Simone vince l'edizione della noia di MasterChef. C'è tanto da rivedere per salvare lo show
In finale il ventenne aspirante chef sconfigge Kateryna. Un duello tra bravi ragazzi ma senza il guizzo del fenomeno che ci si attende da un programma così. Ottima Antonia Klugmann. Il resto così così
Vista una finale di MasterChef, si sono viste tutte. Il copione è ogni anno identico, salvo qualche ritocco qua e là. Pianti, parenti che non si vedevano da tempo, amici carissimi, ex concorrenti inaciditi e/o tifosi, ingredienti impronunciabili che non è dato sapere dove si possano acquistare. Finale dove sono tutti bravissimi, gli insulti delle precedenti dodici puntate sono lontanissimi ricordi. Comunque sia, ha vinto Simone. Non c’erano fenomeni in campo stavolta, ma nemmeno cialtroni della cucina. Due onesti mestieranti, lui e Kateryna, garbati con qualche idea interessante in ambito culinario. Riavvolgiamo il nastro della puntata.
Lagrime, lagrime e ancora lagrime. Per una buona mezz’ora (la prima), abbiamo assistito al resumé del percorso dei tre finalisti, a qualche pianto pensando ai famigliari (costante di ogni edizione di MasterChef), a video che ricapitolavano quel che in tre mesi i concorrenti rimasti avevano fatto. Mezz’ora – l’avrete capito bene – evitabile, ma non è che ci sia molto da dire quando bisogna tirare avanti due ore di trasmissione avendo solo tre ragazzi che sembrano un gruppo di annoiate educande d’un collegio luterano svizzero. Detto ciò, l’Invention Test l’ha vinto Kateryna, che ha proposto ancora un piatto che unisce la sua vecchia terra (l’Ucraina) e la nuova (l’Italia) e mischiando funghi e ribes cala l’asso che giustamente conquista il cuore di chef Klugmann. Il nostro modesto e ormai opaco occhio da profani aveva capito che quello sarebbe stato il piatto vincente, anche perché il maiale semicrudo di Simone non è che ci avesse entusiasmato. Alberto stava a metà tra i due.
Comunque sia, Kateryna prima finalista e gli altri due a sfidarsi all’Invention test per determinare il terzo classificato. Una prova che ha provocato, nel migliore dei casi, emicranie ai telespettatori: un uovo di seppia che forse neanche Norman Foster sarebbe in grado di fare. Il buco all’uovo con la forbicina e la successiva “saldatura” è quasi pari per difficoltà alla replica del sorriso della Gioconda. Cannavacciuolo, che non è proprio l’ultimo arrivato, al termine della spiegazione ha detto: “Non ho capito niente”. Applausi ad Antonino. Il dialogo più surreale è quando lo chef ha chiesto a Simone cosa abbia provato sgusciando l’uovo, se avesse sentito che aveva tra le mani “una creatura”. La risposta è stata: “Come un figlio”. Roba da togliere l’abbonamento a Sky. Seconda prova con lo chef Anthony Genovese, uomo dall’accento anglopugliese. Piatto difficilissimo con mango, scampo, cioccolato, noce di cocco, tabasco e altra roba che non si è capito. Dolce? No, salato. Verdure croccanti, zenzero, polvere di corallo, panna montata. Alberto Nettamente meglio. Terza prova con lo chef del St. Hubertus di San Cassiano in Badia, Nobert Niederkofler: “L’anatra muta”. Anche questo complicato, tra verbena, bacche di sambuco, salsette varie e cose così. Vince Simone, che ottenendo la preferenza di due chef su tre, va in finale con Kateryna. Nouvelle vague più che nouvelle cuisine, esisto scontatissimo che rispecchia appieno lo spirito dei tempi. Nessuno dei due fenomeni, ma bravi e composti.
Si arriva dunque al gran finale, alla sfida a colpi di menu. Più o meno si equivalgono: niente di fantasmagorico, errori diffusi qua e là e giudizi severi dei giudici che poi si riuniscono in separata sede per decidere il campione. Che è, di nuovo, un ventenne di belle speranze.
Annotazione finale sul programma: sarebbe auspicabile, e lo dicevamo già un anno fa, un cambio di marcia. Più gara rude, più competizione e meno moine da reality show. Facciamo che sia un vero talent. Bene Antonia Klugmann, che si è inserita con capacità. Bene anche Bruno Barbieri nelle vesti di anziano del gruppo e di capo. Sul resto c’è da rivedere qualcosa.