si sentisse pure l’altra, di campana, quella del regista porco, l’orco vero o presunto.
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